Ciao,
siamo Pietro e Simone.
Non ci sembra il caso, per diversi motivi, di aggiungere un’introduzione arguta e sarcastica a questa newsletter. Speriamo ci perdonerete.
Dunque, iniziamo.
La strage di migranti a largo delle coste calabresi ha messo in una posizione difficile il governo di una destra che negli anni d’opposizione era arrivata a chiedere indagini su un capo di governo per strage colposa. E che non ha fatto che ripetere il proprio menefreghismo nei confronti dei destini dei migranti per anni. Fino a quando non è arrivata al governo, e pur di non far toccare terra italiana a poche decine di persone ora è a processo per sequestro di persona.
Prevedibilmente, a sei anni dai primi accordi con la Libia e sette dalla prima intesa europea con la Turchia, l’Italia è nuovamente nel mezzo di una tempesta dal punto di vista migratorio. Nel 2022 gli sbarchi sono stati circa 104mila, nel 2023 sono già quasi 15mila. La colpa di questa situazione non è rintracciabile se non nella progressiva devastazione dei Paesi da cui parte chi emigra (come Afghanistan e Pakistan). Ma le colpe del naufragio del naufragio che domenica ha ucciso 68 persone non sono da affibbiare a nessuno se non alla politica.
Per un commento più approfondito sull’argomento: Pietro ne ha scritto su Scomodo.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in una conferenza stampa che ormai è storia, ha deciso di scaricare le responsabilità direttamente sui migranti, sostenendo che le partenze vadano fermate e che «di fronte a tragedie di questo tipo non credo che si possa sostenere che al primo posto ci sia il diritto o il dovere di partire e partire in questo modo».

Immagina pensare che “educazione alla responsabilità” voglia dire lasciare che i propri figli vivano in un Paese in guerra, devastato dalle inondazioni o dove i diritti umani sono inesistenti.
Queste parole sono state aspramente criticate. Molti, tra stampa e politica, hanno chiesto le dimissioni del ministro, che nel rispondere alle accuse ha deciso di continuare a tirare fuori dal cappello capolavori retorici.

«Ma Matteo, perché piangi?»
«Non puoi ancora capire.»
«Come “ancora”?»
«Niente.»
La maggioranza ha deciso di schierarsi a pieno sulla linea tracciata dal Viminale. Il vicepresidente della camera, il fratello d’Italia Fabio Rampelli, riferendosi ai migranti ha deciso di seguire il ministro anche nella creatività delle risposte: «Hanno tutti il telefono, avvisiamoli prima che partano per viaggi rischiosi».
In ogni caso, la “responsabilità”, per citare Piantedosi, di queste morti verrà stabilita in maniera decisiva quando sarà fatta chiarezza sulla dinamica che ha portato a un’omissione di soccorso decisiva.
L’agenzia europea di frontiera, Frontex (non proprio un’istituzione animata da furia immigrazionista) aveva avvisato le autorità italiane della presenza della nave nel Mar Ionio. Ma, anziché un intervento di salvataggio SAR (search and rescue) della Guardia Costiera, si è deciso per un intervento della Guardia di Finanza per “intercettare” i migranti. Evidentemente non intercettata, la nave avrebbe iniziato a cedere e lanciare richieste d’aiuto intorno alle 4:30. Le motovedette della Guardia Costiera sarebbero partite intorno alle 5:30, con molte persone già in mare.
È ancora impossibile sapere quanto i ritardi nei soccorsi siano da imputare ai ministeri competenti, Interni e Infrastrutture-Trasporti, e per chiarire quanto accaduto è all’opera la procura di Crotone. Ma c’è un segreto di Pulcinella di fondo: i due dicasteri sono guidati da Matteo Salvini e Matteo Piantedosi, rispettivamente ex-ministro dell’Interno ed ex-capo di Gabinetto del Viminale durante il governo gialloverde, uno dei più aggressivi di sempre in tema di immigrazione. I due collaborano ed è noto, al punto che Salvini ha insistito per farsi assegnare le deleghe necessarie per controllare la Guardia Costiera, come spiega Nello Trocchia su Domani.
I fatti di Crotone sono stati al centro anche dell'altro avvenimento principale della settimana. Nessuna suspence, ovviamente parliamo dell’elezione di Elly Schlein alla guida del PD.
E come poteva andare diversamente, dopotutto.
In questi primi cinque giorni della nuova segreteria si è scritto più o meno di tutto, e il motivo per cui non abbiamo pubblicato una newsletter speciale subito dopo il voto è proprio per lasciarci la possibilità di commentare a bocce ferme, a mente fredda ecc.
(Non è vero, semplicemente non ci andava, ma tanto vale prenderne i lati positivi.)
La verità è che, ad oggi, l’elezione di Schlein potrebbe tanto rivelarsi salvifica quanto rappresentare il definitivo colpo di grazia per il Partito Democratico. E qui sta una delle novità principali di questa tornata.
Era più o meno dai tempi delle primarie che elessero Matteo Renzi, ormai quasi dieci anni fa, che un/a neo-segretario/a non veniva accolto con aspettative così alte - che in quel caso, inutile ricordarlo, sono state ampiamente deluse.
Almeno, sono state deluse quelle degli elettori di sinistra.
In quel caso, però, la vittoria del rampante sindaco di Firenze era il coronamento di un’ascesa che era sotto gli occhi di tutti: per capirci, Renzi non avrebbe mai potuto aprire il proprio victory speech dichiarando “non ci hanno visti arrivare”, come invece ha fatto Schlein citando la storica femminista Lisa Levenstein.
Il PD, insomma, si è “concesso” una sorpresa. E per il partito che nell’ultimo decennio era diventato sostanzialmente sinonimo di “apparato” (decidete voi quale) è già un’emozione.
Poi insomma, ci sarebbe da discutere sul fatto che è servito un intervento esterno per far fare una cosa di sinistra al PD. Ma servirebbe una lunga sessione di psicoterapia/un paio di anni da eremita/un massaggio shiatsu/una canna senza tabacco, non una newsletter.
Sulla novità rappresentata dal profilo personale di Schlein per la storia della sinistra italiana, possiamo tranquillamente sorvolare: la cronaca politica italiana, come suo solito, ha interpretato con estrema attenzione al biografismo i fatti di domenica scorsa. Ci permettiamo solo di segnalare che l’ultima volta che una donna era arrivata alle primarie aperte (non eletta, semplicemente “in gara”) risale a 16 anni fa, quando Rosy Bindi raccolse appena il 12% nelle primarie che incoronarono Walter Veltroni primo segretario del Partito Democratico.
Che giri fanno tre vite?
Ma come dicevamo all’inizio, i modi in cui questa sorpresa può trasformarsi in un incubo sono estremamente vari e lasciano spazio alle fantasie più sfrenate.
La neo-segretaria potrebbe, ad esempio, andare a sbattere sul tema dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle: che adesso sembra inevitabile, vista la coincidenza di molti punti programmatici tra i due partiti, e che però dovrà essere gestita con attenzione per evitare che molti elettori Dem tradizionali storcano il naso di fronte a questa “mutazione genetica”. Un tema che però la neo-segretaria potrà affrontare con calma, visto che le Europee del 2024 non prevedono la possibilità di coalizioni e non ci sono altri appuntamenti elettorali davvero rilevanti all’orizzonte.



Sul perché l’alleanza PD-M5S può essere non solo gestibile, ma vantaggiosa, un thread di Simone. Oggi siamo autoreferenziali.
E a proposito di Dem scandalizzati: il primo ad abbandonare la nave dopo l’elezione di Schlein è stato Giuseppe Fioroni, che si è lamentato del fatto che il PD sia diventato un partito di sinistra. Non è vero, e sarebbe bellissimo se lo fosse. Nessuna notizia invece riguardo l’addio di Giorgio Gori, che come vi raccontavamo aveva preannunciato di uscire in caso di vittoria di Schlein e che adesso ha parzialmente ritrattato. Paura, eh?
Per chiudere, tuttavia, il grande tema che potrebbe rivelarsi una spina nel fianco nei primi scampoli della segreteria Schlein è destinato ad essere il sostegno all’Ucraina. Vi avevamo detto delle risposte ambigue sul tema fornite durante il confronto con Bonaccini, nonostante Pagella Politica abbia ricostruito una linea sostanzialmente aderente a quella del partito che emerge dalle sue votazioni in Parlamento. La sensazione è che chi si aspetta che la nuova segreteria possa cambiare la linea del PD sull’Ucraina resterà deluso: l’allineamento sulle posizioni euro-atlantiche è troppo radicato perché un cambio di leadership possa modificarlo. A Schlein il compito di far digerire anche questa concessione ad una parte del suo elettorato.
Meme di settembre che si è rivelato particolarmente profetico.
L’entusiasmo in casa PD si è spento, almeno per oggi, per il tragico suicidio di Bruno Astorre, segretario del partito nel Lazio e parlamentare eletto per tre legislature dal 2013. Il senatore si è tolto la vita a Palazzo Cenci, sede secondaria del Senato. In questa giornata di lutto è ancora presto per sapere quali saranno le ricadute politiche della scomparsa di un dirigente di alto livello del partito. È il caso di sperare che non ce ne siano.
Una notizia di interesse per chi ci aveva letto qualche settimana fa. Alfredo Cospito, dopo la decisione della Cassazione di non toglierlo dal regime di 41-bis, ha nuovamente inasprito il suo sciopero della fame, rinunciando a integratori e zucchero. Al momento Cospito assume solo acqua e sale, e la sua morte è probabilmente questione di giorni.
Comunque la pensiate sulle azioni Cospito e sul 41-bis, questa lettera è esemplare di molte cose. Tra le altre, di come si risponde a mesi di speculazioni giornalistiche e politiche.
Per oggi è abbastanza. Ci sentiamo venerdì prossimo.
Ciao!
una donna per segretario