Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e siccome i giornali oggi non hanno molto materiale sulla campagna elettorale, hanno dedicato ampio spazio sulle prime pagine alla voglia più famosa del mondo.
Una delle figure politiche più importanti dal dopoguerra a oggi. Sta a voi decifrare a chi dei due ci riferiamo.
Ma la morte di Michail Gorbačëv non ha nulla a che vedere con la campagna elettorale, per quanto l’ex leader sovietico venga compianto da Berlusconi.
Iniziamo.
Da qualche giorno, per quanto lontano dalle pagine dei giornali (se non quelli di destra), si è accesa una discussione su una questione sintomatica di come la politica italiana abbia in mente di affrontare il rapporto tra crisi climatica e privilegi: l’utilizzo dei jet privati.
La questione è entrata nel dibattito quando le due forze di sinistra candidate alle elezioni, ovvero l’alleanza Sinistra Italiana - Europa Verde (alleata negli uninominali con il Partito Democratico) e Unione Popolare (l’alleanza tra Potere al Popolo, DeMa e Rifondazione Comunista che invece, in mancanza di alleanze con partiti muniti di gruppi parlamentari costituiti entro il 2021, ha dovuto raccogliere 60.000 firme entro il 21 agosto) hanno inserito nel proprio programma l’abolizione dei jet privati.
La motivazione è piuttosto semplice: come spiegato dall’account divulgativo Jet Dei Ricchi, l’utilizzo di aerei privati per trasportare pochissime persone produce una quantità enorme di CO2.
Manco a dirlo, centro e destra si sono detti contrarissimi alla proposta.


Se fosse emessa una tonnellata di CO2 per ogni volta che qualcuno ha detto “non è facendo (x) che si risolve il problema dell’ambiente” il genere umano si estinguerebbe domani.
Allo stesso Luigi Marattin, che dal 2020 presiede la commissione Finanze alla Camera, ha risposto proprio Jet Dei Ricchi con un lungo thread. Dimostrando che non solo i jet privati non sono il numero esposto da Marattin, ma che i voli sono in netto aumento, e che il volo di “soli” 64 jet privati in un anno porta all’emissione 52.000 tonnellate di CO2, ovvero l’impronta carbonica annuale di 26.000 persone.
Di per sé, è strano che i macroniani d’Italia si oppongano a proposte simili, visto che il ministro dei trasporti macroniano in Francia sta pensando quanto meno di limitare l’utilizzo dei jet privati.
In generale, la campagna elettorale dell’ex dem e renziano di ferro, candidato in due dei tre collegi piemontesi, è molto improntata sul dare del comunista ad altri e molto poco sui programmi. Ha fatto lo stesso con Maurizio Landini, che come vi dicevamo qualche giorno fa ha proposto una tassa al 100% sugli extraprofitti delle aziende energetiche. Marattin ha definito questa una proposta «da PCUS». Riascoltare queste parole il giorno della morte di Gorbačëv fa effetto.
In ogni caso Marattin, per ora, ha attaccato solo Sinistra Italiana e Verdi. Aspettiamo che si confronti con uno schieramento che ha più o meno le stesse percentuali di Italia Viva nei sondaggi, come ad esempio Unione Popolare.


Il confronto tra “Agenda Draghi” e “Agenda Robin Hood” potrebbe risollevare il nostro interesse in questa campagna elettorale.
Il centrosinistra invece, a giudicare dai giudicare dai giornali di oggi, sembra aver organizzato un’offensiva coordinata che ha poche e chiare parole d’ordine: la destra è divisa. La stessa tesi si può leggere sui tre principali quotidiani generalisti: Repubblica, Corriere della Sera e La Stampa.
Gli ultimi due affidano questa riflessione rispettivamente a Nicola Zingaretti, ex segretario del PD e presidente della Regione Lazio, e Giuseppe Provenzano, vicesegretario del PD. Se Zingaretti sostiene che l’unica cosa che accomuna le destre sarà l’aumento delle “ingiustizie” nel caso in cui dovessero vincere, non molto lontano va Provenzano affermando che “la destra è unita solo contro i poveri”, prima di lasciar spazio anche a un po’ di autocritica: «Ai lavoratori bisogna dire la verità. Che in passato abbiamo sbagliato, soprattutto con Renzi e il Jobs act, ma anche prima. (...) Ma lo abbiamo capito, in questi ultimi tre anni abbiamo maturato una sensibilità sociale nuova».
«Sono cambiato».
Repubblica invece, attraverso la penna di Lorenzo De Cicco, sottolinea i principali punti della discordia all’interno della coalizione di centrodestra: la politica estera, e in particolare l’Ucraina, come abbiamo ripetuto spesso; ma anche le soluzioni sull’immigrazione, la flat tax (su cui la Meloni è più cauta) e il rigassificatore di Piombino (il sindaco della città, di Fratelli d’Italia, è da sempre contrario). Altri nodi importanti sarebbero la giustizia - con Nordio, ministro in pectore di FdI che vorrebbe reintrodurre l’immunità parlamentare mentre la “candidata al ruolo” della Lega, Giulia Bongiorno, è contraria - e perfino la premiership: per Meloni, in caso di vittoria il ruolo spetterebbe a lei, mentre Salvini ripete che la scelta “spetta a Mattarella”.
Insomma, una figura che Salvini rispetta moltissimo.
Ma se dovessimo scommettere su un punto in grado di rompere l’armonia interna al centrodestra, sicuramente non sarebbero le inconciliabili posizioni sull’immigrazione di Meloni e Salvini. Probabilmente, invece, opteremmo per le riforme istituzionali. È lì che si consuma il compromesso più forzato tra due visioni opposte del Paese: da una parte il sogno di Meloni di un presidenzialismo con elezione diretta del capo dello Stato; dall’altra il federalismo, storico cavallo di battaglia leghista, e in concreto la proposta dell’autonomia differenziata.
Le due proposte non sono solo scollegate tra loro, ma a tratti in aperta contraddizione: un rafforzamento del ruolo dello Stato, secondo la leader di FdI, contro la maggior libertà concessa alle regioni propugnata da Salvini. Nel programma comune del centrodestra appaiono entrambe le proposte, senza alcun approfondimento sulla loro compatibilità. Ma una volta al governo, la destra dovrà verosimilmente scegliere quale delle due strade percorrere. È lì probabilmente, più che su qualunque altro tema, che potrebbero consumarsi rotture, anche decisive.
Dopodiché, se il sogno della destra è questo allora è un altro paio di maniche.
Altre notizie, pochine: il governo Draghi spera che il cancelliere tedesco Olaf Scholz abbia davvero cambiato idea sul tetto europeo al prezzo del gas. Anche perché, Gazprom avrebbe chiuso il principale gasdotto che porta la fonte d’energia in Germania e in Europa. La politica, dopo qualche sommovimento, non si è espressa più di tanto. Come vi avevamo già accennato, anche su questo la destra è divisa.
Ma aspettiamo nuove notizie e il primo giorno di settembre per parlarne oltre.
A domani!
A domani🤗