Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e questa è la prima newsletter di dicembre. Molti di voi ieri hanno iniziato ad aprire le finestrelle del calendario dell’Avvento, e noi non potevamo essere da meno.
Il web è un posto magnifico. Qui il calenda(rio) completo.
Ma al di là dei meme, dicembre è anche il mese in cui tutte le attenzioni dell’esecutivo sono concentrate all’approvazione della legge di bilancio; misura che quindi monopolizzerà un po’ anche questo spazio nelle prossime settimane.
Ma negli ultimi sette giorni non c’è stata solo la manovra. Purtroppo.
Quindi, iniziamo.
La legge di bilancio, dicevamo.
Martedì, come vi anticipavamo nella scorsa newsletter, si sono incontrati la premier Giorgia Meloni e il leader di Azione Carlo Calenda. E a quanto pare, Calenda ne è uscito più che soddisfatto.
"She's going to break your heart in two / It's true"
In un’intervista rilasciata alla Stampa il giorno dopo, Calenda afferma che le due delegazioni sono “entrate nel merito” riguardo a molti temi: energia, impresa 4.0, reddito di cittadinanza, Italia sicura e sanità. E sostiene di aver ricevuto aperture su diverse proposte.
Da una prospettiva più “politica”, inoltre, Calenda non solo parla della leader di Fratelli d’Italia con toni entusiastici («La chiami “chimica”, se vuole»), ma ne prende anche le difese contro gli attacchi di Forza Italia («Vuole sabotare il governo di cui fa parte, non lo trovo lodevole come intento»).
Da questo punto di vista, però, l’incontro tra i due sembra non aver scontentato solo parte del governo: anche il PD non ha apprezzato particolarmente l’entusiasmo di Calenda verso la premier.
Del resto, al Nazareno sembrano avere molto tempo da perdere.
Ma lo scontro interno alle opposizioni si è consumato anche su un altro tema: quello del salario minimo.
Il 30 novembre la Camera ha votato cinque mozioni sul salario minimo, una contraria all’introduzione (proposta dal centrodestra unito) e quattro mozioni favorevoli, in misura diversa (da parte di PD, Movimento 5 Stelle, Azione/Italia Viva e Alleanza Verdi/Sinistra).
Già questo basterebbe, oltre che a lasciar immaginare l’esito della votazione, a dare un’idea della frammentarietà del campo delle opposizioni. Ma queste ultime hanno deciso di complicare il tutto con un complesso sistema di specchi, leve, astensioni e voti contrari che Pagella Politica ha riassunto bene qui.
Menzione a parte merita invece il vero mattatore della settimana, Matteo Salvini.
Il leader della Lega prima si è lanciato in una strampalata difesa del progetto del Ponte sullo stretto (sì, proprio lui). Con argomentazioni solide come “Gli uccelli non ci andrebbero a sbattere contro, mica sono scemi” e “in Sardegna un ponte è bloccato per tutelare le trote”.
Eppure, per la Lega, la tutela delle trote era fino a poco tempo fa una priorità.
Poi, proprio oggi, ha difeso la scelta di alzare a 60€ il limite entro il quale gli esercenti non sono obbligati a fornire la possibilità di pagare con il Pos. Il motivo? “Chi paga il caffè con la carta è un rompiballe. Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat”. Avviando potenzialmente una gara a chi trova la nostalgia più stupida.
Su questo tema, però, si sono sollevate delle voci contrarie non da poco. Prima da Bruxelles, con l’esecutivo italiano che ha dichiarato di aver avviato “un dialogo” con la Commissione UE riguardo all’obbligo del Pos. Poi, direttamente dal Quirinale: Mattarella, in visita in Svizzera, ha tenuto a ribadire la gravità del problema dell’evasione fiscale per l’Italia. Un messaggio, non troppo velato, a misure come la rimozione del tetto al contante o, appunto, il limite al Pos.
Infine, tra le altre cose si è deciso per la proroga dell’invio di armi all’Ucraina per il 2023. Nessuna sorpresa, ma ciò che ha fatto discutere è stato l’iter: il governo aveva inizialmente inserito la proroga in un emendamento di un decreto che nulla aveva a che fare con la materia, e che prevedeva misure per la sanità in Calabria o per la partecipazione italiana ad una iniziativa NATO. Le opposizioni, nomen omen, si sono opposte, e alla fine hanno ottenuto l’approvazione di una mozione parlamentare sostenuta da tutta la maggioranza più PD e Azione/IV. A Reggio Calabria, dove ad un certo punto si è temuto di vedersi recapitati armamenti mai richiesti, si tira un sospiro di sollievo.
L’alluvione che ha colpito Ischia e devastato il comune di Casamicciola Terme ha occupato gran parte del dibattito politico della settimana che si sta per concludere. Erano vent’anni che sull’isola non cadeva così tanta pioggia, 126 millimetri in sole 6 ore. La mole abnorme della precipitazione, evento per cui l’isola era ampiamente impreparata, ricorda quanto successo appena un paio di mesi fa nelle Marche, quando la quantità d’acqua caduta in un tempo simile era addirittura superiore (e di molto).
Finalmente la politica italiana si occuperà dei devastanti effetti della crisi climatica, vero?
A differenza dell’alluvione che aveva devastato le province di Ancona e Pesaro-Urbino, tuttavia, il grosso dei danni è stato causato da una frana e violenta colata di fango. In un’inquietante intervista rilasciata alla Stampa il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, ha evidenziato che il 94% dei comuni italiani è minacciato da rischi legati al dissesto idrogeologico.
Ma è della regione Campania che parliamo. Si potrà mica sprecare tempo a parlare di soluzioni a una minaccia che potrebbe continuare a fare morti su morti nel breve termine?
Se ve lo siete perso, potreste deliziarvi con questo simpatico siparietto. L’inviato di Mattino Cinque invita gli angeli del fango (volontari) ad “andare a lavorare”, rassicurandoli perché «nessuno parla di abusivismo».
L’immancabile ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin aveva offerto la sua soluzione al problema prima dell’invito alla smentita da parte della stessa Giorgia Meloni: «Basterebbe mettere in galera il sindaco e tutti quelli che lasciano fare», perché «i sindaci non devono lasciar costruire».
L’argomento centrale nel breve e focoso dibattito, si è capito, è stato l’abusivismo. È bastato molto poco perché la discussione si spostasse su una rincorsa alle colpe in merito, e guarda caso proprio Ischia era finita nell’occhio del ciclone nel 2018. Al centro c’era un altro disastro, quello del Ponte Morandi di Genova, e nel decreto che destinava fondi per la ricostruzione comparì un emendamento che prevedeva un sostanzioso condono per le case ricostruite (anche abusivamente) dopo il terremoto che aveva colpito proprio Ischia l’anno prima.
Attualmente, il ministero in mano a quest’uomo nel governo Conte I è affidato a Salvini. Provate a dormire stanotte.
Lo scontro, come nelle migliori tradizioni già stabilite nell’ancor breve vita di questa XIX legislatura, è stato quasi tutto interno all’opposizione, con l’aiuto di qualche stoccata da parte della stampa di destra (coadiuvata, peraltro, dall’ex senatore 5 Stelle Gregorio De Falco).
Solito copione: il Movimento 5 Stelle si smarca dalle accuse, Renzi attacca Conte, il PD si barcamena.
Intanto, lo stanziamento iniziale di 2 milioni per riparare i danni è stato rimpinguato dal Consiglio dei ministri con altri 10 milioni. Con ogni probabilità arriveranno altri fondi per la ricostruzione con la discussione della manovra, che ha previsto 400 milioni per i territori devastati dall’alluvione marchigiana.
La legge di bilancio, però, si approva una sola volta all’anno. Se il “maltempo” dovesse continuare a flagellare l’Italia in inverno o primavera ci sarà veramente poco da ridere.
Meanwhile, nel meraviglioso e sterminato mondo delle nomine del governo Meloni: lunedì è stato appuntato un nuovo consigliere del ministero della Cultura che curi il rapporto con le generazioni più giovani.
Bene, altro uomo sessantenne in giacca e cravatta.
In realtà di anni Francesco Giubilei ne ha trenta, ma ha un percorso quasi decennale nei circoli dell’editoria della destra italiana. Se conoscete la faccia, forse vi era comparso tra i suggerimenti di YouTube questo video di Vice, dove aveva deliziato il pubblico con la più classica delle supercazzole per chi non vuole essere costretto a dirsi fascista o antifascista.
Nel 2013 ha fondato la casa editrice Giubilei Regnani, ma finora è conosciuto come editorialista del Giornale e per l’attività di altri due think tank “conservatori” da lui fondati e presieduti, Fondazione Giuseppe Tatarella e Nazione Futura. Quest’ultimo è un «think tank prepolitico spoglio da ogni sigla politica», che ospita – guarda caso – svariati esponenti politici di destra nel suo comitato scientifico, tra cui alcuni ex-parlamentari di Alleanza Nazionale, Popolo della Libertà e Lega. Il membro di spicco, oltre a Giubilei, è senz’altro l’attuale ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara.
Quest’uomo è un meme che cammina, e vi consigliamo di seguirlo molto da vicino. Il ministero della Cultura con lui, Sgarbi e Morgan dentro potrebbe diventare una sorta di gioca jouer della sparata.
Occhio perché potrebbe istituzionalizzarsi in fretta e non offrire più certi gioiellini.
Per oggi chiudiamo qui, non prima di una piccola anticipazione su un possibile tema del prossimo numero.
Finalmente qualcosa per il congresso PD sembra muoversi, e dopo la candidatura di Stefano Bonaccini, anche l’altra grande favorita sembra essere pronta a fare un passo in avanti: Elly Schlein ha convocato un’assemblea per domenica a Roma in cui dovrebbe annunciare la sua candidatura alla segreteria.
Lo farà al Monk, circondata da falsi nerd con gli occhiali da nerd, radical chic senza radical e Vasco Brondi, che appoggiato sul muro parla con la ragazza di qualcuno.
Le velleità ti aiutano a dormire.
Intanto, alcuni esponenti della “sinistra PD” (cioè Andrea Orlando e Goffredo Bettini) hanno deciso di anticiparla: non la appoggeranno, e probabilmente le preferiranno Matteo Ricci, sindaco di Pesaro.
Sarà un congresso meraviglioso.
Noi ci sentiamo venerdì, ciao!
Bravi 👍