Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e per questa newsletter avevamo un terrore: aver già superato la fase storica che ci permettesse di dedicare quasi un intero numero a Silvio Berlusconi. E invece.
Oggi questo meme è vecchio esattamente di una legislatura.
Nella giornata di oggi Giorgia Meloni ha ricevuto da Mattarella l’incarico di formare un governo, che ha accettato presentando anche la lista dei ministri. Il giuramento si terrà domani mattina alle 10.
Ma per tutta la settimana questa prospettiva, in apparenza naturale dopo l’esito delle elezioni, è stata messa in discussione dal leader di Forza Italia, scatenato come ai tempi d’oro.
Per qualche giorno si è andati avanti così. Tutto il giorno.
Ma lo show del Cavaliere non è destinato solo a darci materiale per scrivere/memare, ma anche a cambiare un po’ di equilibri interni al centrodestra. Ha influito nella formazione del governo, ma non solo.
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Iniziamo.
Ci eravamo lasciati con ripetute istantanee della mano di Berlusconi, tra cui anche quella in cui mostra degli appunti con aggettivi non troppo simpatici verso Giorgia Meloni. La risposta della leader di FdI a quel foglietto ha fatto diventare quell’immagine un affare di Stato, letteralmente.
Ricostruzione ufficiale.
Per ricomporre la frattura è stato necessario un incontro chiarificatore tra i due, avvenuto lunedì nella sede di Fratelli d’Italia in via della Scrofa a Roma. Prima del quale si vociferava che Berlusconi volesse presentarsi da Meloni con un mazzo di rose.
Il meeting è riuscito se non altro ad evitare che Forza Italia uscisse dal progetto di governo, decretandone quindi la fine prima ancora che l’esecutivo vedesse la luce; e allo stesso tempo a scongiurare l’ipotesi di un appoggio esterno degli azzurri. Ma a cambiare di nuovo le carte in tavola è stata una fuga di notizie imprevista.
L’agenzia di stampa LaPresse ha pubblicato nei giorni scorsi due audio registrati durante la riunione dei parlamentari di Forza Italia, in cui Berlusconi parla dei suoi rapporti con Putin e della sua versione sullo scoppio della guerra in Ucraina. Una versione sorprendentemente simile a quella del Cremlino, che Berlusconi aveva già esplicitato in campagna elettorale (ne avevamo parlato qui). Negli audio, ad esempio, Berlusconi sostiene di aver “riallacciato i rapporti con Putin”, che gli avrebbe regalato “venti bottiglie di vodka per il suo compleanno”, lo scorso settembre.

Un regalo che prima ancora di essere di cattivo gusto, potrebbe essere illegale.
Il leader di Forza Italia insiste con la versione della Russia costretta ad intervenire in Ucraina per deporre Zelens’kyj: e proprio quando, parlando del presidente ucraino, si astiene dall’esprimere un giudizio (“lasciamo perdere, non posso dirlo…”) si sentono i parlamentari forzisti applaudire. A dimostrazione del fatto che le posizioni filorusse siano tutt’altro che minoritarie nel partito.
Sono state infatti diverse le voci che hanno fatto notare che, dopo le “follie russe” di Berlusconi, fosse fuori luogo assegnare la Farnesina ad un esponente di Forza Italia.
“Berlusconi? Non l’ho mai visto, giuro”
Avete presente quella cosa che quando inizia un governo quello precedente gli lascia il posto, no? Ecco, ieri notte c’è stato l’ultimo atto del governo Draghi.
Giornalisti italiani refresheranno compulsivamente:
Ieri i leader europei si sono riuniti per l’ultimo Consiglio europeo a cui l’ex presidente della BCE ha preso parte in qualità di capo del governo italiano. L’argomento è sempre quello da mesi: istituire o no un tetto europeo al prezzo del gas. L’idea sembrava essersi sbloccata qualche settimana fa, fino al momento in cui il governo tedesco guidato da Olaf Scholz aveva deciso di fare da sé, introducendo un price cap tutto tedesco. Manovra da 200 miliardi di euro, assolutamente insostenibile per chiunque non sia la Germania.
Tipo l’Italia.
Gli Stati membri dell’UE indiziati nell’opporsi al tetto europeo sono sempre gli stessi che si opponevano al NextGenerationEU: Germania e Olanda. La Francia, come per i soldi del Recovery Plan, è favorevole al tetto. Anche perché sta spendendo davvero tanto di tasca sua per calmierare i prezzi dell’elettricità (altra misura che l’Italia si sogna), e non può sfoggiare la stessa disinvoltura della Germania quando si tratta di spesa pubblica.
Nella notte si è arrivati a quello che Politico definisce «un classico risultato da UE: qualche progresso, qualche concessione e promesse di moltissime altre discussioni». Draghi ha deciso di giocarsi la carta “canto del cigno” in serata, e ha aperto le danze chiedendo un fondo comune alimentato con debito emesso dall’Unione. Indovinate cos’hanno risposto Germania e Olanda.
Questo ma con la voce di Mark Rutte dopo una risatina.
Si è arrivati quindi a una soluzione piuttosto composita, riassunta da Claudio Tito su Repubblica. La novità principale è che ora la Commissione europea ha una ventina di giorni per scrivere un piano da sottoporre ai ministri dell’Energia europei. Il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco, oltre che vicecancelliere, il verde Robert Habeck, è probabilmente il più contrario nell’esecutivo tedesco a un price cap. Rutte ha aggiunto che è «difficile» che si arrivi a un price cap in tre settimane. Per vedere la risposta che verosimilmente Germania e Olanda daranno alla proposta della Commissione, quindi, vedere sopra.
Ah comunque, meme già pronti: la proposta di tetto al prezzo del gas a cui si vuole arrivare è stato definito price cap “dinamico”.
Next up: il tetto al prezzo del gas atletico.
Al momento, comunque, questi compromessi su carta servono solo a tenere a bada l'indice TTF alla borsa di Amsterdam. Nella conferenza stampa conclusiva del suo mandato da premier Draghi ha sottolineato che «dopo che si è diffusa la notizia di quest'accordo [il prezzo del gas] è calato del 10%», scendendo a 114 € al megawattora.
E così si chiude il governo Draghi.
So long, and thanks for all the fish (non di Gubbio).
Dall’opposizione per ora sono arrivati pochi segni di vita, oltre quelli che hanno salvato la candidatura al Senato di Ignazio La Russa.
Manco a dirlo, l’epopea più divertente è quella che coinvolge il Terzo Polo. Gli esponenti di Azione e Italia Viva accusano PD e 5 Stelle di essersi spartiti le vicepresidenze delle camere (che sono state distribuite così).
In effetti, capita quando qualcuno ti offre di fare un patto di opposizione e tu declini.
Al momento la pace tra Russia e Ucraina è molto più verosimile di quella tra Carlo Calenda e il suo cervello.
Intanto stati nominati anche i capigruppo. La vera novità è la “falsa riconferma” dei capigruppo di Fratelli d’Italia. Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani, infatti, sono stati entrambi scelti come ministri, e dovranno essere sostituiti da nuove nomine.
Mentre scrivevamo questa newsletter, Meloni ha anche annunciato i nomi dei ministri del suo governo. Ci sono alcune conferme di peso (tra cui Tajani e Giorgetti, di cui vi dicevamo già la settimana scorsa) e alcune sorprese. La più grossa, probabilmente, è che gli unici ministeri “tecnici” siano quello della Salute (affidato al rettore dell’Università di Roma di Tor Vergata, Orazio Schillaci) e quello del lavoro (dove si insedierà Marina Calderone, presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro dal 2005).
Tutto il resto è squisitamente politico. 22 ministri su 24. Vale anche per quei ministeri, come Interni (Matteo Piantedosi) e Giustizia (Carlo Nordio), che sono andati a figure non strettamente partitiche ma legate a doppio filo con forze di maggioranza (rispettivamente Lega e Fratelli d’Italia).
E poi c’è Maurizio Lupi, dato per certo come ministro fino all’ultimo, ma escluso dal governo come punizione per essersi presentato con il simbolo più brutto della storia delle elezioni politiche.
Potete trovare la lista completa qui (o qui, se siete fan delle grafichine).
In questi giorni cercheremo di parlarne in maniera un pelino più approfondita. Se non doveste sentirci, siamo alla ricerca della vodka di Berlusconi.
In ogni caso, ci sentiamo venerdì prossimo.
Ciao!