11 settembre - Proteggere il soffitto
Due uomini che provano a parlare di parità di genere. Non da soli, per fortuna.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e oggi è domenica, papà.
Se non ve lo ricordate, siamo sinceramente dispiaciuti per voi.
Aprire questa mail con la parola “papà” può sembrare ironico, o controintuitivo, visto che in questo numero speciale si parlerà di questioni di genere e della loro presenza (o assenza, più spesso) in questa campagna elettorale. Ma come vedremo tra pochissimo, è una scelta che ha un suo perché.
L’ospite di oggi è Federica Fabrizio, in arte (ovvero: su Instagram) @federippi, con cui abbiamo chiacchierato ieri per la seconda presentazione live della nostra newsletter al festival Il mondo nuovo. Federica è attivista femminista e content creator, e sui suoi canali sta svolgendo un ottimo lavoro di analisi e divulgazione delle proposte politiche dei partiti in vista delle prossime elezioni.
Prima di iniziare, i soliti avvisi: per farci domande, darci suggerimenti o (speriamo in minor misura) rivolgerci insulti ci trovate sui nostri profili Instagram (@pietroforti.docx e @simonemartuscelli), sicuramente meno seguiti e curati di quelli della nostra ospite ma insomma si fa quel che si può. Se siete più tradizionalisti, ci trovate alla mail buoneintenzioninewsletter@gmail.com. Se volete urlare al mondo intero dell’esistenza di questa newsletter, il pulsante qui in basso è ciò che fa per voi.
Adesso iniziamo.
Abbiamo iniziato parlando di papà, e anche ieri sul palco il primo punto ad essere stato affrontato è stato quello della famiglia. Qualche giorno fa, nel parlarvi del programma di Fratelli d’Italia, avevamo accennato al fatto che il “sostegno alla natalità e alla famiglia” fosse il primo punto del programma del primo partito nei sondaggi. Il partito di Giorgia Meloni definisce la famiglia “ciò che rende ‘una Nazione veramente sovrana e spiritualmente forte’”, citando Giovanni Paolo II, e in tutto il programma punta molto sulla famiglia come nucleo fondante della società.
Per qualcuno nel centrodestra i problemi nelle famiglie vanno risolti a monte.
La conseguenza, tuttavia, è chiara: non si parla di donne se non in quanto mogli e madri. «Non si sceglie di sostenere le donne in quanto tali, ma esclusivamente la scelta della maternità», ci dice Federica. «Non è l’unico esempio. La proposta di pensione anticipata per le madri lavoratrici (del Movimento 5 Stelle, ndr) è problematica sotto molti aspetti: discrimina le donne con figli rispetto a quelle che decidono di non averne e interviene solo quando i figli sono ormai grandi», senza considerare che non ha alcun effetto vero sul problema dello scarso tasso di occupazione femminile.
Del resto, se si inizia a lavorare solo dopo tutti i giri di boa è difficile pensare alla pensione anticipata.
Inoltre, questa logica non fa altro che perpetuare l’idea che la cura della casa e della famiglia spetti alla donna, «invece di intervenire attraverso misure che redistribuiscano questo carico anche sugli uomini, come il congedo di paternità».
Ovviamente questo ha delle ripercussioni non indifferenti sul mondo del lavoro. Nel 2020, secondo l’INPS nel settore privato hanno usufruito del congedo di maternità 180.000 persone, una netta flessione rispetto agli anni precedenti. Nello stesso anno, secondo l’INL, 42.000 persone si sono licenziate per badare ai figli. Il 77% sono donne, e nell’88% dei casi questo licenziamento arriva presto, nei primi dieci anni di carriera. «Chi ha fatto un colloquio di recente lo sa, se si è donna la domanda sulle intenzioni di avere o meno una gravidanza è di rito. Ho fatto il primo colloquio di lavoro a 19 anni e me l’hanno chiesto ugualmente».
Indovinate a quali generi corrispondono i colori delle colonne.
Di congedo parentale paritario si parla nel programma del PD, ad esempio. Ma anche i Dem, come tanti altri partiti, si dimostrano insufficienti sul tema dell’aborto. «Tutti i partiti, persino Fratelli d’Italia, indicano di voler difendere la “piena applicazione” la Legge 194 sull’aborto. Il problema è che quella legge, all’articolo 9, prevede anche l’istituto dell’obiezione di coscienza senza alcun limite».
Però sempre meglio prevenire, insomma.
Per capire cosa potrebbe voler dire un esecutivo di destra in questo senso, basta guardare alle regioni in cui la coalizione è attualmente al governo. Nei giorni scorsi il Guardian ha pubblicato un reportage che racconta la situazione sulle IVG nelle Marche, guidate da settembre 2020 da Francesco Acquaroli, di Fratelli d’Italia.
La nuova leadership regionale si è opposta ad una direttiva ministeriale che permette di praticare l’aborto farmacologico anche nelle cliniche private e ha ridotto da nove a sette settimane il limite per ricorrere all’IVG: considerando che la scoperta della gravidanza può avvenire anche alla quinta o sesta settimana, e che dopo l’autorizzazione all’aborto la donna è obbligata ad una settimana “di riflessione”, i tempi per intervenire con l’IVG sono minimi o nulli. E la situazione nell’Umbria governata dalla Lega non è certo migliore.
Anche questo video è abbastanza eloquente.
«Una proposta interessante - prosegue Federica - è quella contenuta nel programma di Possibile (che fa parte dell’alleanza Sinistra Italiana/Europa Verde, ndr): mettere effettivamente mano alla legge, migliorandola, tra le altre cose, attraverso l’inserimento di un tetto massimo di medici obiettori per regione, a garanzia che l’aborto sia praticabile in maniera più uniforme in tutto il Paese e in modo da impedire casi come quelli del Molise e di Cosenza in cui l’interruzione di gravidanza è pressoché impossibile».
Infine, un tema che ha sempre alimentato il dibattito dentro e fuori il movimento femminista è quello delle cosiddette “quote rosa”. La questione della rappresentanza accende gli animi. Da una parte l’idea di un numero minimo imposto di persone di genere altro da quello maschile è attaccata da chi in quel genere si riconosce, sostenendo che sia iniqua una misura non basata “sul merito”.
Ne discute un panel di persone selezionate esclusivamente in base al merito.
D’altra parte, ampie fette e grandi menti del pensiero femminista si dicono disinteressate se non contrarie al concetto di quota rosa, perché fuorviante ove non inutile.
«Cosa immaginiamo quando pensiamo al Parlamento italiano? Dei pinguini, degli uomini in giacca e cravatta che parlano davanti a un microfono o litigano su Twitter».
Uno dei sopra citati uomini in giacca e cravatta litigiosi su Twitter qui immortalato mentre si appresta a entrare per la prima volta nel suo ufficio di ministro dello Sviluppo Economico, qualche anno prima di tatuarsi SPQR sul polso.
«Certo è che le quote di genere non sono risolutive in alcun modo, l’elezione di non uomini non è certo la sconfitta del patriarcato», commenta Federica. «Credo però che la presenza nelle aule parlamentari di persone che si identifichino in altri generi serva anche a intervenire sulla cultura che insegna che esiste un solo genere capace in quel ruolo, che solo gli uomini possono prendere decisioni politiche cruciali».
La legge elettorale attuale, però, per quanto munita di quote rosa per le candidature ha delle voragini non da poco. Con il sistema delle liste bloccate i partiti sono obbligati a presentare candidature di persone dello stesso genere in non oltre il 60% dei collegi uninominali, e lo stesso vale per le liste plurinominali. Ma sono concesse le pluricandidature: una stessa persona si può candidare in più collegi plurinominali. Ciò vuol dire, ovviamente, che i partiti per rispettare le quote imposte sul genere hanno candidato più volte le stesse donne in numerosi collegi. Ma se una persona viene candidata ed eletta in cinque collegi, significherà semplicemente che in quattro collegi su cinque le subentrerà un uomo (le liste devono avere candidature alternate per generi). Il risultato sembra scontato: le donne sono il 44,2% delle candidature, ma non occuperanno il 44,2% dei seggi in Parlamento.
Con tutto ciò che comporta in termini di credibilità e riconoscibilità delle figure politiche femminili, anche e soprattutto a sinistra. Sottolineare le carenze del PD su questo tema sembra superfluo, ma anche nei partiti minori la situazione non è migliore: Europa Verde, da statuto, avrebbe due portavoce: ma quello che continua ad occupare più spazio nelle tribune è Angelo Bonelli, lasciando sistematicamente in panchina la collega Eleonora Evi.
Il risultato è che, come appare evidente ormai a tutti, la prima donna alla presidenza del Consiglio potrebbe essere a capo di un governo ultraconservatore e dannoso per gli stessi diritti delle donne. Per qualcuno, come abbiamo già visto, potrebbe trattarsi di un traguardo tutto sommato positivo. Forse però, conclude Federica, «non abbiamo bisogno solo di leadership femminili, ma di leadership femministe».
Per oggi chiudiamo qui, giurandovi che nessuna legge sulle pari opportunità ci ha imposto il tema di questo approfondimento. Non si sa mai, visto che a quanto pare non si può più dire niente.
A domani!