Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
oggi è 26 maggio e tra cinque giorni c’è la finale di Europa League. Simone la sta vivendo benissimo.
Pietro invece, nel seguire i Celtics, è bloccato su questo momento.
Rispetto agli ultimi tempi è stata una settimana piuttosto tranquilla: ci sono nuovi sviluppi sulla risposta alle alluvioni in Emilia-Romagna (o meglio, dovrebbero esserci, come vedremo); e qualche altra storia interessante ma non di primissimo piano. Insomma, potrebbe essere la prima newsletter dalla lunghezza accettabile degli ultimi mesi.
Iniziamo.
Alla fine della scorsa settimana Giorgia Meloni avrebbe dovuto essere in Giappone per partecipare al summit del G7 di Hiroshima, dal 19 al 21 maggio. La premier in effetti ha preso parte al vertice, dove è stata protagonista anche di una veloce polemica con il primo ministro canadese Trudeau sullo stato dei diritti Lgbt+ in Italia, ma ha lasciato il Giappone con un giorno di anticipo per recarsi in Emilia-Romagna a portare il proprio sostegno alle popolazioni colpite dall’alluvione. Non prima di annunciare che il prossimo G7, in occasione della presidenza di turno dell’Italia, si terrà in Puglia.
Aspettiamo trepidanti di vedere Lino Banfi spiegare la ricetta delle orecchiette a Macron.
Appena rientrata in Italia, però, la gestione politica dell’emergenza non è stata delle migliori. Nella giornata di martedì il Consiglio dei Ministri ha approvato un primo decreto-legge emergenziale, che prevederebbe due miliardi di aiuti: ma il condizionale è d’obbligo in quanto, come riporta oggi Pagella Politica, il decreto non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Resta ancora poco chiara, quindi, anche l’origine di questi fondi.
Ma c’è anche un altro problema che agita la politica: il Consiglio dei Ministri di martedì avrebbe dovuto nominare anche il commissario incaricato per la gestione dell’emergenza e della ricostruzione, ma l’indicazione del nome è stata rinviata. Il motivo è la contrarietà di Lega e Fratelli d’Italia sul candidato favorito (e più ovvio, in effetti): ovvero il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.
“Stai sereno”
Come riporta Repubblica, visto il peso economico - si parla di circa dieci miliardi per la ricostruzione - e politico, con l’Emilia-Romagna che andrà al voto tra meno di due anni e mai così in bilico, la destra vuole dire la sua sul nome che andrà a gestire questa emergenza. Una pretesa che però ha sollevato obiezioni anche all’interno della stessa maggioranza: il presidente della Liguria Toti ha dichiarato che “scegliere qualcuno che non sia Bonaccini sarebbe incomprensibile” e anche il presidente della Calabria, il forzista Occhiuto, ha parlato di una scelta “illogica”.
Dal canto suo, Meloni ha rimandato la scelta sostenendo che sia prematuro parlare di ricostruzione quando “ci sono ancora i funerali da celebrare”; ed è corsa ad accogliere la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, anch’essa in visita nelle zone colpite. A questo proposito, Meloni ha annunciato che per l’emergenza si farà ricorso anche al Fondo di solidarietà Ue. Von der Leyen, in risposta, ha ricordato la possibilità di accedere anche al Fondo di coesione e ad approcci più strutturali e di prevenzione: un tema a cui la destra italiana sembra però essere allergica, almeno stando alle votazioni all’Europarlamento, come racconta Francesca De Benedetti su Domani.
Vibin’.
Il 21 maggio, al Salone del Libro di Torino, la ministra della Famiglia, della Natalità e per le Pari opportunità Eugenia Roccella è stata pesantemente contestata da una cordata di collettivi, su tutti Non Una Di Meno ed Extinction Rebellion (realtà molto radicate e diffuse in città). La ministra stava presentando il proprio libro “Una famiglia radicale” allo stand della Regione Piemonte del Salone quando dal pubblico sono arrivate le contestazioni. Oggetto della protesta erano soprattutto le posizioni di Roccella sull’aborto, molto favorevoli alla “piena applicazione” della legge 194 che regola l’accesso all’aborto e che lascia ampio spazio all’obiezione di coscienza. La ministra ha risposto alla contestazione inizialmente invitando le attiviste sul palco per “dialogare”. Quando poi la rappresentante dei collettivi ha finito di leggere il proprio documento, la ministra ha chiosato. «Vedo che non volete dialogare, ma solo fare proclami. E visto che avevate preparato il documento da leggere, contavate sul fatto che ve lo avrei fatto leggere».
«Gnoooo non potete leggere un documento politico dopo una contestazione politica!!!»
La storia non è propriamente nuovissima e col tempo è stata, anche giustamente, sotterrata da ciò di cui vi abbiamo già parlato. Le questioni lasciate in sospeso, tuttavia, non sono secondarie.
Da una parte, la “piena applicazione della 194” ha portato intere regioni (soprattutto quelle governate dalla destra) a negare in blocco il diritto all’aborto. Nelle Marche, nel cui capoluogo lo scorso 6 maggio è sfilato un corteo organizzato proprio da Non Una Di Meno a cui hanno preso parte 10mila persone, i medici obiettori di coscienza
Dall’altra i movimenti cattolici, antiabortisti e “anti-gender” in Italia stanno conquistando una parte importante della scena politica extraparlamentare a destra, come spiega bene Cecilia Pellizzari su DinamoPress. Soprattutto, però, godono anche al livello istituzionale di uno spazio politico e mediatico non indifferente, oltre che di incentivi economici volti a mirare in maniera attiva il diritto al controllo sul proprio corpo. Questo fenomeno, descritto da un’inchiesta di Scomodo sul numero di aprile 2023, riguarda alcune delle regioni più popolose d’Italia come la Lombardia e, appunto, il Piemonte che ha garantito a Roccella uno spazio di primo piano al Salone del Libro.
Poi vabbè, immaginiamo che abbiate visto questo video della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli che prende di mira Nicola Lagioia, direttore artistico del Salone. Al di là della condanna in terzo grado di giudizio per peculato citata da Lucarelli nel tweet che oggettivamente non c’entra nulla: cosa spinge Montaruli a citare i “soldi che si piglia” Lagioia, che per inciso non è il contestatore? Forse che se uno è pagato per organizzare un festival dove vige in realtà sarebbe meglio se stesse zitto? Concetto non nuovo, ecco.
Proprio sulla contestazione e sul rapporto che questa destra ha con la contestazione ci sarebbe da ragionare. La destra ha sempre avuto questo approccio e certamente non è un fatto esclusivo del governo di Giorgia Meloni. Allo stesso tempo, però, come ricordava giustamente Flavia Perina, donna molto poco di sinistra, su La Stampa: alla destra non è mai interessato così tanto il concetto di egemonia incontrastata e incontrastabile anche in circoli culturali più “ristretti” (di questa voglia di egemonia parlavamo, facendo riferimento proprio a Roccella, qualche numero fa).
Ora, però, in questa ricerca c’è un elemento nuovo che si chiama Elly Schlein. Gli esponenti politici della maggioranza, a partire proprio da Roccella in una lunga intervista su Avvenire, cercano di affibbiare alla segretaria del PD ogni movimento poco amato e considerato “estremo”, da Ultima Generazione a chi ha preso parte alla contestazione del Salone.
Torniamo sempre qui.
Ci sono, infine, due novità che riguardano aziende di Stato presenti o passate.
La prima è la cessione di ITA Airways, un tema di cui vi abbiamo parlato spesso in questa newsletter. La compagnia aerea tedesca Lufthansa ha acquistato il 41% delle azioni dell’ex Alitalia per 325 milioni di euro, con un’opzione per acquisire le restanti quote in un secondo momento.
Si tratta sicuramente di una notizia positiva per un’azienda che conta ad oggi 4.300 dipendenti e il cui nuovo piano industriale prevede una crescita di organico fino a 5.500 dipendenti. Resta però il nodo della profittabilità, che Lufthansa prevede possibile non prima del 2025. Altri due anni e sapremo se una questione più che trentennale è finalmente giunta ad un happy ending.
“Qui è il comandante che vi parla, e vi dà il benvenuto sull’Airbus Thomas Müller”
L’altra notizia è invece un aggiornamento s̶u̶l̶l̶e̶ ̶p̶u̶r̶g̶h̶e̶ sul rinnovamento in corso in Rai. Il nuovo amministratore delegato ha indicato i nomi dei nuovi direttori dei tre telegiornali: si tratta di Gian Marco Chiocci al Tg1 e Antonio Preziosi al Tg2, mentre per il Tg3 è stato confermato Mario Orfeo.
Sono - purtroppo? - lontani i tempi in cui la lottizzazione in Rai era molto più comprensibile, ovvero quando i tre partiti principali (Dc, Psi e Pci) si spartivano rispettivamente Rai 1, Rai 2 e Rai 3 in maniera più o meno costante. Oggi, stando alle ricostruzioni giornalistiche, la conferma di Orfeo al Tg3 conferma l’influenza del centrosinistra sulla terza rete, mentre il nome di Chiocci viene accreditato come più vicino a Fratelli d’Italia e quello di Preziosi sarebbe in quota Forza Italia. Per approfondire, comunque, c’è una bella puntata del podcast Politics del Post che ne parla.
Ma la notizia della settimana è soprattutto l’addio di Lucia Annunziata, che ha annunciato di voler lasciare l’azienda in polemica con le scelte operate dal nuovo governo sull’emittente di Stato. Non ci sentiamo di aggiungere granché rispetto al commento di Alessandro Gillioli, direttore di Radio Popolare: andarsene da una proprietà sgradita è di sicuro un lusso che possono permettersi pochi giornalisti di estrema popolarità, come la stessa Annunziata o come Fabio Fazio che l’ha anticipata di pochi giorni. Ma è comunque un segnale di dissenso apprezzabile, nonché un sintomo dell’aria non esattamente serena che tira in Rai.
Noi, per parte nostra, la ricordiamo così.
Per oggi è tutto, e nonostante la lunghezza limitata siamo comunque in ritardo. Non ce la faremo mai.
Noi ci sentiamo venerdì prossimo, ciao!
Brevi precisi e compendiosi😚Voi aspetto 😏