Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e siamo stati profetici.
La scorsa settimana, nella nostra rubrica una tantum su Articolo Uno, parlavamo del ruolo di D’Alema nel tenere le fila dei rapporti tra il governo italiano e quello qatariota. Il giorno dopo è scoppiato uno scandalo riguardante il Qatar con al centro un esponente di Articolo Uno.
Se non è ancora caduto il governo Meloni è solo perché una rubrica settimanale su Fratelli d’Italia toglierebbe spazio ai meme su Calenda.
Antonio Panzeri, però, non è affatto l’unico esponente politico coinvolto nella vicenda. Senz’altro non è il più importante. Se il suo arresto non vi ricorda quello di Mario Chiesa, forse è il momento di ascoltare questo podcast.
Prima di entrare nel vivo della newsletter su questo scandalo europeo, però, serve un po’ di resoconto.
Iniziamo.
I fatti, dicevamo.
Nella serata di venerdì scorso, più o meno mentre stavamo per inviarvi l’ultimo numero di questa newsletter, la polizia belga arrestava a Bruxelles una delle 14 vicepresidenti del Parlamento europeo, la greca Eva Kaili.
A casa dell’eurodeputata socialdemocratica, gli inquirenti avrebbero trovato 750mila euro in contanti, frutto di mazzette provenienti dal Qatar in cambio di parole dolci nei confronti della situazione sui diritti umani nel paese del Golfo.
Ma l’indagine non si ferma alla Grecia. Tra gli arrestati, infatti, c’è anche Francesco Giorgi, compagno di Eva Kaili, che avrebbe confessato agli inquirenti di essere colui che gestiva il giro di soldi provenienti da Qatar e Marocco. Giorgi è oggi assistente parlamentare di Andrea Cozzolino, eurodeputato del PD; e aveva lavorato in passato con Antonio Panzeri, ex eurodeputato oggi tra le fila di Articolo Uno.
La nostra reazione basita.
Anche lo stesso Panzeri rientra nelle fila degli arrestati, insieme alla moglie e alla figlia, e nella sua abitazione sarebbero stati invece ritrovati contanti per circa 600mila euro. Leggermente oltre la soglia di cui si discute tanto oggi in Italia.
Battuta scontata ma doverosa.
Il coinvolgimento di Cozzolino, invece, è più recente e meno definito: rispetto a Kaili e Panzeri, di cui si parla da una settimana come colti in flagranza di reato, il nome dell’eurodeputato PD ha cominciato a circolare solo nelle ultime ore, e gli inquirenti sono ancora alla ricerca di prove che ne confermino il coinvolgimento.
Ci sono, in ogni caso, diverse possibili chiavi di lettura per questa vicenda. Quella che ci interessa di più probabilmente, essendo questo uno spazio di riflessione sulla politica italiana, è quella che indaga l’impatto che tutto ciò avrà sulla parte politica più interessata dallo scandalo.
Nella stessa settimana in cui la moglie di Aboubakar Soumahoro rientra ufficialmente nel registro degli indagati per le vicende riguardanti le sue cooperative, lo scoppio di questa bufera di certo non dà lustro al centrosinistra.
Alla festa per i 10 anni di Fratelli d’Italia hanno deciso di mettere il dito nella piaga.
Non sorprende, quindi, che siano arrivati attacchi più o meno da tutte le direzioni. La destra, come dimostra la foto qui in alto, sembra aver perso ogni inibizione, ma a rialzare la testa c’è anche chi si sente più scottato sul tema dei soldi arabi. Matteo Renzi, il signore di tutte le Arabie, ha parlato di una “doppia morale a sinistra”: “Quando le cose le fanno gli altri sono corrotti e pericolosi, se è in casa loro sono compagni che sbagliano”.
Ma al di là della credibilità delle critiche, il nervo scoperto nel centrosinistra rimane.
Non so bro, tipo rifiutare i soldi?
Quella che si configura come una nuova “questione morale”, in realtà, non è nient’altro che un affare squisitamente politico. Una linea programmatica debole come quella del PD e del centrosinistra tutto, può reggersi in piedi solo se controbilanciata dall’enfasi sulla correttezza etica, pubblica e non solo. Una purezza che però fa a pugni con una classe dirigente che ricopre incarichi di potere da decenni: ecco perché, quando gli scandali la coinvolgono, l’impatto è molto più forte del normale.
Una bella gatta da pelare per chi uscirà vincitore, o vincitrice, dal congresso PD: tra i candidati che vi abbiamo raccontato nelle ultime settimane una, Elly Schlein, all’Europarlamento ci è stata, dal 2014 al 2019. E proprio lì si era fatta notare politicamente per i tentativi di riforma dei regolamenti di Dublino.
Alle orecchie di Schlein, dunque, non saranno una novità gli evidenti limiti rispetto alla trasparenza delle istituzioni europee, e del Parlamento in particolare, raccontati in questo pezzo da Politico Europe. Lo scandalo Qatargate, insomma, ha dell’inverosimile solo per chi non frequenta i palazzi della politica europea.
Abbiamo fatto una chiacchierata, quindi, con una nostra vecchia conoscenza, che in quei palazzi (suo malgrado) ci passa gran parte della sua vita. Gloria Bagnariol è una campaigner e consulente del gruppo The Left dell’Europarlamento.
«La narrazione stanno mettendo in piedi i vertici delle istituzioni è che ci siano degli attori esterni cattivissimi che vengono a rovinare la nostra bella Europa piena di ottimi valori. Bisogna allargare un po’ lo sguardo: si è parlato da subito di Qatargate, ma già dalle carte dell’inchiesta belga che riguardano Panzeri si cita il Marocco. È strano che non si parli di EUgate, a mio avviso, perché questa prospettiva in cui sono i cattivi esterni a corrompere l’Unione non aiuterà a risolvere il problema delle ingerenze e del lobbismo».
Poi vabbè, in Italia ci piace avere rapporti con questo tipo di personcine.
«È anche un po’ singolare che questo giro di corruzione riguardi tre dichiarazioni di Panzeri sul Qatar. Un milione e mezzo di euro per human rights washing?». E si tratta comunque di contanti trovati in casa di solamente due persone. Una era la vicepresidente del Parlamento europeo, l’altro sostanzialmente un ex politico. Legati da un assistente parlamentare, ma distanti anni luce in quanto a rilevanza a Bruxelles.
Come dicevamo, è un fulmine a ciel sereno per tutti. Tranne per chi conosce gli eurocrati. «Uno scandalo di questa portata era inimmaginabile? No, affatto, anche se nessuno (o quanto meno, nessuno che conosco) sapeva di Panzeri. Il problema centrale qui non è la portata dello scandalo, ma che la politica, quella europea in particolare, viene interpretata come un rapporto cliente-fornitore. Se la tua visione del mondo parte da lì, allora tutto è accettabile. Se costruisci la tua vita intorno alle mega cene, ai mega viaggi, al presentare gli emendamenti così come te li manda Enel... la differenza la fa la mazzetta?»
POV: sei un europarlamentare e un lobbista ti offre dei soldi sporchi per votare un emendamento a favore di una multinazionale energetica.
E in effetti il livello penale potrebbe essere l’ultimo dei problemi. «Non vorrei esagerare, ma questo scandalo al livello politico potrebbe essere più rilevante di un milione e mezzo di mazzette. I Popolari già si stavano avvicinando all’estrema destra, e così si restringono gli spazi di confronto democratico tra due gruppi che governavano l’UE da decenni. Il Partito Popolare (non il gruppo) ha già sferrato un attacco ai S&D».


Stato del centrosinistra europeo: farsi fare la morale dal partito europeo di Silvio Berlusconi, per anni casa di Viktor Orbàn.
«Oggi Repubblica e Politico danno due versioni contrastanti tra loro di quello che sarebbe successo a una riunione dei Popolari a Strasburgo: Repubblica dice che ci sarebbe un accordo con i S&D sulla linea da tenere, mentre secondo Politico si sarebbero organizzati per attaccarli sistematicamente». Diciamo che è una è un pelino più probabile dell’altra. «Come dicevo prima il PPE è da tanto che guarda a destra. Lo fa in Svezia e in Italia con i governi nazionali. La maggioranza Ursula quindi ora trema, e il PPE si sta ricollocando in vista del 2024. Ora le destre non hanno la maggioranza per reggere il Parlamento senza socialisti, ed è improbabile che i liberali entrino in una coalizione con l’estrema destra».
Tutti i liberali, tranne uno.
Vale la pena ripeterlo: è presto per parlare. Ma ormai sembra chiaro che per qualcuno questo scandalo è un problema un po’ più grave di quanto non sia per gli altri.
«Come dicono tutti, “lo dirà la magistratura” chi è colpevole... ma politicamente è una responsabilità di tutti i socialisti. Non tutti i socialisti sono corrotti, ma tutti i socialisti (tra i pochi ad aver votato insieme a The Left c’è l’eurodeputato PD Massimiliano Smeriglio, ndr) hanno votato contro la nostra risoluzione sul Qatar».
«Non tutti i socialisti sono corrotti» è un virgolettato di Gloria, eh. Così, lo ripetiamo tanto per essere trasparenti.
«Questa cosa non ce l’hanno spiegata. Benifei ha affermato che hanno votato contro la risoluzione perché ci sarebbe stata a breve termine una missione del Parlamento europeo in Qatar e che è prassi del Parlamento non votare risoluzioni quando ci sono missioni. Non è vero: si è votata una risoluzione sull’Egitto a ridosso della COP27, si sono votate varie risoluzioni sull’Ucraina prima che Metsola andasse in viaggio lì, si è votato su Brexit prima che ci fosse una missione del Parlamento europeo... Perché i socialisti non vogliono quel dibattito? Per realpolitik perché il Qatar non ci tocca perché ci dà l’energia? Lì non c’è corruzione, o per lo meno non credo sia così estesa, ma manca sicuramente la risposta politica».
Yet another episode of “Scariche di kalashnikov sulla Croce Rossa”.
Invece, nella settimana passata, l’Europarlamento era in seduta plenaria per votare una risoluzione che rispondesse allo scandalo. Diciamo che non si è fatto molto per sconfiggere lo stereotipo sugli eurocrati inefficienti.
«Dal voto che c’è stato ieri sulla risoluzione sono usciti tutti felici: si sono create altre due commissioni (comitato etico e commissione d’inchiesta) che indagheranno sul caso. Chiunque si occupi di trasparenza a Bruxelles, a partire dalle associazioni, sa benissimo che il problema non sono le regole, che esistono già, ma come vengono applicate: cinque impiegati in tutto Parlamento sono incaricati per seguire tutto il registro della trasparenza...»
I cinque addetti alla trasparenza dell’Europarlamento che cercano di sopravvivere alla settimana appena conclusa.
«Si è votato su un emendamento a questa risoluzione che chiede di mettere un tetto ai salari degli eurodeputati, così che non possa essere più di tre volte tanto rispetto al salario medio europeo, quindi 7500 euro. Questo emendamento, votato in plenaria, ha ricevuto solo 35 voti favorevoli. Non sarebbe stato neanche esecutivo, volendo lo si poteva votare anche solo per fare bella figura... C’è l’idea che i parlamentari debbano essere pagati tanto perché altrimenti sono soggetti a corruzione, ma non ha nessun dato a supporto. Che nessuno sia neanche disposto a cambiare il proprio stile di vita quando si parla di soldi sporchi, a fronte di un’indignazione generalizzata, è preoccupante».
Potrebbe sgonfiarsi tutto in men che non si dica, anche se qualcosa ci suggerisce che siamo solo all’inizio.
Ma l’unica cosa che ci interessa, ormai, è proseguire la striscia positiva di settimane in cui si è parlato di Articolo Uno.
E sapere come andrà a finire la telenovela Di Maio.
A venerdì prossimo, ciao!