Nulla mischiato con niente
Solo cose prevedibili: Bankitalia stronca la manovra e Schlein si candida segretaria del PD.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e anche se ieri era l’8 dicembre, ci dispiace comunicarvi che non abbiamo un albero di Natale a tema Calenda per voi.
Ma magari qualche foglia vi avanza da qui.
Quella che si avvia finalmente alla conclusione è stata una settimana priva di grandi novità, che ha portato soprattutto nuovi sviluppi in vicende nate già qualche tempo fa. Questo, però, ci consente anche di fermarci ad approfondire meglio temi su cui, per esigenze di spazio, abbiamo potuto soffermarci solo più superficialmente.
Quindi, iniziamo.
Il governo Meloni ha deciso di rispettare le aspettative vigenti nei confronti di qualsiasi esecutivo di destra che si rispetti, e di scontrarsi frontalmente con le istituzioni economico-finanziarie con cui potrebbe andare d’amore e d’accordo.
(Per dire, sulla possibilità di pagare più la gente a fronte di un aumento dei prezzi mai visto dalla fine degli anni Settanta le posizioni coincidono.)
«Da Via Nazionale mi aspetto solo cose belle».
(Memare sull’attuale governo con riferimenti al mafioso più famoso di sempre, cosa mai potrebbe andare storto?)
Bankitalia lunedì ha stroncato la manovra.
Punti non sorprendenti della bocciatura:
• L’introduzione della proto-flat tax per le partite IVA «pone un rilevante tema di equità orizzontale» e rischia di «incentivare l’evasione per evitare l’aggravio fiscale». In sostanza, chi ha ricavi superiori alla soglia degli 85mila euro non dichiarerà proprio tutto tutto pur di rientrare nell’area tassata;
• Ovviamente l’innalzamento al tetto del contante e le limitazioni sull’uso del POS sono stati definiti «in contrasto con la spinta alla modernizzazione del Paese».
Punto sorprendente della bocciatura: alcune delle stoccate più importanti sono state sul reddito di cittadinanza, misura che andrebbe riformata e non sostituita da un nuovo strumento (nessun update su quale dovrebbe essere) in virtù del fatto che i “fannulloni” sono solo il 23% di coloro che hanno giovato della misura dal 2018 a oggi.
La risposta del governo? «Le critiche di Bankitalia? Non mi sorprendono. Bankitalia è partecipata da banche private».
Il rischio che questo meme finisca sulla pagina di Matteo Salvini è medio-alto.
Come nella migliore tradizione della classica strigliata all’esecutivo politico da parte di istituzioni non elettive, le osservazioni di Bankitalia erano solo un preludio a quanto aveva da contestare la Commissione europea.
La maggioranza di governo ora, però, si appella a un parere positivo da parte del Consiglio europeo, che tra le norme anti-riciclaggio ha inserito anche il tetto al contante a 10.000 euro. Secondo il ministro delle Finanze ceco Zbynek Stanjura (la Repubblica Ceca è presidente di turno dell’UE – e, incidentalmente, governata da un partito alleato di Meloni in Europa) «i pagamenti in contanti di importo elevato, oltre i 10.000 euro, diventeranno impossibili».
Chi interpreterebbe Anakin e Palpatine in un reboot de La Vendetta dei Sith ma con gli evasori italiani? E perché proprio Andrea Agnelli e Pavel Nedved?
E nonostante la fiducia incrollabile di Salvini nelle istituzioni italiane (e a questo punto anche europee, anche se per i motivi sbagliati), il Sole 24 Ore giustamente coglie l’occasione per ricordare che nella riscossione dell’IVA siamo ancora i peggiori in Europa, e di molto.
Ma c’è vita anche fuori dalla maggioranza. Più o meno.
Come vi anticipavamo la scorsa settimana, Elly Schlein ha ufficializzato la sua candidatura alla segreteria del PD. Nonostante fosse una notizia nell’aria ormai da settimane, le reazioni sono state abbastanza scomposte.
Critica più moderata da parte della destra sarà piace:
Non tanto per quanto riguarda la reazione entusiasta da parte degli elettori più progressisti: la discreta fiducia nella figura di Schlein sembra ancora sepolta sotto una coltre di disillusione che sarà difficile da diradare. A dominare il dibattito pubblico nei giorni successivi alla candidatura sono stati invece i detrattori dell’ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna. Di qualsiasi colore politico, come vedremo.
Da destra, ma non solo, le accuse sono piovute principalmente sul background personale di Elly Schlein: oltre ai più intrepidi amanti del rischio che ne criticano le origini ebree, Schlein sarebbe colpevole di provenire da una famiglia ricca e borghese (entrambi i genitori erano professori universitari) e quindi lontana dai bisogni delle classi popolari.
Ora, nulla di tutto ciò è falso. E tuttavia d’altra parte (licenza poetica), “ricca, borghese e lontana dalle classi popolari” sarebbe una perfetta definizione per la classe dirigente del PD in blocco.
L’umile milieu familiare in cui è cresciuto l’ultimo segretario del PD.
Schlein non sarà di certo colei che farà saltare il banco, e il suo progetto politico parte già da ora con mille handicap: chiunque abbia provato ad entrare nel PD per trascinarlo a sinistra, da solo/a e senza un’operazione di ricambio strutturale della classe dirigente e dei militanti, è stato cambiato più di quanto non sia riuscito a cambiare.
Ma Schlein ha il merito, per ora, di provare a portare nel Partito Democratico parole d’ordine un minimo più radicali. Per chi crede ancora in un PD compiutamente socialdemocratico, Schlein è probabilmente la migliore opzione possibile. Chi guarda alla costruzione di una sinistra “di classe”, forse sbaglia a buttare l’occhio sulle vicende in casa PD.
All’interno del partito, invece, come da tradizione le reazioni sono uscite dai binari della critica per entrare in quelli dello psicodramma.
Il più duro è stato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che ha paventato la possibilità di abbandonare il partito nel caso in cui Elly Schlein dovesse uscire vincitrice dal congresso. Per Gori il rischio sarebbe quello di una “deriva francese” della sinistra italiana, in un grande classico delle Cose che la destra dice che sarebbe una figata se fossero vere.
This is Fb not an airport, No need to announce your ingresso nel centrodestra. Oggi va così, viva le tag page.
Per il resto, le manovre di riposizionamento delle varie correnti procedono incessantemente. Darne conto oggi, senza un quadro chiaro dei candidati in campo, sarebbe un esercizio inutile.
Un modo paraculo per dire che non ci abbiamo capito nulla neanche noi.
La notizia di oggi, ad esempio, è che il sindaco di Pesaro Matteo Ricci ha ritirato la propria candidatura e sosterrà, invece, quella di Stefano Bonaccini. Su Ricci, come vi raccontavamo settimana scorsa, sembrava potesse convergere una discreta parte della sinistra PD, in particolare l’area che fa capo al deus ex machina Goffredo Bettini. Invece, il sindaco di Pesaro si è sfilato dalla corsa nella stessa conferenza stampa in cui si è detto preoccupato della pericolosità delle primarie a due che mettono in discussione l’unità del partito. Il militante dem più razionale.
L’unità del PD a questo punto è affidata a Paola De Micheli. Il migliore dei mondi possibili.
Prima di chiudere, una rubrica che avrà vita così breve da poter essere abortita legalmente perfino negli Stati Uniti: gli Aggiornamenti periodici sull’esistenza di Articolo Uno.
Nell’ordine:
Massimo D’Alema si è reinventato consulente per la cordata qatariota interessata all’acquisizione della raffineria Isab di Priolo, che verrà sottratta a Lukoil per impedirne la chiusura visto l’embargo sul petrolio russo. Ѐ solo questione di tempo prima di vederlo a Doha con una bandiera del Marocco intorno alle spalle.
Da avversari per il controllo del PD a pretendenti per un titolo nobiliare in qualche monarchia mediorientale.
Roberto Speranza è riuscito nell’impresa di farsi blastare da Giovanni Floris: quando a Dimartedì l’ex ministro della Salute ha avanzato la millesima proposta di ridenominazione del PD, suggerendo la dicitura “Partito Democratico e del Lavoro”, il conduttore gli ha risposto: “Vabbè, tipo Istruzione e Merito…”; facendo fare una figura dignitosa perfino al nostro idolo Valditara.
Infine, Pier Luigi Bersani è stato protagonista di un siparietto con il direttore di Libero Alessandro Sallusti. Sallusti ha pubblicato sul suo quotidiano una foto di Bersani in uno store di Louis Vuitton, ironizzando sul “paladino della sinistra operaia” che frequenta “le stesse boutique dei milionari”. Il direttore di Libero ha poi raccontato di aver ricevuto un messaggio in privato dallo stesso Bersani, che gli faceva notare come quella foto avesse rovinato la sorpresa per il regalo di Natale della moglie. L’unico commento possibile lo ha rilasciato lo stesso Sallusti: «Mi sono sentito una merda, come poche volte mi è successo in carriera».
Un altro folgorato sulla via di Bettola.
Non abbiamo davvero più nulla da dirvi, e l’esserci inventati la rubrica più inutile del mondo ne è la testimonianza.
Ci sentiamo venerdì prossimo, sperando di non essere costretti ad un numero monografico su Angelino Alfano.
O un’inchiesta sul futuro di Luigi Di Maio.
Ciao!