16 settembre - Il voto come esperienza religiosa
Il centrodestra si divide sull’Europa e Berlusconi alza la voce.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e ieri Roger Federer ha annunciato il suo ritiro dal tennis.
Riassunto degli ultimi giorni.
Sarà settembre o sarà questa notizia che segna la fine di un’era, ma sentiamo un po’ di malinconia nell’aria. Ieri, a questo proposito, si è tenuta l’ultima seduta della Camera di questa legislatura. Le immagini dei selfie da ultimo giorno di scuola rovinano questo romanticismo, ma la curiosità è che si è trattata anche dell’ultima seduta della Camera con 630 deputati.
Quest’immagine ha un che di storico o di poetico.
In ogni caso, la nostra appucundria mal si confà al raccontare una campagna elettorale, quindi proviamo a ricomporci.
Iniziamo.
Ieri il Parlamento Europeo ha votato un rapporto in cui definisce l’Ungheria non più una “democrazia perfettamente funzionante” ma ”un regime ibrido di autocrazia elettorale”. Si tratta di un parere non vincolante, ma simbolico nel definire i rapporti tra le istituzioni comunitarie e il governo di Budapest. La notizia per l’Italia, che poi è una non-notizia, è che Lega e Fratelli d’Italia, in coerenza con i propri gruppi all’Europarlamento, hanno votato contro l’approvazione di questo rapporto.
Meno attesa era però la reazione dell’unica compagine del centrodestra ad aver votato contro Orbàn, Forza Italia. Parlando al TG3, Berlusconi ha dichiarato di voler fare da garante di un governo che sia “liberale, cristiano e soprattutto europeista e atlantista”. Aggiungendo poi: «Se questi signori, i nostri alleati di cui ho certamente fiducia e rispetto, dovessero partire in direzioni diverse noi non staremmo nel governo».
On fire.
Il Partito Popolare Europeo, di cui fa parte Forza Italia, era il gruppo di appartenenza anche di Fidesz, il partito di Viktor Orbàn, prima che venisse estromesso. Una posizione così netta, dunque, non era così scontata. Forse si tratterà di wishful thinking, ma la sensazione è che sulla spinta dei timori europei, meno suscettibili dal farsi rassicurare dal nuovo volto presentabile dell’estrema destra italiana, il processo di dédiabolisation di quest’ultima stia subendo una battuta d’arresto.
Ne è la dimostrazione l’articolo in prima pagina dell’edizione odierna di Domani, in cui Giulia Merlo racconta le intimidazioni rivolte dai giovani di Fratelli d’Italia ad alcuni giornalisti stranieri. Virginia Kirst, giornalista per Die Welt, racconta di essere stata seguita e registrata mentre rivolgeva delle domande al pubblico di un comizio di Giorgia Meloni, il 23 agosto ad Ancona. Jorg Seisselberg, di Ard, afferma invece di essersi visto rifiutare, dall’addetto stampa del movimento giovanile di FdI, la possibilità di porre una domanda sul rapporto del partito con il fascismo.
I primi, timidi segnali che la reputazione di un partito non può essere ribaltata come un calzino in poche settimane e che la forzatura di certe operazioni rischia di essere perfino un boomerang.
Non serviva un genio a capire che la cieca fede nella redenzione di Fratelli d’Italia era mal riposta. Nonostante le buone intenzioni.
Nel centrosinistra, invece, si ragiona già su cosa verrà dopo le elezioni. Com’è tradizione, la prospettiva è quella di un bel repulisti, a partire da un cambio di segretario.
Stamattina su Repubblica c’è un’intervista a Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e figura che molti immaginano tra i favoriti per succedere all’attuale segretario del Partito Democratico. È forse la prima intervista di un esponente di spicco del PD in cui si esprime in maniera vagamente critica con la segreteria, o comunque non ne si sposa la linea al 100%. A partire dalla prima domanda, in cui sostiene che al partito servirebbe “una scossa” per vincere le elezioni.
Stefano Bonaccini essere piace:
Bonaccini non risponde alle domande dirette sul suo futuro, afferma che il suo impegno ogni giorno in Regione è “totale” e che parlare di un derby tutto emiliano per la segreteria con Elly Schlein, sua vice alla presidenza della regione è “una discussione surreale, lontanissima dai problemi delle persone”.
Non è un caso, comunque, che l’intervista a un esponente di spicco della corrente Base Riformista si chiuda sostanzialmente con l’auspicio del ritorno nel partito di Matteo Renzi.
Un’immagine che potrebbe rappresentare sia l’uscita che il ritorno di Renzi nel PD.
Da parte sua, Renzi in un’intervista a La Stampa continua a parlare dell’animo vendicativo di Enrico Letta e della propria intenzione di “fare come Macron”.
Se durante questa breve campagna elettorale la situazione a sinistra della destra vi sembrava poco chiara è evidente che non avete idea di cosa vi aspetta nei prossimi cinque anni.
Ah, a proposito di terzo polo: vi ricordate quella storia che l’Italia è il Turkmenistan in quanto a par condicio perché non si garantisce spazio in un dibattito a leader che non siano a capo di coalizioni maggiori?
Ecco, pare che lo spazio dedicato dalle TV a Calenda e Renzi sia davvero tanto.
Chiudiamo con una notizia che, volenti o nolenti, con la campagna elettorale c’entra poco.
Stanotte nelle Marche, come ormai saprete, in due ore si è riversata un terzo della pioggia che “normalmente” cade in un anno. Il risultato è un disastro ambientale come non se ne vedevano da un po’ in Italia. Al momento ci sono nove morti accertate e quattro persone disperse. Centinaia sono sfollate.
Il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per la regione e stanziato i primi 5 milioni di euro per affrontare le operazioni di salvataggio e recupero della zona.
Ci sembra l’occasione giusta per anticiparvi l’argomento del penultimo approfondimento, ennesimo argomento completamente sparito dal dibattito politico durante questa campagna.
Il tempo dedicato dai leader alla crisi climatica è praticamente nullo.
Twitter non vale, ovviamente. E crediamo alcune delle migliaia di risposte a Enrico Letta sotto questo tweet siano eloquenti a riguardo.
Come si fa? Come si fa?
Senza un rumore, giri la stanza
Se non vi era mancato questo tormentone estivo del 2021, pensate all’estate che ha passato chi come noi sta seguendo la campagna elettorale.
Come ormai avrete capito, siamo tipi nostalgici.
Ok, non questo tipo di nostalgici.
A domani!