Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e tra due giorni è Natale. Il che, per chi segue la politica italiana, significa che è arrivato il momento in cui l’iter di approvazione della Legge di bilancio diventa assolutamente pazzofurioso.
Ma ormai, come sa chi ci ha seguito quest’estate, siamo abituati a rovinarci le vacanze.
Ma non c’è solo la Manovra in questo numero: lo scandalo al Parlamento europeo continua a mietere vittime, e ci sono nuovi aggiornamenti sulle elezioni regionali di febbraio prossimo.
Prima di iniziare, per tutti i nuovi arrivati e non solo, un piccolo reminder che mancava da un po’: potete scriverci per qualsiasi cosa, anche per mandarci gli auguri la sera di Natale, a buoneintenzioninewsletter@gmail.com, o ai nostri profili Instagram, @pietroforti.docx e @simonemartuscelli.
Ma se in questi mesi avete imparato a volerci bene, c’è un solo vero regalo che potete farci: parlare di questa newsletter al pranzo di Natale. In alternativa, potete farci conoscere attraverso metodi meno litigiosi, tipo premendo il pulsante in basso e invitando un vostro amico/parente ad iscriversi. Se siete in ritardo con i regali, pensateci: è gratis.
Dopo questa intro più lunga del solito, iniziamo.
Premessa: la manovra - che verrà approvata verosimilmente entro il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio - potrebbe ancora subire alcune modifiche in questi ultimi giorni rispetto alla versione di cui parliamo ora. Altra premessa: non ci soffermeremo su tutte le misure. Anche perché, anche solo considerando le polemichette della settimana (l’emendamento sulla caccia, ad esempio), ci sarebbe materiale per una nuova newsletter giornaliera.
Un incubo a cui preferiremmo non ritornare.
Proveremo invece a dare un’interpretazione dell’insieme dei provvedimenti che compaiono nella Legge di bilancio. Anzi, soprattutto di quelli che non compaiono. Il Miracolo nella 34esima strada di questa Manovra, infatti, è la scomparsa di tutte le proposte di bandiera per cui il centrodestra aveva dato battaglia negli ultimi mesi.
Che alcune misure fossero destinate ad essere ridimensionate, almeno nella prima Legge di bilancio, era chiaro dal 26 settembre. Se non prima.
Sulla flat tax, ad esempio, la stessa Giorgia Meloni aveva, come vi raccontavamo già in campagna elettorale, frenato in parte i sogni di gloria di Matteo Salvini. Il leader leghista sperava di applicare la tassa unica in maniera strutturale, mentre Meloni ne proponeva l’estensione limitata alle partite IVA con un fatturato fino a 100k l’anno. La versione finale contenuta in questa Manovra è ancora meno ambiziosa: il tetto al fatturato è fissato ad 85mila euro rispetto agli attuali 65mila.
Quest’estate, inoltre, avremmo potuto campare tranquillamente di meme sulle uscite di Berlusconi, che sin dai blocchi di partenza della campagna elettorale aveva dato il meglio di sé. Per esempio, promettendo di portare le pensioni minime a mille euro. Saranno alzate invece a 600 euro, ma solo per chi ha più di 75 anni.
Sulle pensioni punto interessante è stato fatto da Ivan Pedretti, segretario del Sindacato Pensionati Italiani (CGIL): i tagli alla sanità presenti in manovra colpiscono soprattutto i più deboli. Il che in molti casi vuol dire letteralmente “i più vecchi”: non un grande regalo ai pensionati.
Come faceva notare Adriana Pollici sul Manifesto qualche settimana fa, in ambito salute pubblica il governo non sta facendo grandi regali al suo ministro tecnico, Orazio Schillaci.
Voi immaginatevi essere quest’uomo: l’elettorato della maggioranza che sostiene il tuo governo ti odia per le tue posizioni sui vaccini e verosimilmente gli altri ti odiano perché il tuo governo taglia fondi con cui avevi promesso di fare grandi cose. Cucciolo.
L’ultimo cedimento del governo, in ordine cronologico, è quello sulla soglia dei pagamenti con il POS. Con un emendamento, infatti, è saltata la norma che obbligava i commercianti ad accettare pagamenti con il POS solo al di sopra dei 60 euro, su cui si era discusso a lungo nelle scorse settimane.
Meloni ha promesso che troverà comunque un modo per sostenere i commercianti gravati dal peso delle commissioni bancarie, cercando di sottrarre a Matteo Salvini lo scettro di “luddista dell’anno”.
E in questa settimana si è anche parlato di abolire lo SPID, se ve lo foste perso.
Il dietrofront sul POS, di per sé non particolarmente rilevante, ha però un peso specifico molto elevato perché nell’impossibilità di tenere fede a gran parte delle promesse vista la congiuntura economica, sembrava poter rappresentare una misura identitaria da portare facilmente a casa. E invece.
Tornando alla grande campagna elettorale che abbiamo alle spalle: una proposta che aveva scatenato nei liberali il demone mai realmente sopito del rossinerituttuguali riguardava le sorti di ITA Airways. Fratelli d’Italia aveva marcato la propria differenza con il governo precedente chiedendo una forte presenza statale nella proprietà della compagnia. Ma quando si è trattato di arrivare al dunque è diventato evidente che i soldi per la manovra da qualche parte andavano trovati, e che la privatizzazione definitiva di ITA poteva essere d’aiuto.
Di fronte all’interesse di Lufthansa, quindi, l’Italia potrebbe non avere più una vera e propria compagnia di bandiera. Cosa che non si sposa esattamente con la narrativa nazionalistica che Meloni ha costruito intorno al proprio partito.
Questa battuta però con “Alitalia”.
A proposito di soldi: comunque la pensiate sulla manovra, è innegabile che il governo nel passaggio della legge di bilancio in parlamento abbia visto i sorci verdi. Manca poco alla fine di dicembre, e come faceva notare oggi la Stampa la manovra per il 2023 è un colabrodo che andrà rattoppato in fretta e furia. E verrà “sanato” cancellando ulteriori buoni propositi (come i 450 milioni di euro promessi in sostegno dei Comuni) che neanche riguardavano le promesse fatte in campagna elettorale.
Di fronte ai soldi che non ci sono, Meloni ha ribadito il suo statuario no al ricorso al famigerato MES, il fondo “salva-Stati” famoso per imporre misure di austerità particolarmente dure agli Stati che ne vogliono usufruire.
Di questo passo non ci stupiremmo troppo se nel governo si dovesse aprire qualche crepa aperturista su quest’argomento.
Del “Qatargate” avevamo parlato diffusamente la volta scorsa. Di novità non ce ne sono moltissime, a esser sinceri. Fatta eccezione per le sorti di Eva Kaili.
Inserire qui tutte le battute sull’impossibilità di mangiare il panettone.
L’ex vicepresidente del Parlamento europeo si è vista negare la possibilità di passare il Natale con sua figlia in semilibertà. Intanto è stata negata l’estradizione per la figlia di Antonio Panzeri, coinvolta anche lei nell’indagine della magistratura di Bruxelles insieme alla madre, Maria Dolores Colleoni.
La causa della mancata estradizione di Silvia Panzeri? Il sovraffollamento delle carceri belghe. Quanto meno ironico visto quanto, con il procedere dell’inchiesta, potrebbero riempirsi ulteriormente.
E poi diciamo che le carceri italiane hanno la tendenza a non essere propriamente arieggiate.
A proposito del procedere dell’inchiesta: sia Francesco Giorgi (ex assistente parlamentare di Panzeri, compagno e madre della figlia di Kaili) che l’ex vicepresidente sono stati interrogati a lungo dalle autorità belghe. Diciamo che ogni interrogatorio ha i suoi bei momenti in cui l’inchiesta si tramuta in telenovela. Tipo quello in cui Eva Kaili per smarcarsi dalle accuse sostiene che la quantità di denaro contante trovata in casa sua (150.000 euro) non fossero per lei ma per Giorgi. E che questi avrebbe tradito la sua fiducia.
Ma finché non vedremo una scenata à la Soraya Montenegro in cui Massimo D’Alema tira un pizzone a Roberto Speranza per la gestione dello scandalo non ci riterremo soddisfatti.
La difesa di Kaili ha attaccato pesantemente la gestione dell’inchiesta, piena di “violazioni” dell’obbligo legale a mantenerne la segretezza. In sostanza, dice che i magistrati parlano troppo con la stampa. Altra cosa a cui in Italia non siamo per niente abituati.
[TW: accuse di Kaili riportate dal Fatto da prendere con molle alte un metro e mezzo]
I massimi interpreti italiani del genere, ovvero i giornalisti del Fatto Quotidiano, hanno messo le mani sui verbali dell’inchiesta e in particolare dell’interrogatorio di Kaili. E ne hanno rilasciati ampi tratti, in cui la socialista greca per difendersi spara a destra e manca, arrivando a sostenere che due europarlamentari PD di un certo livello (ovvero Brando Benifei e Alessandra Moretti) sarebbero coinvolti nel giro di Panzeri.
Ma la figura da tenere sott’occhio è un altro europarlamentare PD, a cui Giorgi ha fatto da assistente da quando Panzeri ha finito il suo mandato al momento dell’arresto: Andrea Cozzolino, deputato al Parlamento europeo dal 2009 e nome storico della sinistra in Campania. Ha rinunciato all’immunità parlamentare e ha chiesto di essere ascoltato dalla magistratura belga dichiarandosi estraneo ai fatti.
Intanto, prosegue la serie di trollate a opera del presidente di uno dei pochi Stati membri più corrotti dell’Italia.
Infine, guardando al nuovo anno, iniziano a delinearsi i confini di quello che sarà il primo banco di prova elettorale del 2023: le regionali di febbraio in Lazio e Lombardia.
Nel Lazio, mentre la scelta del centrosinistra è da tempo ricaduta sull’ex assessore alla Sanità Alessio D’Amato, c’era attesa per il nome della coalizione di centrodestra. Lunedì, i partiti dell’alleanza hanno sciolto la riserva.
Vabbè, sempre di ex si tratta.
In realtà Francesco Rocca, il candidato indicato dal centrodestra, è più conosciuto per il suo passato recente da presidente della Croce Rossa italiana. Ma il suo nome è interessante per almeno altri due motivi.
Il primo è costituito dalla rete che orbita intorno a Rocca: una galassia composta, come scrive Repubblica, da ex terroristi della destra extraparlamentare accolti nella sua Croce Rossa e dalle amicizie “interessate” per rapporti d’affari con l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, Francesco Storace e Antonio Angelucci, editore di quotidiani come Il Tempo e Libero.
Nonché stella emergente della West Coast.
Il secondo è invece il dato politico che emerge all’interno di Fratelli d’Italia. Ad imporre il nome di Rocca alla coalizione è stato infatti il partito di Giorgia Meloni, che lo ha preferito a Fabio Rampelli. Quest’ultimo, come riporta Il Foglio, incassa così il terzo rifiuto dopo la mancata candidatura a sindaco di Roma e l’esclusione da incarichi nel governo Meloni. Un altro duro colpo per Rampelli, “padre politico” di Meloni e tradito da lei per l’ennesima volta. La possibilità che i malumori della “corrente di Colle Oppio” diventino un problema per il primo partito del Paese non è da sottovalutare.
Il Movimento 5 Stelle, invece, medita possibili sorprese. I pentastellati, che correranno nel Lazio insieme a Sinistra Italiana, non hanno ancora annunciato il proprio nome, e le opzioni sul tavolo sembrano essere due.
La prima è quella di Federico Cafiero De Raho, 70enne con un passato da Procuratore nazionale antimafia e un presente da deputato neo-eletto proprio nelle file del M5S. La seconda, invece, porta ad Alfonso Pecoraro Scanio, ex presidente della Federazione dei Verdi e ministro dell’Ambiente nell’ultimo governo Prodi. Nonché nome che farà fare un sussulto agli amanti della seconda repubblica.
Curiosamente, Pecoraro Scanio ha già fatto un endorsement per il suo avversario. Anche meno fair play, dai.
In Lombardia, invece, c’è una sola novità rilevante, e riguarda anche stavolta il Movimento 5 Stelle. Qui, infatti, Giuseppe Conte ha dato l’ok all’appoggio del M5S al candidato di centrosinistra Pierfrancesco Majorino. Ma visto che parliamo pur sempre del centrosinistra, per un partito che entra in coalizione ce n’è uno che scappa.
Protagonista delle porte girevoli stavolta è +Europa, che ha deciso di ritirare il proprio sostegno a Majorino: secondo il segretario Della Vedova, «Con i populisti in Lombardia non si vince e non si governa».
Ad occhio, diremmo che in Lombardia non si vince e basta, Benedetto.
Non ci dilungheremo oltre, anche perché l’abbiamo già fatto.
Per chi sopravviverà ai parenti ci sentiamo il 30, con il pagellone di fine anno.
“E così quest’anno avete fatto una newsletter giornaliera sulla politica italiana, eh?”
Buon Natale da Pietro e Simone. E da Carlo Calenda. Ciao!
Bravissimi♥️