Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e non solo esiste una canzone con lo stesso titolo di questa newsletter, ma anche il fatto che sia de I Ministri aggiunge ironia al tutto.
Apprestandoci a scrivere questo numero.
Questa settimana l’anarchia e gli anarchici hanno dominato il dibattito pubblico, con un’esposizione mediatica che forse non si vedeva da un secolo e che ha ottenuto degli effetti anche abbastanza comici.
La definizione di “Ok boomer”.
Per capire com’è stato possibile questo salto indietro nella storia, dunque, cerchiamo di fare un riepilogo che speriamo possa aiutare a districarvi in questo marasma.
Iniziamo.
Alfredo Cospito è un anarchico italiano membro della FAI (Federazione Anarchica Informale), un’organizzazione orizzontale che unisce più gruppi indipendenti legati tra loro da obiettivo e mezzi: la rivoluzione attraverso attacchi allo Stato e al capitale. Cospito, da parte sua, ha sempre operato come individuo e affermato di agire e parlare esclusivamente per conto di sé stesso.
L’anarchico è stato condannato per la prima volta nel 2013 per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare.
Brividi di omonimia.
Ulteriori indagini sul suo conto hanno portato poi a un processo per strage comune. La “strage” in questione è costituita dall’esplosione, nel giugno del 2006, di due bombe a basso potenziale esplose di notte in un cassonetto vicino a una scuola per carabinieri nel cuneese. Nel 2022, al terzo grado di giudizio, l’accusa diventa più grave: secondo la procura la “strage” di cui Cospito è responsabile è politica, reato regolato dall’articolo 285 bis e che chiama in casa la “sicurezza dello Stato”.
Come giustamente ricorda qualcuno, neanche gli autori di alcune delle stragi più sanguinose della storia italiana sono stati condannati con questa formula. Ma in effetti sarebbe stato strano se stragi spesso definite “di Stato” fossero state riconosciute come un pericolo per lo Stato.
La sala d’aspetto della stazione di Bologna il 2 agosto del 1980 se la magistratura avesse riconosciuto i fini politici dell’attentato.
La pena potrebbe essere l’ergastolo ostativo. La prossima udienza del processo è stata anticipata al 7 marzo.
Il motivo per cui si parla delle controversie legali dell’anarchico è il regime di 41-bis, “carcere duro”, a cui Cospito è sottoposto dal 4 maggio 2022. Un dettaglio importante: non è parte di una sentenza, nessuno viene “condannato al 41-bis”. Il regime di carcere duro per Cospito è arrivato dopo che dal carcere aveva fatto arrivare a persone vicine «documenti di esortazione alla prosecuzione della lotta armata di matrice anarco-insurrezionalista». A quel punto, su richiesta della procura di Torino (forse la più “calda” d’Italia) l’allora ministra Cartabia ha disposto l’applicazione del 41-bis: 22 ore al giorno in isolamento, 2 ore d’aria sorvegliate con altri tre detenuti 41-bis scelti, una visita al mese videoregistrata senza contatto fisico. Una misura che non ha nessuno scopo se non quello di togliere qualsiasi contatto umano, ideata per i boss della mafia stragista e ora applicata a uno stragista autore di una strage senza morti, membro di un’organizzazione che boss non ne ha.
Dal 19 ottobre Cospito ha iniziato uno sciopero della fame contro il 41-bis. Ha perso 45 kg e il suo legale, oltre che la dottoressa che lo visita, sostengono che all’anarchico rimane poco da vivere mentre si avvicina al quinto mese di sciopero della fame. Le sue condizioni sono state definite “allarmanti” anche da Ilaria Cucchi, che è stata oggi in visita al carcere di Opera a Milano, dove Cospito è stato trasferito pochi giorni fa dopo la detenzione nel carcere di Sassari.
Scusate il recap, ma partire dai fatti su un caso intorno al quale è stato detto di tutto, anche e soprattutto da giornali che dimostrano poco interesse a raccontare chiaramente la situazione.
Nonostante la solidarietà, i presìdi, i fumetti che raccontano la storia di Cospito vadano avanti da mesi, il motivo per cui si è arrivati a parlare di ciò è il più banale del mondo: gli anarchici, ovvero i compagni di Cospito, hanno fatto ciò che fanno gli anarchici e compiuto azioni/attacchi ai danni di sedi diplomatiche italiane a Barcellona e Berlino. In Catalogna la sede del consolato centrale è stata imbrattata, mentre nella capitale tedesca è stata data alle fiamme l’auto, riconoscibile per la targa diplomatica, del funzionario dell’ambasciata Luigi Estero.
L’irreprensibile diplomatico Luigi Estero. Ci scusi il funzionario.
A quel punto, la stessa destra che mettendo in discussione l’esistenza dell’ergastolo ostativo e dell’utilizzo delle intercettazioni si inizialmente è chiusa a riccio con una secca dichiarazione di Giorgia Meloni: «Credo che lo Stato non si debba far intimidire da chi pensa di minacciare i suoi funzionari». Poi, in una tattica collaudata da quando ha iniziato a doversi dimostrare una leader responsabile, ha delegato al partito la parte becera del messaggio. Stavolta però non è toccato a qualche militante un po’ esaltato, ma a uno dei numeri due del partito, il deputato Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia.
In un discorso che definire caotico è un complimento, Donzelli ha accusato i deputati Serracchiani e Verini del PD di aver “appoggiato” Cospito per essere andati a verificare di persona le sue condizioni, e chiedendo di sapere «se la sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia». Dando in un colpo solo dei mafiosi, dei terroristi e dei sinistrorsi a parlamentari del Partito Democratico.
«I suoi amici l’hanno vestito forzatamente da nazista in una situazione goliardica [...] Io mi sono vestito da Minnie una volta a Carnevale, vuol dire che sono Minnie? No!» Diciamo che il ragazzo non ha mai brillato per l’arguzia dei suoi sillogismi.
Tutto ciò, però, non prima di aver dato forza alle proprie argomentazioni svelando conversazioni di Cospito avvenute durante le ore d’aria del 41-bis con altri detenuti al carcere duro. Documentazione ovviamente non divulgabile, che il deputato (che è anche vicepresidente del Copasir) ha candidamente ammesso di aver chiesto al sottosegretario alla giustizia, Giovanni Delmastro di Fratelli d’Italia.
Che gliel’ha lasciata accanto all’aglio mentre preparava una pasta al pesto al volo.
La reazione dell’opposizione di fronte a quest’accusa scomposta è stata una difesa a spada tratta del 41-bis come dispositivo carcerario. Il centrosinistra ha comunque contrattaccato, soffermandosi sullo scivolone istituzionale di Donzelli.
Ma che cazzo memiamo a fare.
Nello specifico caso di Cospito, dunque, sembra molto improbabile che cambi qualcosa. Almeno fino a nuovi temibili attacchi anarchici che portino a nuove imperdibili sedute parlamentari. O fino a un nuovo deterioramento delle condizioni di salute del detenuto, che peraltro una settimana fa è caduto nella doccia rompendosi il setto nasale e perdendo molto sangue.
Ma in questa settimana si è parlato anche di un altro organismo in fin di vita: il Partito Democratico.
Lo scorso weekend si è tenuta a Milano la convention di Energia Popolare, il comitato che sostiene la candidatura di Stefano Bonaccini. Tra la due giorni di interventi e dibattiti, il momento che ha fatto discutere di più è stata l’apparizione sul palco di Dino Giarrusso, europarlamentare dal passato abbastanza singolare: ex inviato de Le Iene, eletto eurodeputato con il Movimento 5 Stelle, era uscito dal M5S a maggio parlando dei suoi colleghi come di “zerbini del PD”.
Giarrusso aveva quindi annunciato la fondazione di un nuovo movimento politico, e a giugno era poi diventato segretario nazionale del movimento Sud Chiama Nord di Cateno De Luca; prima di uscirne nemmeno due mesi dopo, ad inizio agosto, e provare a partecipare alle elezioni con una lista dallo stesso nome, non ammessa poi dalla Cassazione.
Top 10 anime betrayal.
Questa storia, assolutamente inutile se non a dare un'idea del personaggio, sembrava poter avere l’ennesimo risvolto a sorpresa con l’annuncio, proprio sul palco della convention di Bonaccini, dell’ingresso di Giarrusso nel PD.
Una new entry che però la classe dirigente dem non ha accolto troppo bene, se è vero che lo stesso Bonaccini ha dichiarato che per entrare nel PD Giarrusso avrebbe dovuto chiedere “scusa a chi ha ferito in passato” e soprattutto dimostrare “di accettare le regole e il percorso di questo partito”.
Nel partito, come al solito, è partito il fuoco incrociato sulla responsabilità dell’intervento a gamba tesa di Giarrusso. Il principale indiziato è stato Brando Benifei, capo delegazione all’Europarlamento e in quell’occasione responsabile della scaletta, che però sostiene che l’intervento di Giarrusso sarebbe dovuto essere solo sul tema della comunicazione.
E chi meglio di lui.
In ogni caso, la telenovela ha avuto un fine lieto per tutti, eccetto per Giarrusso: il 31 gennaio è stato chiuso il tesseramento annuale, dal quale l’ex M5S è rimasto fuori in quanto incompatibile con il regolamento che vieta l’iscrizione a parlamentari iscritti ad altri gruppi (Giarrusso attualmente siede tra i Non iscritti all’Europarlamento).
Nulla di fatto, dunque, e solo tanto imbarazzo: una metafora, se vogliamo.
Una chiusura lampo sulle Regionali, tema a cui dedicheremo tutta la newsletter di venerdì prossimo in vista del voto che si terrà domenica e lunedì.
Da qualche giorno è scattato il blackout di due settimane riguardo ai sondaggi elettorali, e le ultime rilevazioni dicono che il centrodestra è in un’ottima posizione per portare a casa entrambe le contese. Secondo Ipsos, ad esempio, nel Lazio Rocca (cdx) ha 8 punti di vantaggio rispetto al candidato di PD e IV/Az, D’Amato; mentre in Lombardia, dove qualcuno addirittura pronostica una partita già chiusa, l’uscente Fontana è 11 punti avanti rispetto a Majorino (PD e M5S).
Un utile riassunto.
Una contesa elettorale che, però, potrebbe caricarsi di nuovi significati: ieri, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Ddl sull’Autonomia regionale (di cui parlavamo qui), che permetterà ai presidenti delle regioni italiane (non governatori, santo cielo) di negoziare maggiori poteri e maggiori risorse riguardo a temi come scuola, sanità e ambiente. La Lombardia che va al voto, ad esempio, rientra tra le regioni che stanno già portando avanti dei negoziati con il governo centrale. E che rischiano di uscire ancora più avvantaggiate da questa nuova architettura a due velocità.
Oggi siamo tornati ai nostri soliti livelli di lunghezza, quindi ci fermiamo qui. Ci sentiamo venerdì prossimo per parlare di elezioni in cui sembra tutto già scritto. Yu-hu.
Ciao!