8 settembre - Qualcuno più a destra di te
Fratelli d’Italia spopola nel feudo leghista, ma deve guardarsi le spalle.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e oggi iniziamo con una considerazione più seria, sperando che i meme siano solo rimandati all’interno della newsletter.
Scrivendo queste prime righe temiamo che la vostra reazione sia questa.
Da diverse mattine, sfogliando i giornali per preparare la puntata del giorno, troviamo la campagna elettorale relegata in un ruolo di secondo o terzo piano sui quotidiani, almeno dietro la crisi del gas e il conflitto in Russia.
Forse stiamo solo iperinterpretando, ma dietro a questa constatazione ci pare di vedere almeno due dinamiche. La prima è la scarsa capacità di rottura delle proposte politiche: non dominano il dibattito, e quando lo fanno - come abbiamo già visto - si tratta di cavalli di battaglia che iniziano ad essere ormai stantii.
La seconda è che il potere decisionale della politica nazionale si è spostato ormai altrove. È impossibile affrontare l’emergenza energetica, così come il tema delle migrazioni e tanti altri, se non ad un livello europeo, sovranazionale. Piaccia o no, l’indirizzo politico di un singolo paese ha una capacità di influenza molto inferiore a quella che immaginiamo.
Ci sarebbero fiumi di parole da spendere sulla fine delle sovranità nazionali. Ma noi facciamo una newsletter sulla campagna elettorale italiana: quindi lasciamo questo tema ad altri e iniziamo.
Ieri sul Gazzettino, quotidiano locale di Venezia, è apparso un sondaggio che ha allarmato i vertici della Lega. Secondo questa rilevazione degli istituti Demos e Pi per l’Osservatorio del Nordest, in Veneto i rapporti di forza all’interno del centrodestra si sarebbero nettamente invertiti.
Cosa abbiamo immaginato scoprendo che esiste un Osservatorio del Nordest.
Fratelli d’Italia otterrebbe il 30,5% dei consensi, mentre la Lega si fermerebbe al 14,4%, più che doppiata. Per capirci, solo tre anni fa alle elezioni europee il Carroccio poteva vantare il 49,9% dei voti in Veneto, mentre Fratelli d’Italia si fermava al 6,8%.
In vista di quello che si prospetta come un rovesciamento epocale, all’interno della Lega ci si prepara alla resa dei conti. Il Foglio dedica due pezzi al tema: il primo analizza le possibili cause della crisi della leadership di Salvini, un volto che il politologo Ilvo Diamanti definisce “sbiadito e sgradito”: la responsabilità nella caduta del governo Draghi, che una grossa fetta degli industriali settentrionali non gli ha perdonato; ma anche l’insofferenza dei vertici della Liga veneta verso i quadri “romani” del partito.
Il secondo prova invece a ragionare su ciò che sarà. Con la nave del Capitano che affonda, i marinai preparano le scialuppe di salvataggio (va bene, chiudiamo questa metafora) e si dividono in due campi opposti. Da una parte i segretari regionali guidati da Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera; dall’altra la schiera dei presidenti di regione, con Massimiliano Fedriga, alla guida del Friuli Venezia-Giulia, leader con il beneplacito di Luca Zaia.
One does not simply: far capire alla stampa italiana che le regioni italiane hanno presidenti, non governatori.
E proprio Fedriga oggi sul Corriere, in un’intervista che in realtà è una promozione della sua biografia in uscita a breve, indica tra le righe le coordinate della sua idea di Lega “dei responsabili”: avanti con le autonomie, per evitare che persino su questo tema fondante la Lega venga oscurata da Fratelli d’Italia; adeguamento del PNRR; opposizione ai no vax e ai complottismi. Un’inversione di rotta piuttosto netta.
Ma se Fratelli d’Italia ruba la scena alla Lega persino nella Padania natìa, dall’altro lato deve guardarsi da chi adesso occupa la posizione dei “duri e puri” che il partito di Giorgia Meloni deve necessariamente prepararsi ad abbandonare.
Su Domani, Davide Maria De Luca scrive di come la crescita di Italexit, il partito del giornalista ed ex parlamentare del M5S Gianluigi Paragone, sia un pericolo da non sottovalutare per Fratelli d’Italia. Secondo i sondaggi, infatti, Italexit è costantemente a cavallo della soglia del 3%, che gli permetterebbe l’ingresso in Parlamento.
Attestato su posizioni euroscettiche e contrarie a vaccini e green pass, benché si dica «né di destra né di sinistra», tra i candidati nelle liste di Italexit si trovano figure in passato vicine a Casapound come Carlotta Chiaraluce e Marco Mori. Proprio la candidatura di esponenti neofascisti era stato il motivo della rottura dell’accordo elettorale con Alternativa, altro cartello “antisistema” nato da ex esponenti del M5S.
Né di destra né di sinistra.
Secondo il giornalista Paolo Mossetti, «se dovesse entrare in parlamento mentre Giorgia Meloni si fa addomesticare internazionalmente e in Italia è costretta a fare razionamento energetico, Italexit rischia di diventare una vera rogna per la destra». A volersi fingere moderati, insomma, il rischio è sempre quello che spunti qualcuno più radicale di te.
In chiusura, due spunti dall’altra parte del panorama politico.
Ieri si è tenuta a Roma, al Quadraro, l’assemblea di Unione Popolare che ha ospitato Jean-Luc Mélenchon, il leader di La France Insoumise, la principale forza di opposizione nell’Assemblée Nationale francese. L’arrivo in Italia di una figura politica rilevante nel panorama europeo è stata abbastanza trascurata dai quotidiani: l’unico a dedicare una pagina all’evento è Repubblica, che parla di una platea di circa 400 persone.
Noi c’eravamo, e possiamo confermare tutto.
Nella conferenza stampa tenuta stamattina, Mélenchon ha definitivamente chiuso la porta a Giuseppe Conte e al Movimento 5 Stelle: «Vorrei dire agli elettori del M5S: riflettete e guardate quello che fanno. Non hanno una bussola e finiscono sempre nella stessa mangiatoia degli altri. Il Movimento 5 Stelle è un annesso di tutti i potenti del Paese».
Poor Conte.
Infine: ricordate il piano di Letta, di cui parlavamo ieri, per ridurre o quasi azzerare lo svantaggio dal centrodestra recuperando 4 punti percentuali? Pagella Politica ha fatto qualche calcolo a riguardo, e pare che i conti non tornino.
Noi ci sentiamo domani, se intanto non nascono newsletter più belle e interessanti della nostra. Ma ne dubitiamo.
Ciao!
È vero siete i più bravi 👏