Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
oggi è venerdì santo, e la battuta che tutti aspettavano per ora non sembra diventare realtà.
Assolutamente non noi che abbiamo aspettato fino all'ultimo per vederla realizzata.
La notizia della malattia di Silvio Berlusconi ha agitato la classe politica italiana negli ultimi giorni, e in particolare la maggioranza di governo: chiamata ad alcuni interventi piuttosto delicati e costretta a dover fare i conti anche con le preoccupazioni all’interno di Forza Italia, come vedremo.
Prima di iniziare, un annuncio di servizio: venerdì prossimo la newsletter non uscirà. Non abbiamo mai brillato per affidabilità, è vero, ma stavolta la nostra pigrizia non c’entra: stiamo lavorando per voi, in un certo senso, ma non potendo darvi altri spoiler preferiamo chiudere qui l’argomento e affidarci alla vostra clemenza. Ci si tornerà a leggere, a meno di clamorose sorprese, venerdì 21 aprile.
Poi vabbè, c’è qualche sorpresa che potrebbe essere un po’ meno clamorosa.
Detto questo, iniziamo.
Forse le nostre chat di whatsapp che per qualche giorno si sono riempite di indiscrezioni fuori controllo ci hanno dato una falsa percezione, ma per qualche giorno l’Italia è sembrata tenere il fiato sospeso per le condizioni di Silvio Berlusconi: non tanto per il peso politico attuale, ovviamente, ma per il portato storico della sua figura.
Il mood in cui abbiamo vissuto gli ultimi giorni.
Ma visto che questa è una newsletter che si occupa dell’attualità politica italiana, ci tocca parlare anche di quello che sarà l’impatto della malattia di Berlusconi nello scenario odierno. Spoiler: non tira aria positiva dentro Forza Italia.
Sui giornali di oggi il futuro della creatura politica di Berlusconi occupa un ruolo centrale. La Stampa, ad esempio, parla della possibilità che il partito tenga a stretto giro un congresso, magari già nei primi di maggio. Antonio Tajani oggi ha cercato di sviare, annunciando che in quei giorni, il 5 e il 6, è già prevista una manifestazione nazionale del partito a Milano. Ma il punto vero è che Forza Italia non è assolutamente pronta ad un congresso: lo statuto non indica regole chiare sulla successione, e i centri decisionali e di potere sono sostanzialmente informali: quello politico è in mano a Tajani, incaricato di portare avanti la linea più filo-governativa possibile.
A spada tratta.
E mentre, come vi raccontavamo la scorsa settimana, avanza il ruolo della compagna del Cavaliere, Marta Fascina, è impossibile trascurare il peso della famiglia Berlusconi nelle sorti del partito. In particolare quello della figlia Marina, che, come racconta Emanuele Lauria su Repubblica, può vantare un rapporto molto stretto proprio con la premier Meloni. E se l’ipotesi che si fa avanti nelle ultime ore è quella che vede Marina kingmaker del nuovo leader del partito, magari scelto tra i suoi fratelli, sullo sfondo c’è anche la possibilità che il futuro di Forza Italia finisca proprio nelle mani di Giorgia Meloni, che potrebbe decidere di farne un’ala “moderata” e federata di Fratelli d’Italia.
Insomma, se per tanti anni si è gridato alla morte di Forza Italia per poi vederla costantemente risorgere, se non più forte di prima, ma almeno in discreta salute, quella che Davide Maria De Luca su Domani definisce “la fine di Forza Italia” potrebbe essere vicina come mai prima d’ora alla realtà.
Ma siamo pronti a rimangiarcelo pur di non essere d’accordo con lui.
Anche perché insomma, mai dare nulla per scontato.
Vi avevamo narrato dello stato di salute del nostro PNRR la scorsa settimana. Bene, nel frattempo come sempre è successo un po’ di tutto senza che nulla sia cambiato di una virgola.
E diciamo che se un Presidente della Repubblica che a dicembre 2021 stava ri-traslocando a Palermo è il soggetto più attivo per risolvere il problema tendenzialmente è un segnale che qualcosa non va.
La settimana era cominciata con l’eterno scontro tra politica e tecnocrazia, alimentato da un retroscena pubblicato su La Stampa secondo il quale Sergio Mattarella avrebbe visto prima Mario Draghi al Quirinale di Giorgia Meloni, speculando su un qualche coinvolgimento dell’ex premier nella faccenda. Il Quirinale ha smentito con una elegante nota: «Si registra un divertito stupore per una ricostruzione decisamente fantasiosa fatta da diversi quotidiani sugli incontri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni scorsi».
Persone che pensano che non ci sia proprio un cazzo da ridere:
Ma sempre secondo La Stampa Mattarella non è l’unico soggetto preoccupato. Ad esempio, c’è Paolo Gentiloni, ex presidente del Consiglio italiano e commissario europeo all’economia. Il direttore Massimo Giannini riporta “conversazioni private” in cui Gentiloni avrebbe dichiarato di sentire «un clima che non mi piace, vedo troppa gente che si frega le mani perché l'economia regge e che invece se ne frega del PNRR».
Cose un po’ più concrete e per cui non servono ricostruzioni fantasiose: Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, si è praticamente messa in ginocchio, cosa che non succede spesso quando si tratta di un soggetto del calibro e con la storia di Lagarde (soprattutto quando si tratta di Stati europei in difficoltà). Qualche giorno fa, ospite dell’Osservatorio Permanente Giovani-Editori a Firenze, si è espressa con due frasi disarmanti per la loro semplicità: «Italy must deliver it. Please, let’s do it!»
P-please, Meloni-chan
I ritardi del PNRR però sono profondissimi. I bandi sono un flop un po’ ovunque, soprattutto in Comuni piccoli, che per loro stessa natura non hanno mai dovuto affrontare processi di un certo tipo. E i piccoli comuni riguardano la bellezza di 60mila progetti.
Gare come quelle per i progetti del PNRR, che seguano pedissequamente le due burocrazie (quella italiana e quella due europea), non se ne sono visti troppi e questo ha portato a storture come quella per l’apertura di asili nido e scuole dell’infanzia che, come raccontato da Rosaria Amato su Repubblica, apriranno solo in centri dove sono già presenti.
Nel governo ci sono posizioni diverse. La Lega ha già stabilito la sua linea menefreghista tramite il suo capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, che propone direttamente di rinunciare ai soldi del NextGenerationEU per non dover affrontare il problema dei ritardi: «O si ricontratta in Europa il PNRR, e quindi si destinano quei fondi ad altro oppure se non si riesce piuttosto che spenderli male meglio non spenderli. E' un ragionamento assolutamente logico».
Ragionamenti assolutamente logici.
Ma Fratelli d’Italia non può perdere la faccia. Meloni quindi è pronta ad andare in Europa a tentare di rinegoziare il PNRR, e avrebbe intenzione di farlo stabilendo uno strambo asse con lo spagnolo Pedro Sanchez per spostare la scadenza definitiva per spendere i soldi del PNRR oltre il 2026.
Più che per obiettivi che hanno circa zero possibilità di essere raggiunti, quest’alleanza è interessante perché vede di comune accordo uno dei governi più a sinistra in Europa (al governo non c’è solo il PSOE di Sanchez ma anche Unidas Podemos) e uno dei più reazionari. I fondi europei, d’altronde, non sono certo l’unico dossier su cui Italia e Spagna potrebbero trovare accordi, dal momento che il governo Sanchez è uno dei più aggressivi quando si parla di politiche migratorie.
No, non siamo in un film di Alberto Sordi.
Sul piano della politica europea, comunque, Giorgia Meloni sta iniziando a tirare fuori un po’ troppe fantasie di complotto. Tipo che i ritardi italiani siano solo un pretesto per i tentativi di Scholz e Macron di indebolire dall’esterno il suo governo.
Insomma, l’Italia ha intenzione di uscire dal gran casino in cui si trova con un intenso lavoro di mediazione politica. Ma i problemi che hanno portato ai ritardi del PNRR non spariranno, e qualsiasi ingente piano di investimenti futuro rischia di rimanere inattuabile per gli stessi motivi che hanno bloccato i fondi europei.
Per la passeggiata di salute di questo Venerdì Santo è tutto. Noi ci sentiamo tra due settimane.
Ciao!
Nel mentre cacio ed ova🤫