Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
E con questo tweet del nume tutelare di questa newsletter annunciamo che è giunto finalmente il momento del nostro sport preferito: il bombardamento sulla croce rossa, aka la cronaca giornalistica di ciò che avviene nel vasto campo del centrosinistra.
Come al solito, se volete farci i complimenti o segnalarci dei meme interessanti potete scriverci a buoneintenzioninewsletter@gmail.com, o ai nostri profili Instagram, @pietroforti.docx e @simonemartuscelli. Se invece volete invitare altra gente a ridere insieme a noi, potete farlo tramite il pulsante in basso.
Adesso iniziamo.
Ieri sera è arrivato l’annuncio ufficiale della candidatura di Pierfrancesco Majorino alla regione Lombardia per la coalizione di centrosinistra. Ma il percorso che ha portato a questa scelta è stato più che tortuoso, e queste difficoltà hanno molto a che vedere con l’estensione del termine “coalizione”.
Centrosinistra quando gli si chiede di provare a fare qualcosa contro letteralmente il fascismo:
Tutto è nato con l’equivoco Moratti.
No, non lui.
Il 2 novembre Letizia Moratti si è dimessa dalla carica di vicepresidente della Lombardia. Per settimane, l’ex sindaca di Milano era sembrata un personaggio in cerca d’autore: prima autocandidata alla presidenza della regione per il centrodestra (per eccesso di meme linkiamo la reazione di Fontana); poi tra i nomi in lizza per il ministero della Salute e come AD delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026.
Nel mentre, il centrosinistra discuteva nomi e perimetro della propria proposta politica per le elezioni. In un primo momento lo schema doveva tenere insieme PD e Azione/Italia Viva, con il nome di Carlo Cottarelli in pole per la candidatura. Ma chi segue la politica italiana, o almeno questa newsletter, sa che sta per arrivare il momento della locura.
Quattro giorni dopo, Moratti annuncia la sua candidatura alla regione Lombardia con il sostegno di Azione e Italia Viva.
Qui Simone che si reca al Pirellone per complimentarsi con la (il?) presidente Moratti.
Con l’ennesimo harakiri renzo-calendiano, il PD è così riuscito a sperimentare un’insolita situazione di lose-lose: appoggiare Moratti, perdendo di sicuro la faccia e probabilmente anche l’elezione; o separarsi dal terzo polo per conservare una qualche dignità, rendendo però l’elezione che dovrebbe tenersi il 12 febbraio una pura formalità per incoronare Fontana. Un dibattito inutile che, come tutti i dibattiti inutili, sta appassionando il centrosinistra.
Questo ma con un’accezione positiva.
La linea che ha avuto la meglio, a meno di clamorosi scossoni dell’ultimo minuto, è quella della separazione dal terzo polo, che ha portato il Partito Democratico verso uno schema simile a quello delle ultime politiche: una coalizione con +Europa, Verdi e Sinistra Italiana, che sembra per ora tenere fuori i 5 Stelle.
Ma anche la scelta del nome non è stata semplice. E ha chiamato in causa l’eterno dibattito sulla validità o meno dello strumento delle primarie.
Il primo a rompere gli indugi autocandidandosi era stato Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa del comune di Milano. Per un po’ è sembrato che quello di Maran fosse l’unico profilo in campo - una figura, per giunta, molto gradita al terzo polo in un estremo tentativo di riconciliazione. Ma quando è apparso chiaro che la partita si sarebbe giocata con altri schemi, anche il PD ha cambiato la propria tattica. Dovendo cercare l’appoggio di Verdi e Sinistra Italiana, il Partito Democratico ha proposto all’assemblea di coalizione il nome di Majorino, senza passare dalle primarie.
Ironico, per un partito con quel nome. Ma se le consultazioni interne devono essere semplice validazione passiva di una linea politica decisa in altri contesti, saltare questo passaggio è, tutto sommato, se non altro meno ipocrita.
Discorso diverso, eppure molto simile, per il Lazio.
La regione è orfana di Nicola Zingaretti, che l’ha governata per dieci anni. Qui il candidato del Partito Democratico è già stato scelto senza diritto di appello: sarà Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della giunta guidata dall’ex segretario del PD. D’Amato è noto alle cronache soprattutto per il lavoro svolto nel contrasto alla pandemia da COVID-19, con una delle campagne vaccinali più veloci ed efficaci d’Italia. E qualche sparata un po’ sopra le righe.
I ruoli nel fuoco incrociato di Terzo Polo e 5 Stelle qui si sono invertiti. A scompigliare le carte del PD è stato Giuseppe Conte, che ha chiuso all’alleanza coi dem in maniera piuttosto violenta nonostante nel Lazio i due partiti governassero insieme e nel 2018 avessero conquistato quasi il 60% dei voti.
L’agone politico italiano è quella cosa per cui nella regione in cui già governi decidi di perdere, e apri alle alleanze in regioni dove le tue possibilità di vincere pur correndo insieme sono inferiori allo zero.
A quel punto il PD è stato ben felice di accontentare Carlo Calenda, che chiedeva già da un po’ a gran voce la candidatura di D’Amato.
Qui Pietro mentre scommette tutti i suoi risparmi sulla rottura tra Calenda e PD anche se il Terzo Polo ha ottenuto tutto ciò che chiedeva. Enrico Montesano è stato tagliato perché siamo cancelculturisti.
Nel Lazio, comunque, per il centrosinistra butta male ugualmente. Così come successo al livello nazionale alcuni consensi a sinistra potrebbero essere rosicchiati dai 5 Stelle, che peraltro l’Alleanza Verdi-Sinistra vorrebbe nella coalizione. Al momento il tavolo della coalizione è sospeso, e la nostra ormai palese ludopatia politica scommette sulla sua non riapertura.
No, neanche noi abbiamo capito perché il centrosinistra tenta a tutti i costi di unire PD, 5 Stelle e Terzo Polo anche se palesemente hanno storie, obiettivi e idee diverse. Sì, andranno divisi e perderanno anche nel Lazio, almeno secondo qualche sondaggio.
Ma febbraio potrebbe essere un mese di passione anche per un altro grande appuntamento, classico intramontabile dell’orrore.
Dai, veniteci a dire che non assomiglia neanche un po’ a Dario Nardella.
Presto saranno passati due mesi dalle elezioni e del congresso del PD (e relative primarie) si sa ancora pochino. Chi è in testa per la vittoria finale spinge per accelerare i tempi: Base riformista (gli ex renziani) sostengono uno Stefano Bonaccini che scalpita per un congresso in tempi più brevi. Da mesi, persino da prima delle elezioni.
Teoricamente le primarie dovrebbero tenersi il 12 marzo, ma potrebbero essere anticipate. Andiamo con ordine.
Secondo quanto riportato da Daniela Preziosi su Domani la corrente di sinistra del partito, vuole un congresso in tempi più distesi. Questo, ovviamente, perché non ha idea di chi candidare. A domanda di Preziosi su Schlein, l’ex ministro Andrea Orlando risponde con una supercazzola di quelle da consumato dirigente dem.
«Eh?» «Suca!»
Enrico Letta, intanto, si era nascosto dietro la volontà di “aprire il PD” a chi non è iscritto per avere un processo più orizzontale e plurale. E dunque più lungo.
In effetti.
Una buona motivazione per cui questo processo vada allungato sta nelle regionali di cui vi abbiamo appena parlato. Meglio avere un leader già uscente e ampiamente esautorato da incolpare per le ulteriori sconfitte che una segreteria nuova di zecca da macchiare subito con una batosta in due regioni chiave.
Ma come spiega Giovanna Vitale su Repubblica, Letta non avrebbe poi così voglia di prestarsi al gioco, e preme anche lui sull’acceleratore.
La spericolata accelerazione del congresso PD.
A proposito di Elly Schlein.
Venerdì scorso l’ormai ex vicepresidente della regione Emilia-Romagna ha comunicato con una diretta su Instagram di voler partecipare al “percorso costituente” del partito. Del quale ha evidentemente già introiettato linguaggi e strategia di comunicazione, perché è riuscita a non dire se ha intenzione o meno di candidarsi alla segreteria.
Un’abilità dimostrata anche questa mattina in un’intervista su Repubblica.
Con i due favoriti che nicchiano, altri candidati stanno facendo più decisi passi in avanti per guadagnarsi 15 minuti di celebrità nel pieno del caos. Ad aggiungersi a Paola De Micheli, a cui va il merito di essersi candidata due giorni dopo la sconfitta del 25 settembre nel pieno dello psicodramma del centrosinistra, sembra esserci il sindaco di Pesaro e presidente dell’Associazione delle autonomie locali Matteo Ricci.
Infine, Dario Nardella ha convocato per sabato 26 un’assemblea a Roma in cui potrebbe annunciare la sua candidatura per il ruolo da protagonista in Psycho per la corsa a segretario del PD.
Militanti e simpatizzanti del PD attendono il loro turno fuori dai gazebo, pronti a partecipare a questo entusiasmante esercizio di democrazia e partecipazione.
Questa parentesi sulle opposizioni finisce qui, per ora. Ci torneremo, ovviamente; ma con un governo così, il tempo di distrarsi è poco.
“Mamma guarda! Senza mani!” e altri tentativi di richiamare la nostra attenzione.
Ci sentiamo venerdì prossimo, ciao!