Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e giuriamo di non aver fatto alcun drinking game sull’unico dibattito tra leader.
Secondo Simone la parola più pericolosa sarebbe stata “Draghi”, secondo Pietro “imprese”.
Ieri, a Villa d’Este in occasione del Forum Ambrosetti c’è stato qualcosa che, a causa dei litigi sulla par condicio, rischiamo di non vedere più: leader che parlano rispondendo in maniera più o meno puntuale a una domanda.
La domanda in effetti era letteralmente una, ovvero quella posta a ciascun leader dal direttore del Corriere Luciano Fontana (che aveva moderato anche l’incontro a Rimini di Comunione e Liberazione) a seguito di 10 minuti a testa a disposizione dei leader per un breve discorso.
Non è andata a finire bene.
Iniziamo.
«La Lega ha votato in Italia e in Europa con convinzione tutti i provvedimenti a favore dell’Ucraina, sanzioni comprese. Dobbiamo difendere l’Ucraina? Sì, ma io non vorrei che le sanzioni danneggiassero più chi le fa che chi le subisce».
Le parole di Matteo Salvini sulle sanzioni alla Russia riassumono a grandi linee quanto sostenuto dalla Lega per mesi, e non dovrebbero stupire. Laddove il leader si è potuto smarcare dalla domanda l’ha sempre fatto, ma ieri è stata una di quelle occasioni in cui il leader leghista ha dovuto tener fede alla linea autoimposta.
Ma se la notizia fosse questa oggi ci saremmo presi del tempo per parlare d’altro.
Tipo dei disturbi alimentari dei leader politici in campagna elettorale. Don’t try this at home.
Ieri invece, dopo settimane in cui i giornali sembravano tifare per una rottura rilevante tra Lega e Fratelli d’Italia, in effetti Giorgia Meloni ha preso le distanze in maniera piuttosto netta dalle posizioni dell’alleato.
Come già si poteva intuire (e come avevamo spiegato qui e qui) il punto di attrito più significativo tra leader di destra è la gestione della crisi del gas, conseguenza della prolungata invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Meloni è tornata a ribadire che bisogna essere “prudenti” sulla gestione del debito pubblico, aggiungendo che, se al governo, non avrebbe alcuna intenzione di affrontare la crisi per mezzo di uno scostamento di bilancio, perché “siamo indebitati oltremisura”. Salvini, invece, è molto favorevole a uno scostamento e chiede uno “scudo europeo”.
Ma Meloni ha rifilato una stoccata non da poco a Salvini sulle sanzioni alla Russia. «Qualcuno è convinto che se l’Italia si sfilasse, cambierebbe qualcosa per le altre nazioni? Assolutamente nulla. [...] È in gioco la nostra decisione, la nostra posizione, la nostra credibilità [...] Una nazione seria deve avere una postura credibile». Il tutto volto a dire che quella di Salvini non è una postura credibile.
E vabbè, dalle torto.
Comunque, si trattava pur sempre dibattito di fronte alla crème de la crème dell’imprenditoria italiana, e quindi se un ex ministro dello Sviluppo Economico ed ex Confindustrino come Carlo Calenda non avesse fatto breccia nel cuore del pubblico ci saremmo stupiti.
Sabato vi parlavamo delle lamentele di Calenda nei confronti di Repubblica per non aver dato spazio alla convention del Terzo Polo. Oggi Repubblica si fa perdonare dandogli un otto in pagella. E sì, ne ha commentato bene il look. Sorvoliamo sul commento al look di Giorgia Meloni. Altro che Venezia.
A Cernobbio Calenda si è dimostrato ottimista per il futuro: «Nel centrodestra si detestano tutti e si sfascerà. Se noi prendiamo molti voti cerchiamo di tenerci Draghi». Ha rincarato la dose stamattina, dichiarando che «serve un governo di alleanza comune, mi auguro anche con la Meloni».
Confrontare dichiarazioni politiche di Carlo Calenda a distanza di tre o più giorni equivale più o meno a sparare sulla Croce Rossa.
Al di là delle evidenti divisioni (che sono tutt’altro che appannaggio della sola destra), la speranza di Calenda ha poche possibilità di realizzarsi dopo il voto, a fronte di proiezioni che vedono qualsiasi coalizione che non sia quella di Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia conquistare meno (o ampiamente meno) di un centinaio di seggi alla Camera e di una cinquantina al Senato. Al momento, quindi, una possibile “alleanza comune” sarebbe esclusivamente formata da destra e Azione+Italia Viva. E non è uno scenario così lontano dalla realtà.
Almeno i leader di destra sui riferimenti politici del passato vanno d’accordissimo.
In generale, anche tra i vari schieramenti la situazione è davvero poco distesa. La spaccatura tra il PD e tutto ciò che non sia il PD sta diventando profonda. Con l’antico alleato, il Movimento 5 Stelle, le divisioni sono sempre più pesanti. Giuseppe Conte era collegato solo virtualmente a Cernobbio, ma non ha mancato di attaccare frontalmente Letta, chiedendogli «che spieghi alla comunità PD perché ha abbandonato l’agenda Conte II ed è rimasto folgorato dall’agenda Draghi». E ha aggiunto: «Basta mistificazioni sul voto utile, basta trattare gli elettori così come se fossero persone non avvedute».
Come se non bastasse, ha dichiarato che vede sempre più difficile un dialogo dopo il voto, «con questo vertice». Nonostante il vertice del PD cambi a intervalli regolari, i retroscena che vedono il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini come potenziale successore di Letta dopo la probabile disfatta elettorale del PD non fanno che dare più credito alle parole di Conte. Soprattutto visto quel che ha dichiarato negli anni Bonaccini di una delle più importanti vittorie pentastellate, il reddito di cittadinanza.
In chiusura, al di là delle montagne russe relative alle forniture di gas, una notizia dall’estero che interessa l’Italia in virtù di antiche alleanze europee. Il partito Conservative britannico ha fondato il partito europeo di cui Meloni è presidente, Conservatives & Reformists. Dopo la Brexit ovviamente non è più ufficialmente parte di questa “famigliola”, ma i rapporti tra Fratelli d’Italia e il partito guidato sino a oggi da Boris Johnson sono rimasti ottimi.
Appunto, sino a oggi: a seguito delle dimissioni di Johnson dopo una serie di scandali piuttosto pesanti, alle 12:30 di oggi è stata annunciata la vincitrice della competizione interna ai Tories per diventare leader del partito e del governo. Ha vinto Liz Truss, e sarà la terza donna (e la terza donna conservatrice) a guidare un governo nel Regno Unito.
Indovinate chi è il riferimento politico di Liz Truss.
Con la probabile vittoria Giorgia Meloni e l’eventualità che guidi lei il governo italiano ci si potrebbe (e dovrebbe) aspettare una stretta collaborazione tra le due leader.
Ultimissima nota prima di salutarvi: oggi Pietro, insieme a Marina de Ghantuz Cubbe e Valeria Cigliana, modererà un dibattito tra alcuni candidati alle elezioni politiche, nello specifico Aboubakar Soumahoro, Paolo Ciani e Andrea Catarci.
Giuriamo che la domanda non è retorica.
Se siete a Roma, il dibattito si terrà alle 18:00 a Spin Time Labs, via Santa Croce in Gerusalemme 55.
Per tutti gli altri, a domani!
Complimenti 👏