Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e forse parleremo anche del programma di centrosinistra quando #vinconoleidee diventerà uno slogan con un senso. Cioè più o meno quando questa coalizione avrà effettivamente delle idee.
Ma, precisamente, a chi sembra rivoluzionario investire nella scuola due miliardi all’anno?
In questo momento quello della destra, vuoi perché avvantaggiata dal non essersi fatta trascinare nella scomposizione e ricomposizione dell’atomo della coalizione, vuoi perché quello più probabile a realizzarsi, è il programma che forse merita la maggiore attenzione. Così, come nota metodologica sul perché scegliamo un argomento piuttosto che un altro.
Quindi, iniziamo.
Ieri vi avevamo accennato, in chiusura, alla pubblicazione del programma del centrodestra unito. Non è proprio un programma: nel titolo lo definiscono un “accordo quadro”, una cornice entro la quale i singoli partiti sviluppano le proprie proposte in autonomia.
E in effetti se non si trattasse di “linee guida”, o comunque di una lista di sogni, ci sarebbe da preoccuparsi: nel documento diffuso si alternano toni proto-nazionalistici a volontà di integrazione europea, propositi di agire “secondo Costituzione” a proposte di riforme costituzionali di un certo peso, «aumento della produzione di energia rinnovabile» a «riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale» e via dicendo.
Il nostro personalissimo premio va al punto 5: un misto di imprenditoria spicciola, sostegno allo stato sociale, idee olivettiane, qualcosa che assomiglia a una terapia di coppia e… sgomberi di occupazioni? Possiamo solo immaginarci il divertimento scaturito dalla stesura di questo programma.
Qualcosa di questo programma era già trapelato, e l’avevamo già anticipato.
La lista di linee guida si apre con un punto rivolto all’estero. Il punto più importante è il rinnovamento di una decisa adesione all’alleanza atlantica e il sostegno all’Ucraina contro l’invasione russa (ma con un occhio volto al «sostegno ad ogni iniziativa diplomatica volta alla soluzione del conflitto»).
(…tipo questa?)
Anche in questo primo punto, comunque, non manca la fantasia: si parla di «tutela degli interessi nazionali nella discussione dei dossier legislativi europei, anche alla luce dei cambiamenti avvenuti nel contesto internazionale, con particolare riferimento alla transizione ecologica» (tradotto: occhio al nucleare), di «centralità dell'Italia nell'area mediterranea» (tradotto: in termini di immigrazione fateci fare un po’ quel che ci pare e voialtri seguite a ruota), di «piano straordinario europeo per lo sviluppo del continente africano, anche attraverso politiche di cooperazione internazionale finalizzate alla crescita socio-economica e alla stabilità politica» (tradotto: aiutiamoli a casa loro), di «difesa e promozione delle radici e identità storiche e culturali classiche e giudaico-cristiane dell'Europa» (questo non sappiamo come tradurlo).
Il centrodestra è una coalizione è una coalizione composta, principalmente, da due partiti con un passato pesantemente euroscettico e un partito il cui governo fu sostanzialmente costretto alle dimissioni sotto la spinta della tolda di comando dell’UE. Tra l’altro, non è che in tutta Europa si sia stappato lo champagne alla notizia delle dimissioni di Draghi (semmai è successo altrove).
L’alleanza ha bisogno, quindi, di una posizione abbastanza conciliante. Perciò, accanto alla revisione del patto di stabilità, posizione abbastanza condivisa da tutto l’arco politico, si propone una «piena adesione al processo di integrazione europea, con la prospettiva di un'Unione Europea più politica e meno burocratica». Che sembra sostanzialmente la posizione del movimento federalista europeo.
Comunque anche un discorso in tre lingue per tranquillizzare il resto del mondo in cui si sconfessa il fascismo, mentre tutta Italia si rende conto che quella fiammella nel simbolo arde sulla tomba di Mussolini, non fa mai male.
A proposito di federalismo: il punto 3, quello sulle riforme istituzionali, è quello che sta facendo discutere di più, ma non per quello che è stato scritto nel programma.
Per capirci, Repubblica titola così:
Per tutte le volte che Berlusconi ha tentato effettivamente di rendere l’Italia una repubblica fondata su di sé, compreso l’ultima candidatura per il Quirinale, questo è quello che assomiglia meno a un “assalto”.
Cosa succede? Silvio Berlusconi, intervistato da Radio Capital, ha parlato della proposta della destra di rendere l’Italia una Repubblica presidenziale, e ha aggiunto che in caso di realizzazione di questa pesante riforma costituzionale sarebbe naturale aspettarsi le dimissioni dell’attuale capo dello Stato eletto dal Parlamento e non direttamente dalla cittadinanza, Sergio Mattarella.
Il presidenzialismo è il sogno nel cassetto di Giorgia Meloni, che ne parla da tempo, e ha provato a proporlo anche in questa legislatura, pochi mesi fa.
A questa riforma il programma della destra affianca anche la piena realizzazione delle autonomie, della legge sul federalismo fiscale «e Roma Capitale». In generale, al presidenzialismo si affianca un ampio progetto di alleggerimento della macchina pubblica e della pubblica amministrazione, oltre che riforme del diritto civile e penale.
È un punto che sa essere al contempo chiaro e confuso: i tre principali partiti mettono in chiaro quali sono le proprie priorità e quali sono i principi secondo cui intendono agire, ma esprimono anche qualche contraddizione in termini. Ed è ampiamente dovuto a una mancata chiarezza su quale sarebbe il ruolo del nuovo Presidente della Repubblica eletto direttamente dalla cittadinanza.
In compenso, ci stiamo facendo un’idea sulla location per il discorso di fine anno.
Per evitare di proseguire a un riassunto di tutto il “programma” (che trovate qui), ve ne evidenziamo qualche punto saliente:
• sotto il profilo infrastrutturale, il centrodestra vuole sostanzialmente usare il PNRR per realizzare il programma dei governi Berlusconi: Ponte sullo Stretto e alta velocità ovunque (menzioni alla realizzazione della Torino-Lione non ve ne sono: per ora si parla solo di allargamento al sud)
• di flat tax abbiamo già parlato, e ora si parla di «estensione della flat tax per le partite IVA fino a 100.000 euro di fatturato, flat tax su incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la prospettiva di ulteriore 3 ampliamento per famiglie e imprese». In generale, il punto «Per un fisco equo» introduce elementi interessanti e poco ispirati al principio di progressività, come il principio del “chi più assume meno paga” (e quindi grandissime aziende che assumono migliaia di dipendenti e verosimilmente milioni di utili pagherebbero poche tasse…?)
• nel punto che riguarda sanità e salute si cita il «contrasto alla pandemia senza «compressione delle libertà individuali». Un principio che applicato da giunte di destra ha funzionato a meraviglia
• il punto sull’istruzione apre con una chicca: la revisione «in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico», ovvero la scuola e l’università volte esclusivamente al mondo del lavoro. Punto non esattamente coerente con un «allineamento ai parametri europei degli investimenti nella ricerca». Altri punti interessanti: “eliminazione della precarietà” e rafforzamento del prestito d’onore
• sul capitolo sicurezza e immigrazione andrebbe scritto (e lo scriveremo) un capitolo a parte: tra proto-blocchi navali, reintroduzione dei decreti sicurezza, hotspot in territori extraeuropei, contrasto alle baby gang, “strade sicure” e videosorveglianza non sapremmo neanche da dove cominciare
• anche sul punto sul welfare ci sarebbe molto da dire: si parla persino di edilizia residenziale pubblica (suona familiare?). Ma, soprattutto, si parla di abolizione del reddito di cittadinanza
• sull’energia e sull’ambiente vale lo stesso discorso: alla reintroduzione del “nucleare pulito e sicuro” si affiancano proposte draghiane come il price cap sul gas, la bandiera grillina dell’efficientamento energetico, ma anche rimboschimento e altre proposte non esattamente in linea col programma economico della destra come la «definizione ed attuazione del piano strategico nazionale di economia circolare». Ah, e «salvaguardia della biodiversità».
Più o meno come ci immaginiamo il prossimo ministro dell’Ambiente.
Su molti punti, come già detto, dovremo tornare in maniera assai più approfondita.
D’altronde mancano ancora 43 giorni. Magari sembrano pochi, ma a noi considerato quello che stiamo leggendo e scrivendo sembrano davvero un’infinità.
A domani!