Ghigliottina?
I ragazzi di Ultima Generazione alla gogna e l’approvazione, polemica, del decreto Rave.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e benvenuti alla prima newsletter del 2023.


E bentornati sugli schermi di “buoni propositi su cui Carlo Calenda cambierà idea alla svelta”.
Nell’ultimo numero del 2023 ci siamo lanciati in un pagellone sull’anno politico passato, quindi avevamo messo da parte la cronaca, convinti di avere un numero bello pieno per oggi. E invece.
L’assoluto nulla di questi giorni, in effetti, ha bilanciato i mesi turbolenti della manovra. Se fossimo Giorgia Meloni avremmo scelto anche noi di regalarci qualche giorno di detox à la Keith Richards dopo quella mattanza.
(Come sapete, ci sono altri argomenti che hanno caratterizzato i primi due mesi di governo, tra cui il decreto rave. More on that later.)
Ora, però, iniziamo.
Gran parte della classe politica italiana stava ancora smaltendo l’hangover maturato dai festeggiamenti per la fine del 2022 quando, la mattina del 2 gennaio, cinque membri di Ultima Generazione hanno imbrattato le mura di Palazzo Madama con un estintore ripieno di vernice lavabile.
Le azioni dimostrative di questo tipo da parte di movimenti che si battono contro la crisi climatica sono sempre preda di facili attacchi e di pessima ironia.
Commenti a caso di qualche comedy king/queen sotto al post instagram di un importante quotidiano italiano.
Ma questa volta l’azione ha scatenato più di ogni altra cosa lo sdegno di personaggi ed esponenti partitici e di governo, avendone toccato direttamente il luogo di lavoro.
(Come l’imbrattamento del proprio posto di lavoro non scateni l’ilarità e il giubilo in una persona ci è ignoto. Ma vabbè)
Oltre a reazioni prevedibili da parte di importanti leader della destra e ministri del governo come Matteo Salvini, Antonio Tajani o Daniela Santanché, a scagliarsi contro gli attivisti (o cittadini, come si definiscono coloro che aderiscono alla campagna di Ultima Generazione) sono stati anche illustri esponenti del centro e del centrosinistra, da Mariastella Gelmini a Piero Fassino.
Mozione per sostituire “boomer” con “personaggio illustre della Seconda Repubblica”.
Non da ultimo, il candidato segretario front runner nelle primarie del Partito Democratico e presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha commentato l’accaduto con un tweet a metà tra il sarcastico e l’indignato, in cui definisce “stupidi” ma soprattutto “maleducati” i responsabili dell’imbrattamento.
La nostra prossima azione sul muro di Montecitorio se fossimo stati cittadini di Ultima Generazione:
Un grande assente delle critiche che solitamente vengono rivolte a chi protesta con atti eclatanti è il superclassico “perché non fate delle proposte?”.
È assente perché, semplicemente, non è possibile rinfacciare a Ultima Generazione di non avere richieste precise. Nel comunicato stampa del 3 gennaio (nato a seguito dell’impossibilità, da parte del portavoce della campagna, di rilasciare interviste a causa dell’arresto) saltano all’occhio facilmente:
Le richieste di Ultima Generazione per il governo italiano sono due e sono molto semplici:
1) interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e di cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale;
2) procedere immediatamente a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW e creare migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile, aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili.
Due proposte, peraltro, non particolarmente rivoluzionarie. Soprattutto contando che la maggioranza dei partiti, quest’estate, sosteneva di voler produrre un numero di gigawatt da fonti rinnovabili molto maggiore ai 20. E che la chiusura delle centrali a carbone è un processo pachidermico che va avanti da decenni, e che doveva essere concluso entro il 2025. Al contrario della loro riapertura, che invece sembra piuttosto repentina.
Mf quando dovranno riaprire centrali a carbone.
Mf quando dovranno chiuderle.
I cinque fermati ora rischiano fino a cinque anni di carcere. Questa pena non è solo spropositata, ma è frutto di una distorsione piuttosto importante del reato che gli viene contestato. Nonostante la vernice fosse facilmente lavabile dai muri del Senato, il giudice ha convalidato il loro arresto per danneggiamento e non per imbrattamento, reato molto più lieve. Il danneggiamento prevede un’aggravante se si verifica nel contesto di una manifestazione pubblica, introdotta da un comma del secondo decreto sicurezza salviniano del 2019.
Due articoli che approfondiscono bene le specifiche del caso e l’utilizzo di norme repressive contro chi protesta: Lisa Di Giuseppe su Domani e Lorenzo D’Agostino su Valigia Blu.
Qualcosa però, in quei palazzi da ripulire, in questi giorni è successo.
Il decreto rave (se non ricordate di cosa stiamo parlando - difficile - ne avevamo parlato qui), è stato convertito in legge: dopo la sua pubblicazione come decreto-legge, il 31 ottobre, aveva tempo fino al 30 dicembre, i canonici due mesi, per essere approvato dalle camere, pena la decadenza. Vista la fretta, come potete immaginare, non sono mancate le polemiche.
Innanzitutto per i contenuti del provvedimento.
Il decreto non introduce solo un nuovo reato, il 633-bis del codice penale, per punire “l'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui al fine di realizzare un raduno musicale”, quando dall'invasione "deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l'incolumità pubblica” per l’inosservanza delle regole sulla sicurezza, sull’igiene o sulle sostanze stupefacenti.
Non fatela l’invasione, potreste rischiare fino a sei anni di reclusione e 10mila euro di multa.
Ma oltre a questa formulazione di difficile comprensione, la nuova legge spazia anche in ambiti che con i rave hanno poco a che fare. Ad esempio, il reintegro anticipato degli operatori sanitari non vaccinati (e la sospensione delle sanzioni fino al 30 giugno 2023), alcune norme sull’ergastolo ostativo e, grazie ad un emendamento del Terzo polo, la cancellazione della legge Spazzacorrotti (feel old, yet?).
Di fronte a questo “fritto misto” le opposizioni hanno provato a mettere in campo il buon vecchio ostruzionismo: l’ultimo giorno di discussione 134 deputati si sono iscritti a parlare per le dichiarazioni di voto finali, con 10 minuti a disposizione ciascuno: un totale di ventidue ore che avrebbe fatto ovviamente slittare l’approvazione oltre la scadenza.
Il presidente della Camera Fontana, quindi, ha deciso di applicare la cosiddetta tagliola, o ghigliottina: una misura che in sostanza stronca la discussione e pone direttamente in votazione un provvedimento. La tagliola era stata usata solo un’altra volta: da Laura Boldrini, all’epoca alla guida della Camera, per il decreto Imu-Bankitalia nel 2014.
Ed era finita così.
Come prevedibile, il decreto rave è stato approvato con 183 sì, 116 no e un astenuto. Ma anche nella maggioranza ci sono state obiezioni: 13 deputati di Forza Italia non hanno preso parte alla votazione, tra cui il presidente della commissione Affari costituzionali Nazario Pagano, contrario alla revoca della sospensione dall’attività professionale per i medici no vax.
Insomma: che una maggioranza così ampia e - all’apparenza - in salute sia costretta ad usare un iter emergenziale per un provvedimento tutto sommato secondario, dà l’idea che forse, così in salute, non lo sia per nulla.
In chiusura, una notizia più recente.
Ieri la premier Giorgia Meloni ha ricevuto a palazzo Chigi Manfred Weber, europarlamentare tedesco e soprattutto presidente del Partito Popolare Europeo, l’alleanza dei partiti di centrodestra del continente.
Durante questa newsletter ci siamo soffermati a lungo sull’importanza dei rapporti transnazionali tra i partiti europei: il prossimo grande appuntamento elettorale, previsto per la primavera 2024, sono le elezioni europee, e le manovre di avvicinamento a quella data sono già iniziate.
Nel numero sul “Qatargate” vi parlavamo delle possibili conseguenze politiche a livello europeo di uno scandalo che ha travolto soprattutto i socialisti: soprattutto, il rischio che questa vicenda possa spingere il PPE tra le braccia di ECR, l’alleanza dei Conservatori, guidata proprio da Giorgia Meloni.
Comunque, nulla va dato per scontato: se è vero che il “Qatargate” ha allontanato, i conservatori tedeschi sono ancora l’architrave su cui si regge il PPE. E gli eurodeputati teutonici avevano richiesto piuttosto espressamente di espellere Forza Italia dal PPE proprio perché il partito di Berlusconi si era alleato con Meloni.
In ogni caso, non leggere l’incontro tra Meloni e Weber attraverso questa chiave sarebbe davvero da ingenui.
E il fatto che Silvio si senta escluso ne è un ulteriore segnale.
Per questa settimana è tutto, noi ci sentiamo l’anno venerdì prossimo.
Il 2023 è appena iniziato e noi abbiamo già la vitalità del Papa emerito.
O di Giorgia Meloni.
Sarà lunga.
Ciao!