Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e i governi europei stanno tempestivamente intervenendo sul prezzo del gas.
Ma va, fate con calma.
Le storie della campagna elettorale di oggi sono naturalmente tutte legate a questo fenomeno senza precedenti. Tutto meno che imprevedibile, in effetti, ma il prezzo del gas per MWh non ha fatto che aumentare. Da settimane.
Carino questo grafico, vero? Ecco, viene dal Corriere di sabato 20 agosto. Ieri il prezzo finale era 339 €/megawattora.
Questo è un ottimo motivo per staccarsi dai social. Ieri ve ne abbiamo parlato in abbondanza, e se oggi doveste fare un giro sui vostri feed potrebbe sembrare che le notizie del giorno siano Calenda su TikTok e i meme di Letta.
A proposito di meme, oggi in questa newsletter ne vedrete pochini. In parte perché c’è davvero poco da scherzare, ma anche e soprattutto perché quel che sta succedendo ha tratti oscuri per noi, che tutto siamo meno che economisti dell’energia.
IO NON MEMO DI COSE CHE NON CONOSCO
Altra premessa: oggi abbiamo fatto uno strappo alla regola e, anche se non è domenica, abbiamo chiesto di nuovo aiuto a un’ospite che vi avevamo già introdotto, Gloria Bagnariol, per aiutarvi a comprendere fin dove arrivano le conseguenze dell’aumento del prezzo del gas.
Prima, però, uno sguardo a governo e partiti, visto che parliamo pur sempre di campagna elettorale.
Iniziamo.
La prospettiva fantastica con cui osservare questa campagna elettorale, in parte, l’abbiamo descritta ieri: la politica continua a inseguire Mario Draghi, che fino alla nomina del prossimo governo continua ad amministrare e pontificare come sempre. Ma quello che ieri è stato dichiarato dai leader dei principali partiti politici va in diretto contrasto con quanto detto dal premier a Rimini: è evidente che non solo i partiti non saranno in grado di gestire questa crisi, ma che neanche hanno alcuna intenzione di farlo.
Chi già parla da capo del governo è Giorgia Meloni, che ieri alla rassegna di Affaritaliani ha esposto il suo piano per contenere l’aumento delle bollette: il taglio degli oneri di sistema che vanno allo Stato, parametrando le bollette di quest’anno a quelle dello scorso anno, che permetterebbe “un taglio del 30%” secondo la leader di FdI. Meloni inoltre, a livello più strutturale, si dice favorevole ad un tetto al prezzo del gas, ma solo se imposto a livello europeo.
Più “interventista” Matteo Salvini: il segretario della Lega insiste con forza sulla necessità di votare un nuovo scostamento di bilancio, per liberare risorse che coprano gli aumenti dei prezzi; e intanto, intende suggerire “tassazione degli extra profitti, proroga immediata degli sconti su carburanti e bollette in scadenza a settembre, semplificazione e maggiore informazione su tutti gli strumenti già attivi per ottenere sconti e dilazione dei pagamenti a vantaggio delle famiglie”.
Nel centrosinistra, il PD ha presentato le sue sue cinque proposte contro il caro energia, tra cui un tetto nazionale al prezzo dell’energia elettrica, un contratto di “luce sociale” - di cui avevamo già accennato qui - e un raddoppio del credito d’imposta per i costi straordinari delle imprese per luce e gas, da finanziare con la proroga della tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche.
Sull’immediato, però, il punto più divisivo è quello sui rigassificatori.
In breve: i rigassificatori sono degli impianti che permettono di riportare allo stato aeriforme il gas naturale liquido (GNL) che viene trasportato via nave. L’Italia, per uscire dalla dipendenza energetica dalla Russia, vuole dotarsi di due nuovi impianti adibiti a questo scopo: uno a Ravenna, l’altro a Piombino.
Le posizioni dei partiti sul tema sono variegate, e qui potete trovare un utile riepilogo. Basti pensare che i contrasti sul tema tra Calenda (favorevole agli impianti) e il segretario dei Verdi Bonelli (contrario) era stato tra le motivazioni della rottura dell’accordo Azione-PD. Il Partito Democratico, nel suo programma, sostiene la necessità di realizzare strutture di questo tipo come soluzione a breve termine, puntando però sulle rinnovabili per la progettazione futura.
Immagina inventarsi il termine IMBY e concludere con l'hashtag #ItaliaSulSerio.
Ma su questi impianti ci sono almeno tre perplessità. La prima è sull’impatto ambientale. Sinistra Italiana, ad esempio, non si esprime in maniera contraria ai rigassificatori, bensì al solo progetto di Piombino: in quanto collocato troppo vicino alla città e al porto, senza che siano state fatte adeguate valutazioni sulle conseguenze e su possibili alternative.
Il secondo dubbio riguarda le tempistiche. Stamattina, il quotidiano Domani riporta che Snam (Società Nazionale Metanodotti) ha già acquistato due navi ad hoc per un costo di 750 milioni di euro, e ha avviato le procedure per installarle nei siti prescelti per 25 anni dall’avvio previsto per il 2023, quindi fino al 2048. Ma gli impegni presi sulle rinnovabili dovrebbero portare queste fonti a coprire oltre l’80% delle importazioni russe entro il 2035. Una soluzione emergenziale, quindi, rischia di rallentare anche gli orizzonti per il lungo periodo.
Infine, l’ultimo problema è la capacità o meno di ovviare alla carenza di materia prima. Su Repubblica, Andrea Greco, nel descrivere il funzionamento del mercato del gas, segnala come Gazprom forniva circa 150 miliardi di m³ di gas annui, mentre ora le forniture si limitano a 30-40 miliardi. Secondo fonti di Repubblica «mancano oltre 100 miliardi, e credo che nel 2022, tra uso esteso del Gnl e altri progetti, solo metà del divario sarà colmato». I progetti dei rigassificatori, quindi, avrebbero un effetto solo limitato nel contrasto alla precarietà energetica.
Visto che abbiamo introdotto il tema, una piccola guida al funzionamento del mercato del gas: cosa vuol dire che siamo ai massimi storici?
Il prezzo del gas europeo si decide alla borsa di Amsterdam, all’interno del TTF (Title Transfer Facility). Questo hub di scambio è gestito dalla compagnia olandese Gasunie, e le trattative avvengono in euro per megawatt/ora.
I rialzi odierni sono, appunto, senza precedenti: lo scorso agosto il gas si scambiava a 27€/MWh, mentre il massimo raggiunto ieri di 339€/MWh significa un aumento del 1255% in un anno. Una dinamica innescata per la maggior parte dalla riduzione dell’offerta, dovuta al taglio delle forniture russe di gas.
Ma un effetto collaterale da non sottovalutare è la catena di conseguenze che investono il resto della produzione energetica.
«Sulla borsa di Amsterdam – ci spiega Gloria Bagnariol – si “scommette” a partire dalla tecnologia più economica (rinnovabili, carbone o altre fonti) e l’ultima tecnologia che entra è il gas, che è necessaria per coprire il fabbisogno energetico. Una volta stabilito il prezzo del gas, quel prezzo è quello che vale per tutto il resto delle energie: se il carbone si vende a 30, se l’eolico si vende a 25, ma il gas si vende a 160 anche l’eolico costerà 160. (…) Quello che si verifica è questo sistema permette alle grandi aziende energetiche di realizzare guadagni completamente fuori dal normale, perché il tipo di investimento che loro fanno sull’energia rinnovabile, per quanto alto possa essere, è molto “economico”».
«Noi chiediamo di riformare questo sistema. La nostra rivendicazione principale è che l’energia diventi bene comune, farla uscire dalla speculazione in borsa. E c’è tutta un’altra serie di richieste: la tassa sui profitti, il blocco del prezzo del gas, l’impossibilità di togliere l’energia a chi non paga le bollette e via dicendo».
Insomma, il primo inverno del nuovo governo si prospetta particolarmente caldo in termini di scelte da compiere.
Oggi siamo stati tecnici e non particolarmente ottimisti, quindi non ci dilunghiamo oltre. Speriamo di tornare presto a distrarci con i meme.
A domani!