Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e a leggere le prime pagine oggi, e in generale negli ultimi giorni, si direbbe che il favorito per Palazzo Chigi sia Vladimir Putin.
Per fortuna almeno Libero ci ricorda le vere priorità.
Vuoi per la gravità del contesto geopolitico, vuoi per la debolezza delle proposte sul piano interno dei partiti, in questa campagna elettorale la politica estera sta assumendo un ruolo di primo piano inedito nella storia delle elezioni italiane.
E sarebbe anche una cosa positiva, se si trattasse di un effettivo confronto tra visioni diverse e non, come vedremo, di una caccia provincialista all’endorsement più pesante.
Ma prima di addentrarci, soliti promemoria: potete trovarci in qualsiasi momento a buoneintenzioninewsletter@gmail.com o sui nostri profili Instagram, @pietroforti.docx e @simonemartuscelli. Inoltre, per provare a far arrivare questa newsletter anche al Cremlino, potete condividerla con chi volete premendo il pulsante qui in basso.
Adesso iniziamo.
Per dare un po’ di contesto, la novità del giorno sul fronte dell’energia è l’annuncio da parte della Russia della sospensione totale del gasdotto Nord Stream finché resteranno in piedi le sanzioni occidentali a Mosca. Questa decisione ha fatto di nuovo schizzare il prezzo del gas, che ieri ha chiuso a 245 €/MwH, in rialzo del 14,6%.
E mentre in Europa le possibili soluzioni, tra cui quella del price cap, verranno discusse nella riunione straordinaria dei ministri Ue dell’Energia del 9 settembre, in Italia questo dibattito invade, com’è ovvio che sia, la campagna elettorale.
O forse dovremmo dire che il dibattito sul gas ha compiuto un’operazione militare speciale nella campagna elettorale italiana.
Sull’immediato, il governo ha in programma di massimizzare la produzione dei sette impianti termoelettrici di potenza superiore a 300 megawatt, sei centrali a carbone e una a olio, che sono però anche tra gli impianti più inquinanti d’Italia. Ed è in arrivo anche un piano di risparmio idrico ed energetico che permetterà, secondo le stime del ministro Cingolani, di risparmiare fino a 5,5 miliardi di m³ di gas.
Ma è sugli stanziamenti per i sostegni a famiglie e imprese che la contesa elettorale trova lo spazio più ampio.
Questa ad esempio è un’idea lodevole. Se solo le imprese pagassero davvero.
Il prossimo decreto Aiuti dovrebbe garantire risorse per almeno 10 miliardi, ma è ancora forte l’ipotesi che si arrivi ad una cifra simile a quella dell’ultimo decreto, circa 17 miliardi. Ieri Salvini, impegnato a Treviso per il suo tour elettorale, ha dichiarato di essere “in disaccordo con Meloni e Draghi” e di preferire uno scostamento di bilancio: “preferisco mettere 30 miliardi a debito adesso, piuttosto che perdere 3 mesi, perdere 1 milione di posti di lavoro e doverne mettere 100 di miliardi”.
Del resto quale buon padre di famiglia che si rispetti non concede 30 miliardi in contanti come paghetta ai propri figli.
Dalle parti di Fratelli d’Italia, anche per la consapevolezza che la dinamica attuale li favorisce, i toni sono piuttosto concilianti. Secondo Ignazio La Russa quelle che dividono Lega e FdI sono “sfumature”, per poi aggiungere: “Le divergenze infinitesimali che pure c’erano, sono state tutte discusse e appianate in sede di formazione del programma”.
Nel partito di Giorgia Meloni, insomma, si ragiona già da vincitori, chiamati a “riconciliare” le diverse anime del Paese. E a intrecciare rapporti diplomatici stabili.
Su Repubblica di oggi, Tommaso Ciriaco racconta come il presidente del Copasir Adolfo Urso, parlamentare di Fratelli d’Italia di cui vi avevamo brevemente parlato qui, nei prossimi giorni sarà impegnato in due importanti viaggi diplomatici. Prima si recherà a Kiev, in una missione che proprio nei giorni in cui Salvini torna ad attaccare le sanzioni alla Russia, sembra voler ribadire la collocazione fortemente filo-ucraina di Fratelli d’Italia nel conflitto.
Poi, qualche giorno dopo, sarà a Washington, anche per verificare la disponibilità dell’amministrazione Biden e dell’apparato diplomatico Usa a collaborare con quello che si prospetta come un esecutivo ultraconservatore ma saldamente collocato all’interno dell’Alleanza Atlantica.
I presupposti sono incoraggianti.
E a proposito di partnership atlantiche: anche Giorgia Meloni inizia a pianificare i primi spostamenti all’estero, ormai nel ruolo di favorita per la premiership. E possiamo vantarci di avervi già accennato qualcosa a riguardo ieri: il suo primo viaggio potrebbe essere a Londra, dove incontrerebbe la nuova inquilina del 10 di Downing Street, Liz Truss. Anche lei donna, anche lei membro del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei di cui Meloni è presidente, quest’asse potrebbe acquisire senso anche in un’ottica anti-putiniana, data la posizione piuttosto dura sul tema della nuova prima ministra britannica.
Chi invece nelle terre anglosassoni trova sostegni inaspettati è Giuseppe Conte. Che ieri ha incassato, a sorpresa, una sorta di endorsement piuttosto bizzarro: quello di Donald Trump.
“Sì, ho detto proprio che voterò per lui!”
A una domanda del giornalista di Repubblica Paolo Mastrolilli che gli chiedeva un suo parere sulle elezioni italiane, durante un evento del partito Repubblicano nel New Jersey, Trump avrebbe risposto “How is my guy doing?”, riferendosi proprio a Conte, e aggiungendo “spero che faccia bene”. Persino di fronte ad una precisa domanda su un suo sostegno a Salvini, notoriamente più vicino alle sue posizioni, Trump avrebbe cambiato argomento tornando su Conte e definendolo “una gran brava persona”.
L’ex presidente Usa, insomma, non riesce a smettere di parlare del leader dei 5 Stelle. Come ogni innamorato che si rispetti.
Per Conte, però, si tratta di un capitolo ormai chiuso. La nuova fiamma dell’ex premier, di tutt’altro schieramento politico, sembrerebbe essere Jean-Luc Mélenchon: il leader de La France Insoumise che ha rilanciato la sinistra francese alle ultime elezioni.
Nonché uno che potrebbe spiegare come si usano i social a tutta la classe politica italiana.
Secondo La Stampa, Mélenchon potrebbe arrivare in Italia questa settimana, mentre i più precisi e amanti del rischio sostengono che sarà a Roma mercoledì. Nel suo forte radicamento a sinistra, conservando però allo stesso tempo un’elaborazione teorica “post-ideologica”, il lavoro compiuto da Mélenchon in Francia è un potenziale modello per il ciò che ha in mente di fare Conte sul suo Movimento 5 Stelle, e ottenerne il sostegno sarebbe evidentemente un colpaccio.
Dalla Francia, però, nessuno ha ancora confermato l’interessamento di Mélenchon verso il M5S. Conte aspetta, e in cuor suo spera che qualcuno un giorno, da Parigi, lo chiami “mon homme”.
Noi abbiamo rinunciato alle vacanze per questa newsletter, quindi di viaggi diplomatici non se ne parla nemmeno. Rimaniamo qui, fissi, e ci sentiamo domani come al solito.
Ciao!