29 agosto - Vocabolario militare
Armistizio e blocco navale: la campagna elettorale diventa una campagna di guerra.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e dobbiamo scusarci: ieri, senza preavviso, abbiamo saltato a piè pari l’approfondimento della domenica.
In realtà, è solo rinviato, e vi arriverà stasera.
Arriviamo in ritardo anche sulle wave.
A proposito di approfondimenti: come già sapete, martedì 30 agosto per la prima volta ci vedremo dal vivo a Il mondo nuovo, festival culturale che si terrà a via Col di Lana a Roma. Lì per la prima volta vi anticiperemo qualcosa del tema trattato la domenica successiva, quindi sapete già il tema di domenica prossima.
Parlare di lavoro in una campagna elettorale estiva. Una cosa che neanche i partiti vogliono fare.
Il nostro primo primo ospite sarà Lorenzo Rossi Doria, fondatore di Boom, oltre che responsabile della comunicazione per SPI-CGIL. Con Lorenzo ci conosciamo da tempo quindi, nei limiti del possibile con un tema così delicato, ci divertiremo.
Per chi è a Roma, ci farebbe davvero piacere vedervi lì per fare due chiacchiere prima, durante e dopo l’incontro! Potete farci sapere a buoneintenzioninewsletter@gmail.com o a direttamente a noi (qui Pietro, qui Simone) se ci sarete o cosa. Ah, ovviamente ingresso gratuito, ma credo l’abbiate intuito.
Oggi la destra impone toni guerreschi, come ci si aspetta da una destra che si rispetti, tra armistizi e blocchi navali.
Iniziamo.
Il tema che domina la giornata politica è la proposta di Matteo Salvini di un “armistizio” che interrompa le schermaglie della campagna elettorale per affrontare in maniera urgente il tema del caro bollette.
Scelta sofferta.
Del tema e delle (ancora vaghe) proposte dei partiti ne avevamo parlato sabato, ma oggi la rincorsa alla soluzione per dominare il dibattito si è fatta più seria. Il particolare più interessante è probabilmente la spaccatura interna alla coalizione di destra: Lega e Forza Italia si trovano d’accordo sulla necessità di avere una manovra immediata che richieda uno scostamento di bilancio (e, sorprendentemente, anche Azione e Italia Viva chiedono lo stesso).
Giancarlo Giorgetti, in un’intervista in cui parla della necessità di agire contro quelli che sono come “danni di guerra” (di nuovo), cita Lenin. Potremmo dire di aver visto tutto, ma vorrebbe dire ignorare un mese di newsletter.
Ma Fratelli d’Italia è prudente, e si schiera su posizioni draghiane, opponendosi a una manovra in deficit. È curioso che lo faccia, in un’intervista a Repubblica, per bocca del candidato Giulio Tremonti, volto universalmente riconducibile alla crisi del debito sovrano del 2010-2011 quando era ministro del quarto governo Berlusconi.
Al momento, comunque, l’appello a un armistizio è arrivato solo per voce di Salvini e di Carlo Calenda. Sia il Movimento 5 Stelle che il Partito Democratico, in forme diverse, hanno respinto al mittente simili proposte: il primo ha rivendicato di chiedere «da sei mesi un confronto fra i partiti sul caro bollette mentre Calenda pensava alla campagna elettorale», il secondo di aver presentato le proprie proposte e che sosterrà comunque il governo Draghi.
Un altro capitolo sono i cosiddetti “extraprofitti” delle aziende energetiche (le principali sono ENI, ENEL ed Edison): inizialmente il governo aveva intenzione di ottenere da tale tassa circa 10 miliardi, ottenendone solo uno. Persino uno storico “austero” come Carlo Cottarelli si spinge a dichiarare di volerli tassare. I più duri, in questi termini, sono Unione Popolare (capitanata dall’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris e da Potere Al Popolo), che propone una tassa al 90% (contro l’attuale 25%) e il leader CGIL Maurizio Landini, che propone addirittura il 100%. Sono dello stesso avviso Sinistra Italiana ed Europa Verde, ma l’alleato Partito Democratico rimane fedele alla linea Draghi e propone una semplice proroga dell’aliquota attuale.
Intanto, com’era prevedibile, il tema delle migrazioni (ne avevamo parlato qui) sta entrando a gamba tesa nella campagna elettorale. Lampedusa è in condizioni emergenziali, come d’altronde accade ogni agosto.
Tra sabato e domenica circa 50 barchini sono approdati sull’isola, portando il totale dei nuovi arrivi a più di 1300 persone. Il risultato è che l’hotspot di Lampedusa, dalla capienza massima di 350 persone, è passato dai 340 ospiti di giovedì a poco meno di 1600. Più del quadruplo del consentito. E nonostante i tentativi di ridimensionare l’entità del problema, la destra è già pronta a fornire le sue soluzioni per “fermare l’invasione”.
La linea della destra sul tema, per quanto nota, è tutta racchiusa nelle prime pagine del Tempo (il cui editore, Antonio Angelucci, è nuovamente candidato alla Camera, stavolta con la Lega).
Una critica frontale è rivolta alle politiche europee sul tema. Si critica innanzitutto la non volontà di “ridistribuire” chi sbarca in altri paesi europei, nonostante la Commissione abbia messo su una piattaforma che va proprio in questa direzione (e soprattutto, nonostante chi non vuole riformare gli accordi di Dublino sia soprattutto alleato della destra in Europa). Al contempo, la critica è rivolta agli scarsi finanziamenti dati ai paesi di partenza, Libia in primis, nonostante gli oltre 11 milioni votati lo scorso 27 luglio siano stati votati con gioia dai partiti della destra. Il PD non aveva votato il finanziamento (scheda 47 del dossier), pur approvando l’invio di 6 navi e 8 velivoli in favore della Marina libica (scheda 33)
Sul piano delle proposte, però, la destra sembra volersi dividere: più per cercare un proprio posizionamento autonomo che per effettiva divergenza di vedute. Meloni ieri ha rilanciato su Instagram la proposta del blocco navale, descrivendola come “una missione europea in accordo con le autorità nordafricane“.
“Panzerotti & blocco navale” sarebbe stato un ottimo titolo per questa newsletter.
Ma dalla Lega, secondo il Corriere, filtrano idee diverse: «Per fermare scafisti e clandestini basta reintrodurre i decreti Sicurezza di Salvini nel primo Consiglio dei ministri dopo le elezioni. Hanno già funzionato e difeso l’Italia, torneranno a proteggere confini e cittadini». I migranti, intanto, aspettano con ansia di sapere chi avrà la meglio tra la padella e la brace.
Qualche altra pagina interessante prima di chiudere.
Il Fatto Quotidiano apre con l’idea di Carlo Nordio, papabile ministro della Giustizia di un governo Meloni - che qualcuno ricorderà tra i nomi per il Quirinale fatti dal centrodestra lo scorso gennaio - di ripristinare l’immunità parlamentare: ovvero l’impossibilità di indagare deputati e senatori senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Ad oggi il nullaosta è necessario solo per perquisizioni, arresti (non in flagranza), intercettazioni e sequestro di corrispondenza. I toni sono i soliti da Fatto Quotidiano, ma la proposta sembra essere davvero l’ultima delle priorità del Paese.
Vai tranquillo fra, è solo un’impressione.
Sul Foglio Vincenzo Galasso, ordinario di economia politica alla Bocconi, propone in un lungo articolo su tre pagine una “regola fiscale intergenerazionale”, che obblighi lo Stato a bilanciare ogni euro di spesa pubblica sulla fascia di popolazione più adulta (e più rilevante, da un punto di vista demografico) con una spesa direttamente proporzionale sui più giovani.
Infine, su Domani, Giorgio Meletti analizza la tendenza, confermata dai sondaggi, che vede il Partito Democratico perdere consensi a favore dei rivali più diretti (Movimento 5 Stelle e Azione/Italia Viva), concludendo che questa elezione potrebbe rappresentare il tramonto definitivo del voto utile. Fatto fuori da una domanda tanto semplice quanto efficace: voto utile a chi?
Per ora è tutto, ci aggiorniamo tra poche ore con lo speciale tematico. Oggi vi tocca un pieno di Buone intenzioni.
A presto!