Easter egg
Le liste per le Europee iniziano a mettere i brividi. Poi ancora il Superbonus e l'ultima di Valditara.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
avete smaltito pranzi e grigliate pasquali? Ci auguriamo di sì, perché altrimenti dopo questo numero potrebbero restarvi sullo stomaco.
Questa settimana torniamo a fare quello che ci viene meglio: raccontare le nevrosi che assalgono il centrosinistra alla vigilia di qualsiasi elezione, soprattutto quando arriva il momento di decidere le candidature. Una nevrosi dalla quale non sfugge - anzi - nemmeno la galassia di partitini che popolano il centro, e che stanno provando a riassestarsi in vista delle elezioni europee.
Ma c’è spazio anche per il Superbonus, che non fa dormire sonni tranquilli al ministro Giorgetti - come se non bastasse far parte della Lega OGGI - e l’ennesima uscita ridicola del ministro Valditara, che ormai non esitiamo a piazzare nella top 3 dei ministri più improponibili di questo esecutivo.
La puntata è uscita il sabato prima di Pasqua, ma le feste non hanno aiutato a placare i nervi.
Insomma, visto che il materiale non è assolutamente scarso, iniziamo.
Partiamo dal PD.
Negli scorsi giorni sono iniziate a venir fuori le prime certezze tra le candidature dei Dem, più o meno fedeli alle voci che si rincorrevano nelle scorse settimane. Nella circoscrizione Sud, ad esempio, i primi due nomi in lista saranno Lucia Annunziata, l’ex conduttrice di In mezz’ora a lungo corteggiata dalla segretaria Schlein; e Antonio Decaro, sindaco di Bari, nonostante il momento non proprio felicissimo che sta vivendo la sua giunta - di cui vi abbiamo detto la scorsa settimana. Nelle liste del Centro Italia, invece, è ormai sicura la candidatura di Marco Tarquinio, ex direttore del quotidiano cattolico Avvenire. E nei giorni scorsi si era vociferata persino l’ipotesi di candidare Ilaria Salis per provare a garantirle l’immunità dai suoi processi.
“Ma guarda in realtà ho conosciuto sto ragazzo, Laszlo, simpaticissimo”
Ora, queste notizie fanno sorgere almeno due interrogativi: uno riguarda l’uso dei candidati civici, la seconda invece il messaggio che si nasconde dietro di essi.
La segretaria Schlein ha provato nei giorni scorsi a promuovere uno schema che prevedeva cinque donne civiche - quindi non appartenenti al PD - come capolista in ciascuna delle cinque circoscrizioni, con un candidato invece politico (e uomo) in seconda posizione e la stessa Schlein in terza posizione. Una struttura ormai quasi definitivamente saltata anche per la rivolta delle donne interne al PD, che sarebbero penalizzate dal voto che prevede l’alternanza di genere, con la possibilità di esprimere al massimo due preferenze per donne (la capolista civica e Schlein, appunto) su tre totali.
In realtà, probabilmente, quello che Schlein sta provando a portare avanti è un tentativo, assolutamente legittimo, di plasmare la squadra che il PD porterà a Bruxelles a sua immagine e somiglianza, per evitare pericolose insubordinazioni. L’hanno fatto tutti i segretari: Renzi parlava apertamente di rottamazione, ma anche il tigrotto Letta non è stato da meno un paio di estati fa.
Il problema, semmai, è che se l’immagine di partito che vuole trasmettere Schlein è quella di un assemblaggio posticcio di figure più o meno note al pubblico - e spesso note perché anche molto critiche con il PD - allora forse c’è un problema. A maggior ragione se su molti temi, poi, queste figure portano nel partito opinioni radicalmente diverse: Tarquinio, ad esempio, da cattolico convinto, avrà magari una visione leggermente più pacifista riguardo alla guerra in Ucraina. Ma sarà totalmente disallineato rispetto alle posizioni di Schlein in materia di diritti civili. Il gioco vale davvero la candela?
E ovviamente, nella settimana in cui il PD inizia a comportarsi da PD, figuriamoci se dal centro potevano lasciar cadere questo guanto di sfida.
Politically retro.
La notizia di questa settimana è che +Europa e Italia Viva avrebbero trovato un accordo per una lista che promuove gli “Stati Uniti d’Europa”. Anche se le rispettive segreterie tendono a smorzare gli entusiasmi riguardo alla chiusura dell’affare, quindi piano con l’Here we go.
Nella lista sarebbero compresi anche il PSI (sì, esiste ancora), il partito transnazionale Volt e i Liberal Democratici Europei, partitino di cui era entrato a far parte Andrea Marcucci dopo l’uscita dal PD e che comprende anche l’eurodeputato (per la Francia) Sandro Gozi e l’ormai leggendario Oscar Giannino. I vecchi mostri.
Chi invece non è compreso in questo meraviglioso girotondo è Carlo Calenda, che per ora resta indipendente insieme al supporto di diverse forze troppo piccole per essere citate tutte: menzioniamo il Partito Repubblicano Italiano (esiste ancora pt. 2) e NOS, forza politica nata dal fondatore di Will Media pochi mesi fa e che ci ha messo pochissimo a capire come funziona la politica italiana, per così dire.
Quando invece la politica italiana NON funziona, finisce così.
In questi casi, forse, siamo di fronte all’esempio opposto rispetto all’atmosfera punitiva che si respira nel PD: il centro si conferma come un’area sempre meravigliosa in cui una sparuta classe dirigente autoproclamatasi la più intelligente d’Italia, è costantemente convinta di avere dietro di sé folle oceaniche, salvo poi restare delusa ad ogni elezione. Con lo sbarramento per entrare nell’Europarlamento fissato al 4%, noi non aggiungiamo altro, ci sediamo e ci godiamo lo spettacolo.
In chiusura, le due storie che riguardano il governo. E due ministri in particolare.
La prima chiama in causa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che già qualche mese fa aveva dichiarato di avere mal di pancia ogni volta che pensava al Superbonus. E infatti, la scorsa settimana è arrivata l’ennesima stretta - un po’ a sorpresa - sulla misura, con il taglio di qualsiasi tipo di sconto in fattura e di cessione del credito per gli interventi finanziati con il bonus.
In questa newsletter ci siamo già espressi sulla misura, anche in maniera piuttosto critica, sottolineando ad esempio come molti dei numeri sbandierati da Giuseppe Conte sui benefici del Superbonus non stiano né in cielo né in terra. Rimane però il fatto che la solerzia nell’attacco a questa misura, così come al Reddito di cittadinanza, non sia la stessa nel proporre indirizzi politici alternativi per rilanciare l’economia. E mentre il governo sbraita contro l’Ue perché obbliga a rendere le case degli italiani più sostenibili, forse sarebbe stato sensato pensare ad un piano per dirottare quella spesa verso lidi più utili, invece di cancellarla. L’alternativa allo spendere male dovrebbe essere spendere bene, non smettere di farlo.
L’altra storia invece riguarda il nostro ormai celebre ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, che in settimana ha rilanciato una strampalata proposta per limitare il numero di stranieri nelle classi, fissandolo intorno al 20%.
Proponendola con un tweet totalmente sgrammaticato che noi qui abbiamo reso un po’ più comprensibile.
L’ennesimo provvedimento - o addirittura, come in questo caso, annuncio senza un vero seguito - che cavalca un caso di cronaca: in questo caso, quello della scuola di Pioltello che ha annunciato un giorno di chiusura per la fine del Ramadan, in quanto la maggior parte dei suoi studenti, in maggioranza musulmani, sarebbe stata assente in ogni caso. Un provvedimento contestato dalla Lega e applaudito, invece, nientedimeno che dal Presidente Mattarella, che per la seconda volta in poche settimane si è trovato a prendere una posizione che ha messo in imbarazzo il governo, dopo Pisa.
Insomma, dietro i legittimi meme sull’analfabetismo di Valditara c’è una storia politica molto più complessa. Nonché una visione della scuola decisamente più preoccupante.
Per questo numero è tutto, noi ci sentiamo la prossima settimana.
Ciao!