Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e c’è stato un momento, qualche mese fa, in cui eravamo preoccupati di non trovare abbastanza materiale per fare una newsletter settimanale sulla politica italiana. Che sciocchi.
Il materiale da meme si raddoppia ogni volta che lo si tocca.
Martedì mattina, il governo ha presentato la manovra per il 2023. I 35 miliardi che la compongono saranno stanziati non appena le camere la approveranno, cosa più probabile che possibile. Il governo, tranne qualche timida manifestazione di insoddisfazione da parte della Lega su flat tax e pace fiscale, è compatto. Le opposizioni no, ma questo già lo sappiamo.
Reminder: potete scriverci per qualsiasi cosa a buoneintenzioninewsletter@gmail.com o ai nostri profili Instagram, @pietroforti.docx e @simonemartuscelli. Se invece volete litigare su questa newsletter come farebbe qualsiasi persona di sinistra, potete inviarla ai vostri amici più polemici tramite il pulsante qui in basso.
Iniziamo.
La manovra è rivolta per due terzi al contrasto della crisi energetica e delle sue disastrose ricadute economiche. Comprensibilmente, di queste misure si è poco parlato: è tutta roba più o meno nota e in buona parte sacrosanta.
In buona parte, dicevamo: un’eccezione va fatta per l’introduzione di un price cap tutto italiano. No, non al prezzo del gas, ma delle rinnovabili, che costituiscono il 42% delle fonti dell’energia elettrica. Qui viene applicata una tassa sull’extraprofitto se il prezzo supera i 180 euro al megawattora.
Poi magari nel duemilamai quando per una settimana in Italia non succede nulla vi raccontiamo della fantastica storia di come la risibile proposta della Commissione europea di tetto al prezzo del gas sia stata bocciata dai ministri europei dell’Energia. Anche i grigi burocrati sanno come divertire e divertirsi.
Ma ciò che caratterizza la manovra (che l’ANSA riepiloga qui) sono le misure più politiche.
E per quanto in effetti questa storia faccia un sacco ridere, non è questa la misura più marcatamente politica della manovra.
Per finanziare la manovra, i soldi sono stati per la gran parte ricavati a debito. Nei prossimi giorni preparatevi a un gran baccano sul resto delle coperture: pare che nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) sulla manovra inviato a Bruxelles manchino coperture per tutto ciò che non verrà finanziato in deficit. La terminologia è chiave: di solito nel Dpb si citano “altre coperture” per massimo un miliardo per non entrare nello specifico di poche decine di milioni di euro. Stavolta le “altre coperture” valgono un terzo della manovra.
L’unica cosa che questo governo non doveva fare era risvegliare la furia di Christine Lagarde. Brace yourselves.
Per trovare risorse aggiuntive, da qualche parte bisognava pur iniziare a grattare il fondo del barile. E quale modo migliore che togliere soldi ai poveri?
Il reddito di cittadinanza verrà completamente abolito entro il 2024 per essere sostituito da “altre misure di sostegno”, come da programma di Fratelli d’Italia. Quali sono queste misure? Ancora non è dato sapersi. Intanto, però, da agosto 2022 660.000 persone “abili al lavoro” smetteranno di ricevere il reddito. Come riassunto dal Sole 24 Ore in un articolo del 31 ottobre scorso, “questi abili al lavoro” sono in gran parte persone che non hanno nessuna possibilità di trovare un’occupazione. Il 70% di esse ha la terza media, il 73% non lavora da più di tre anni.
Persone con la terza media che non lavorano di cui non vi dovrete preoccupare:
Come se non bastasse 135.000 di queste persone hanno più di 50 anni, e chiedere a un over50 di reinserirsi nel mondo del lavoro odierno rasenta il livello di rispetto per i lavoratori che ha il governo del Qatar.
La misura prossima all’abolizione è stata messa a confronto da Repubblica con le misure di contrasto alla povertà e collocamento sul lavoro di Germania, Spagna, Francia e Regno Unito. Il paese che più assomiglia alle idee del nuovo governo (e del Terzo Polo), non a caso, è la Gran Bretagna, dove da 12 anni governano i Conservatori britannici: dopo 4 settimane di sussidio qualsiasi offerta di lavoro va accettata.
Poi ti chiedi se è tutta opera di fantasia.
Peraltro, queste idee si basano sul presupposto che i percettori preferiscano non lavorare per prendere il sussidio, ipotesi smentita dai fatti.
Il governo si sta facendo notare anche per la qualità della propria composizione. Il ministro dell’Ambiente e per la Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ci sta dando tante soddisfazioni.
Cioè abbiamo memato per mesi su first reaction shock e qui neanche un battito di ciglia? La nostra credibilità dov’è?
Matteo Salvini già lo conoscevamo, e la rapidità con cui la credibilità del ministro della Difesa Guido Crosetto è stata demolita dal palese conflitto di interessi è un record di cui andare certamente fieri. Ma nessuno sta dando il meglio di sé quanto il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.
Vero pure che uno che definiva “politica dei narcisi” un approccio meno aggressivo sull’immigrazione qualche sospetto lo destava già da un po’.
Valditara, nel limbo in cui si trova (soldi per la scuola se ne vedono pochini), sta inanellando una serie non indifferente di citazioni da biscotti della fortuna. Qualcuna è una proposta, qualcuna una provocazione, qualcun’altra ancora pura passione per l’orrido.
In queste settimane che sembrano anni sembra ormai passata una vita dalla lettera aperta agli studenti dove definiva le leggi razziali l’interruzione della «piena e felice integrazione fra italiani di religione ebraica e religione cristiana».
Fratello in Cristo, esiste un quartiere di Roma che ancora oggi si chiama letteralmente “Ghetto”.
Pochi giorni prima si era distinto per un altro piccolo scivolone sulla Resistenza, mistificando un po’ la storia familiare per evitare polemiche su una sua presunta simpatia per il fascismo.
Ma è davvero nulla rispetto alle uscite più recenti.
Come da copione, ha attaccato i giovani che percepiscono il reddito di cittadinanza avendo abbandonato gli studi prima del diploma, senza farsi troppe domande sulla possibile correlazione tra abbandono scolastico (che in alcune regioni del Sud tocca il 21%) e povertà.
Ma il meglio l’ha dato qualche giorno dopo. All’incontro Italia – Direzione Nord (*inserire meme di Pikachu con la bocca aperta*) Valditara ha proposto di punire con i lavori socialmente utili gli alunni un po’ problematici che non rispettano le regole – tra cui, ça va sans dire, chi occupa le scuole.
Next up: per sostenere l’artigianato e il made in Italy, acquistare stock di bacchette di legno da mettere a disposizione dei docenti, che le applicheranno poi sulle mani degli studenti.
Non contento delle proprie idee pedagogiche all’avanguardia (che peraltro sono già applicate nella modernissima scuola italiana) ha pensato bene di rincarare: «Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche - evviva l'umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita della personalità - di fronte ai suoi compagni, ci si prende la responsabilità dei propri atti. Da lì nasce il riscatto».
Il ministro, che si era espresso come farebbe una pagina di business mindset esaltando il pubblico ludibrio, effettivamente ha riconosciuto lo sbaglio di forma. Ha poi deciso però di non fare passi indietro sul contenuto: «Ho usato un termine sicuramente inadeguato, confermo il messaggio: imparare l'umiltà di chiedere scusa».
A meno che il ministro non volesse umiliare sé stesso allo scopo di far crescere la propria personalità.
Ora che ha “chiarito”, manca solo un saggio o un tutorial in semplici step in cui il ministro spieghi come “l’umiliazione” dovrebbe spingere l’alunno a diventare uno studente migliore piuttosto che ad arruolarsi nell’ISIS.
Ma di fronte alla prima manovra del governo Meloni, il primo vero provvedimento in grado di far capire la direzione politica dell’esecutivo, come hanno reagito le opposizioni?
Eh.
Tralasciando questa reductio ad Ferrettium, l’unico spiraglio di dialogo sembra essere quello tra PD e M5S, che hanno annunciato di voler scendere in piazza contro le misure contenute nella manovra.
In particolare, il tema che scalda gli animi è ovviamente l’abolizione del Reddito di cittadinanza; che però rischia anche di essere il principale motivo di divisione tra le due parti.
Il capo politico del Movimento, Giuseppe Conte, ha promesso battaglia contro la cancellazione della misura voluta proprio dai pentastellati («Non possiamo permettere un massacro sociale»). Voci dal PD sembrano sostenere la battaglia di Conte, ma con alcune specifiche: «Siamo aperti al confronto, anche se noi abbiamo una piattaforma più ampia, mentre la sua pare concentrata solo sul RdC».
Chi invece andrà certamente per la sua strada è il terzo polo. Nel presentare la sua “contro-manovra”, Carlo Calenda ha chiesto alla premier un incontro “per rivedere i numeri”; una richiesta di confronto che Meloni ha, un po’ a sorpresa, accettato, e che avverrà nei prossimi giorni.
Candidato all’Oscar per “peggior nome di un accordo politico della storia italiana”. E abbiamo avuto il patto della crostata.
Volendo giocare un po’ con la fantasia, le prospettive aperte da questo rendez-vous sono tante: da un possibile accordo per riforme future (presidenzialismo?) ad un soccorso d’emergenza dei centristi a salvare il governo se i rapporti con Forza Italia dovessero diventare più complicati. Ma è un esercizio di fantapolitica che, per quanto ci appassioni, potrà essere valutato solo a posteriori.
“Se non puoi batterli…”
Infine, l’ultimo gruppo parlamentare dell'opposizione, l’alleanza tra Europa Verde e Sinistra Italiana, ha ben altri pensieri per la testa in questo momento.
Nell’ultima settimana infatti, come probabilmente avrete letto, è scoppiato un caso legato ad Aboubakar Soumahoro.
In realtà, parlare di un solo caso è un eufemismo: dopo l’apertura di un fascicolo da parte della procura di Latina su due cooperative gestite dalla moglie e dalla suocera di Soumahoro, infatti, sono piovute sul deputato una quantità di accuse tali per cui non ci stupiremmo di venire a conoscenza della sua implicazione nel caso Moro.
Non possiamo giurare che questa frase sia stata davvero pronunciata da Soumahoro.
Soumahoro si è difeso, in maniera molto discutibile, prima con un video postato sui social e poi con un’intervista a Piazzapulita: in cui però sembra aver chiarito davvero poco delle accuse che gli vengono rivolte. Anche i vertici dei partiti che lo sostengono sembrano essere poco convinti delle sue spiegazioni, e ieri il deputato si è autosospeso dal proprio gruppo parlamentare.
In attesa di ulteriori risvolti giudiziari, se da questa vicenda si può iniziare a trarre qualche conclusione, rimane l’ennesimo hype tradito per un salvatore della sinistra imploso sotto il peso delle sue vicende personali. Se ci si appassionasse un po di più alle idee, e un po’ di meno alle biografie, probabilmente in questo momento staremmo commentando un altro governo.
Per oggi - per vostra fortuna - è tutto.
Anzi no: oggi è anche la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Non abbiamo un bottone che vi ricordi di scendere in piazza domani, quindi proviamo a rimediare scrivendolo qui.
Ci sentiamo venerdì, ciao!