19 agosto - Prima della tempesta
I movimenti del M5S, la Russia entra in campagna elettorale, i problemi del PD
Ciao!
Siamo Simone e Pietro,
e Pippo Civati si candiderà nelle liste dell’Alleanza Verdi Sinistra. C’è qualcosa che si è mosso nel nostro cuore di adolescenti che hanno creduto in Possibile. Sentimenti, forse. Ma non è tempo di pensarci ora.
Amo noi.
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Iniziamo.
La scorsa notte, il Movimento 5 Stelle ha presentato le sue liste elettorali: il risultato dei voti espressi alle Parlamentarie del 16 agosto.
Il leader Giuseppe Conte ha voluto strafare, o meglio, ha deciso di andare sul sicuro: si candiderà come capolista in cinque collegi di quattro regioni diverse: due collegi in Lombardia, poi Campania, Puglia e Sicilia.
Giuseppe Conte osserva l’arrivo dei suoi paracadute.
Ma anche altri candidati sono presenti in più collegi: Stefano Patuanelli corre in Friuli Venezia-Giulia, Lazio e Campania; Chiara Appendino è capolista in tutti e quattro i collegi del Piemonte; i vicepresidenti del Movimento Alessandra Todde e Mario Turco corrono rispettivamente in Lombardia e Sardegna (Todde) e in Puglia e Basilicata (Turco). Anche l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, l'attuale presidente dei senatori Mariolina Castellone, l'ex capogruppo al Senato Ettore Licheri e il magistrato Roberto Scarpinato correranno in più di un collegio. La lista completa delle candidature è qui.
Una scelta indicativa della volontà di Conte di circondarsi di uomini fidati per quella che per i 5 Stelle sarà una legislatura a ranghi ridotti, rispetto all’ultima. Se nel 2018 il Movimento era riuscito ad eleggere 339 parlamentari, stavolta – anche a causa del taglio dei parlamentari – le simulazioni parlano di una pattuglia pentastellata che non supererà i 50 elementi tra Camera e Senato.
In questo senso va anche la scelta di blindare 15 candidati scelti personalmente da Conte, tramite un voto proposto sulla piattaforma SkyVote lo stesso giorno delle Parlamentarie e approvato dagli iscritti con l’86% dei voti. Molti dei capilista indicati dal Movimento vengono, appunto, da questo listino. Se ridimensionamento dev’essere, che almeno la squadra sia compatta.
Posso far finta di star bene, ma mi manchi.
E sempre a proposito del Movimento 5 Stelle: è stato pubblicato anche il loro programma elettorale, che potete trovare integralmente qui. Le proposte ricalcano in gran parte i nove punti che erano stati proposti a Draghi come condizione per portare avanti il governo, prima che la crisi esplodesse definitivamente. Avremo modo di tornarci in futuro, ma la prima impressione è che il programma rispecchi il nuovo corso di stampo più socialdemocratico inaugurato da Conte. In altre parole, sembra di leggere il programma del PD – e alcuni passaggi potrebbero davvero essere stati vicendevolmente ispirati.
Dai, su.
Sui temi, insomma, l’alleanza era a un passo. Ma la politica è una questione molto più complessa; perfino troppo, a volte.
Nella giornata di ieri per riaccendere la campagna elettorale è bastato che l’ex presidente ed ex premier russo Dmitrij Medvedev scrivesse un lungo messaggio sul suo canale Telegram rivolto ai cittadini europei. In sostanza, ha esortato la cittadinanza a punire la «politica degli idioti» che in inverno rischia di lasciare al freddo l’Europa. Non si è rivolto nello specifico all’Italia, quanto piuttosto ai «pezzenti baltici impoveriti, gli scatenati rabbiosi polacchi e i finlandesi in fuga verso la NATO».
Classico esempio di finlandese in fuga.
L’Italia, però, è il primo paese che potrebbe “punire” questa politica scegliendo di votare per partiti meno platealmente atlantisti e meno allineati nel contrasto alla Russia. Tra questi, ovviamente, l’indiziato numero uno è la Lega di Matteo Salvini, che infatti davanti alla questione ha prontamente sviato, pur concentrandosi su bollette, gas e benzina.
Ne avevamo già parlato (qui e qui): gli attacchi alla destra sui rapporti della destra con Russia sono un grattacapo non da poco per Giorgia Meloni, che è una fedele alleata con gli «scatenati rabbiosi polacchi» e che ha rivendicato sin da subito una forte appartenenza alla NATO. Anche nel programma presentato come coalizione si è subito parlato di piena adesione all’atlantismo e di sostegno all’Ucraina, ma oltre alla Lega anche Forza Italia non si sbilancia. In un’intervista pubblicata oggi su Repubblica, la presidente della Commissione Esteri del Senato, la forzista Stefania Craxi (sì, è la figlia), ha rilasciato dichiarazioni sibilline sulle posizioni della destra nei confronti della Russia putinista, come «Non esistono i buoni e i cattivi. Basta con la demonizzazione» o «Noi siamo atlantisti della ragione: senza tentennamenti, né subalternità. Alleati ma non sudditi». In tutto ciò, su nuovi invii di armi sostiene che «gli Stati Uniti ne hanno mandate già abbastanza» e che «sulle sanzioni si deve fare un lavoro serio di monitoraggio» perché non ben calibrate e funzionanti.
“Ingenuità” è un sostantivo simpatico per definire le posizioni politiche di un partito tuttora federato con Russia Unita.
Una forzista storica come Craxi, con il ruolo che ricopre, non si è certo permessa di sostenere chissà che posizioni astruse rispetto alla linea del suo partito, e questa intervista non è così diversa da tante altre rilasciate da esponenti di Forza Italia. Si parla, d’altronde, di una formazione politica che, per bocca dell’allora ministro degli Esteri (già vicepresidente della Commissione Europea) Franco Frattini, arrivò a sostenere le posizioni di Putin sull’invasione della Georgia.
Se da una parte è esagerato dire che la Russia “tifi per la destra” in virtù delle posizioni di Fratelli d’Italia, dall’altra i rapporti con Vladimir Putin diventeranno davvero complessi se (o meglio, quando) la destra vincerà queste elezioni.
La situazione però non è serena neanche in casa PD. Stamattina, a seguito di un video pubblicato dal Foglio, si è dimesso il capo di gabinetto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, Albino Ruberti. Nel video la voce di Ruberti è ripresa a margine di una violenta lite con un altro esponente del PD, Francesco De Angelis, già europarlamentare tra il 2009 e il 2014, che oggi ha ritirato la propria candidatura alla Camera.
Secondo Ruberti, la lite sarebbe nata per “motivi calcistici”, e secondo la sua compagna Sara Battisti si tratterebbe nello specifico di un diverbio nato a proposito di «un mancato rigore dato alla Roma in un derby».
Ok, a Roma ci si incazza per il calcio, ma a tutto c’è un limite.
Come se non bastasse, Raffaele La Regina, uno dei quattro capilista under 35 candidati dal Partito Democratico, è finito al centro di qualche polemica per un suo vecchio tweet contro la decisione di Trump di spostare l’ambasciata in Israele a Gerusalemme. Il PD, che nella sua storia recente ha sempre supportato le politiche di Israele nei confronti del popolo palestinese (a parte rare occasioni) ha ribadito che «difende il diritto di Israele a esistere».
Ancora: la festa dell’Unità di Bologna sta diventando un caso, grazie a un esposto del deputato di Fratelli d’Italia e storico esponente della destra bolognese Galeazzo Bignami, che mette in evidenza come il comodato d’uso gratuito di Parco Nord garantito a un partito durante la campagna elettorale sia un problema. I dibattiti dovranno quindi rispettare la par condicio.
Vogliamo sognare che Bignami, per amor di par condicio, si faccia invitare ai dibattiti e che per l’occasione rispolveri questo outfit.
Ultimi scampoli di questa newsletter: vi ricordate quando parlavamo delle candidature rifiutate nel PD? Bene, alla fine Letta è riuscito a far cambiare idea ad Amendola e Morani. Tutto è bene quel che finisce bene.
Abbiamo le date definitive dei confronti televisivi tra i leader: il 7 e 15 settembre, sulla Rai. Noi iniziamo a preparare il drinking game.
Infine, una piccola correzione rispetto a ieri: per le liste che stanno ancora raccogliendo firme, potete firmare nei banchetti o negli uffici comunali; ma sempre nel vostro comune di residenza, non fuori. Scusateci, ma leggere il programma del PD non concilia l’attenzione.
A domani!