This is fine.
Perdiamo il PNRR, soliti fallimenti sull’immigrazione, i partiti litigano. Ma abbiamo anche dei difetti.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e uno dei nostri meme preferiti della settimana è la Francia che brucia per le proteste contro la riforma delle pensioni mentre i francesi continuano tranquillamente la loro vita nei cafès o nei ristoranti.

Per capirci.
Guardandoci intorno, ci siamo resi conto che anche in Italia le cose non stanno andando proprio a gonfie vele. Quindi, ci siamo sentiti autorizzati a prendere in prestito il format. Se avete da ridire rispetto a questa scelta, potete scriverci a buoneintenzioninewsletter@gmail.com, o su Instagram ai nostri profili personali, @pietroforti.docx e @simonemartuscelli. Se invece vi ha divertito, potete condividere le vostre risate con chi ancora non conosce questa newsletter tramite il pulsante in basso.
Detto questo, iniziamo.
Alla vigilia della formazione dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni non era difficile capire quale sarebbe stato il grande argomento di un governo targato Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia.
Più o meno.
Memori, però, dell’esperienza leghista con il governo Conte I, probabilmente ci si aspettava un atteggiamento più aggressivo e meno passivo. D’altronde, la stagione d’oro di Matteo Salvini era costellata da decreti Sicurezza, presunti sequestri di persona, show al citofono e chi più ne ha più ne metta.
Dopo aver approvato il decreto ONG, tuttavia, il governo Meloni si è trovato a non poter fare molto. Le accuse di aver lasciato morire in mare più di 90 persone (probabilmente almeno 100, considerato che a un mese dalla strage ci sono ancora una decina di dispersi) e l’inchiesta della procura di Crotone sembrano nulla rispetto alla portata di quanto successo la settimana scorsa: in cinque giorni sono arrivate in Italia più di 6000 persone, provenienti principalmente dalla Tunisia.
E tutto ciò che l’esecutivo ha saputo fare è stato aumentare le pene per gli scafisti (provvedimento di cui vi avevamo già parlato qualche settimana fa – reminder utile del fatto che gli scafisti spesso non sono altro che migranti a cui viene affibbiata la responsabilità della traversata)
Letteralmente il governo.
È un concetto su cui torna, poco elegantemente, anche l’ex capo della Polizia ed ex responsabile della sicurezza e cybersicurezza del governo Draghi, Franco Gabrielli, intervistato dal direttore de La Stampa Massimo Giannini. «Inutile prendersela con gli scafisti, sono gli sfigati della filiera». Gabrielli non è certo un agnellino o un “buonista”, anzi: era uno dei principali protagonisti della stagione di riforme securitarie in termini di migrazioni volute dal governo Gentiloni e dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, oltre a essere stato capo della Polizia durante la permanenza di Salvini al Viminale.
E poi è tutto un ricordar le cose
Meglio di com'erano davvero
Di quando avevamo qualche anno
In meno
Ma quando l’ex capo della Polizia si esprime così sull’operato securitario di governo di destra c’è qualcosa che stona.
Ulteriore prova di quanto il governo si sia trovato impreparato davanti a questa crisi è l’atteggiamento avuto in Europa. In Parlamento europeo i partiti di governo si sono divisi: la proposta della riforma del Trattato di Dublino (che prevede, tra le altre cose, che l’accoglienza del migrante sia a carico del Paese dove il migrante arriva) piace a Forza Italia ma non a Lega e soprattutto, Fratelli d’Italia. Molto di questo rifiuto ha a che vedere con gli alleati europei di Meloni e Salvini. Per fare un esempio, uno strenuo oppositore della riforma del Trattato è Viktor Orbàn, che nella sua Ungheria non vuol certo vedere scorrazzare migranti dopo che siano passati dai Paesi di arrivo.
With friends like these.
Ma l’Europa è un tasto dolente per tanti motivi.
Il primo degli altri problemi del governo, quando si parla dei rapporti con gli Stati membri, è stato il gran casino piantato sulla questione delle auto elettriche. L’Italia si era autoproclamata capofila di una “fronda” di vari Stati membri contrari all’approvazione del regolamento “Euro 7” che avrebbe fermato la produzione di veicoli con motori a combustione dal 2035. Evidentemente a nessuno, a destra, è venuto in mente che questa “fronda” avesse una qualche rilevanza solo perché era la Germania a bloccare il nuovo regolamento.
Risultato: la mozione dell’Italia, che chiedeva una deroga per i motori che funzionassero tramite la combustione di “biocarburanti”, è stata bocciata. È stata approvata invece quella tedesca, che chiede una deroga per i cosiddetti e-fuels (tecnologia meno inquinante, per quanto non “pulita” quanto il motore elettrica).
Più o meno come deve essersi sentito Matteo Salvini.
Ma la settimana è peggiorata verticalmente quando la Commissione europea ha ritardato di un mese l’erogazione di quasi 20 miliardi di euro, tranche dei finanziamenti del PNRR. Ma se alla fine del mese stabilito l’Italia non sarà in grado di rendere conto di come verranno spesi i soldi del NextGenerationEU i finanziamenti potrebbero essere sospesi del tutto.
I ritardi accumulati, però, non dipendono direttamente (o almeno, esclusivamente) dal governo Meloni: al momento è difficile capire quanti e quali progetti siano rimasti indietro durante il governo di Mario Draghi.
Brutto remake italiano di Marriage Story.
Martedì la Corte dei conti ha presentato a Montecitorio la sua relazione sullo stato di utilizzo delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Difficile essere più onesti del ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, che ha partecipato all’incontro e che ha dichiarato: «Alcuni interventi da qui a giugno del 2026 non possono essere realizzati: è matematico, è scientifico, dobbiamo dirlo con chiarezza». Con la tranche del PNRR è a rischio anche il Piano complementare, che prevede un utilizzo integrato dei 19 miliardi europei e di altre risorse pubbliche, per un totale di 30 miliardi di euro.
Particolare non lieto ma almeno un po’ più sfizioso: tra i motivi che hanno spinto la Commissione europea a rimandare l’invio delle risorse ci sono i soldi che l’Italia vorrebbe destinare a due opere in particolare.
Titolisti che non riescono a vincere una competizione europea.
Il PNRR, al momento, prevede una spesa di 450 milioni per la ristrutturazione dello stadio Artemio Franchi di Firenze e 300 milioni per la costruzione del “Bosco dello Sport”, comprensivo anche qui di uno stadio, a Venezia. La Commissione non ha apprezzato, ed è molto probabile che i due progetti non vengano più finanziati con i fondi europei.
Per non farci mancare nulla, in questa settimana c’è stata maretta anche all’interno di alcuni partiti.
La situazione più “sorprendente” è quella all’interno di Forza Italia: senza grande preavviso, nella serata di venerdì scorso il partito di Silvio Berlusconi ha annunciato una serie di riorganizzazioni interne che hanno il sapore della resa dei conti. Il capogruppo alla Camera, Alessandro Cattaneo, è stato destituito per lasciare spazio a Paolo Barelli; mentre la capogruppo al Senato, Licia Ronzulli, è stata sostituita nell’altro suo incarico di coordinatrice regionale del partito in Lombardia da Alessandro Sorte.
In un’intervista al Corriere, qualche giorno dopo, Berlusconi ha voluto rassicurare che questa virata è pienamente guidata da lui, ancora incaricato di scegliere linea e scelte operative. In sostanza, ha provato a chiarire che dietro Berlusconi c’è solo Berlusconi.
Meme che diventano realtà.
Ma ciò che molti sospettano è che dietro la “svolta governista” di Forza Italia (Barelli, ad esempio, è un fedelissimo del ministro degli Esteri Tajani, mentre Ronzulli e Cattaneo fanno capo all’ala più lontana da Meloni) ci sia la mano, sempre più evidente, della compagna di Berlusconi, Marta Fascina.
Il sistema di valori, del resto, non è così diverso.
L’altro partito in cui si è litigato, invece, potete indovinarlo da soli.
Un indizio.
Come da prassi, dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria, le due capigruppo Dem Debora Serrachiani (Camera) e Simona Malpezzi (Senato) hanno rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico per permettere alla nuova segretaria di eleggere delle figure che fossero espressione dei nuovi equilibri nel partito (entrambe avevano sostenuto Stefano Bonaccini). La scelta dei sostituti, però, è stata più faticosa del previsto.
La linea trionfante, alla fine, è stata quella della neo-segretaria, che è riuscita ad eleggere due suoi elementi: Chiara Braga alla Camera e Francesco Boccia al Senato. Ma la decisione definitiva è arrivata dopo lunghe trattative in cui anche il nuovo presidente del partito, lo stesso Bonaccini, ha pensato di esprimere la sua opinione sul da farsi, invitando Schlein - non senza un malcelato paternalismo - alla “prudenza” e alla “collaborazione reciproca”.
Bonaccini, dichiarando di “non sentirsi minoranza”, ha anche deciso di interrompere la tradizione inaugurata da Gianmarco Tamberi di definirsi “nero dentro”.
Ora. Andiamo a memoria, ma ci pare di ricordare che l’ultima volta che la linea del partito cambiò in maniera così netta, ovvero con la prima segreteria Renzi, la nuova maggioranza non aveva dimostrato esattamente una grande capacità di ascolto della minoranza interna. Perché le cose adesso dovrebbero essere diverse, è un interrogativo a cui facciamo fatica a trovare una risposta.
In realtà facciamo fatica anche a capire in che modo Francesco Boccia possa rappresentare la vittoria dell’ala rivoluzionaria del PD. Ma dell’uso terribile della parola “riformisti” nella politica italiana parleremo in un’altra sede.
Soprattutto perché Schlein sembra avere ben altri problemi a cui pensare in questo momento: nonostante un buono stato di salute del partito nei sondaggi, a più di un mese dalle primarie non è stata ancora presentata la lista dei componenti della nuova segreteria. Mentre Repubblica parla della possibilità di un ritorno dei “governi ombra”, secondo Pagella Politica, i ritardi sono dovuti anche ai dialoghi tra Schlein e Bonaccini per concordare una segreteria “unitaria”, che abbia al suo interno anche elementi che fanno capo al candidato sconfitto.
Forse però, mai come stavolta, sarebbe il caso che i perdenti si rassegnassero e i vincitori scegliessero una volta per tutte la linea da seguire. Per evitare che si pensi che ci sia qualcuno dietro Schlein.
Infografica alla fine del carosello utile soprattutto a ricordarvi l’esistenza del compianto Guglielmo Epifani.
Per oggi è tutto, noi ci sentiamo venerdì prossimo.
Non prima di esserci appropriati del vero meme della settimana.
Ciao!
Bravissimi ☺️ di intelligenza leggera alla " Renzo Piano "