Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e qualcuno dica a Calenda che quando si parla di “re Carlo” non si sta parlando di sondaggi favorevoli al Terzo Polo.
Ultima foto a noi nota che ritrae insieme Elisabetta II e Carlo Calenda.
La morte della regina Elisabetta II del Regno Unito è stata accolta in Italia con una raffica di articoli, servizi, speciali. Il TG1 era straordinariamente pronto per l’edizione delle 20 con un intero speciale dedicato a una persona dichiarata morta alle 19:30. Aveva lanciato la notizia in anticipo persino il Guardian, giornale britannico che storicamente ha poco amore per la monarchia.
L’ultima volta che una morte era così palesemente annunciata prima dell’ufficialità e che i giornali italiani hanno dovuto aspettare così tanto prima di dare la notizia e sfogarsi con “coccodrilli” lunghi due chilometri probabilmente era per la morte di Sergio Marchionne.
Comunque, ne leggerete (e probabilmente ne avrete già lette) di ogni sulla morte della regina albionica. Il nostro consiglio è di evitare come la peste titoli tipo la fine di un’era (quante ere sono finite dalla fine dell’ultimo governo di Angela Merkel un annetto fa?).
Dopodiché ci sono prime pagine in cui “La fine di un’epoca” è decisamente il problema minore.
Altro grande classico è si chiude definitivamente il Novecento (non era già chiuso con la morte di Gorbačëv?).
Pezzi di Novecento che non si chiuderanno mai, reperto 1.
Insomma, oggi questa “morte illustre” ha un po’ eclissato il resto delle notizie. Istintivamente immagino che sia un sospiro di sollievo per molte persone, anche tra coloro che leggono questa newsletter, ma quel che c’è scritto sui quotidiani dopo una decina di pagine di ricordi dell’eterna monarca non è rassicurante.
Iniziamo.
Giornata che definire “nera” sul fronte europeo è dire veramente pochissimo.
Ieri pomeriggio Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, ha annunciato una modifica storica della politica monetaria dell’UE. Quante volte avete sentito nominare il whatever it takes di Mario Draghi? Ecco, quella roba lì sta tramontando definitivamente.
La BCE ha aumentato i tassi di interesse dello 0,75%, aumentando così sostanzialmente il costo del denaro. È il rialzo più sostanzioso della storia della moneta unica, e arriva dopo un primo rialzo dello 0,50% arrivato a luglio. Per undici anni i tassi erano stati fermi a zero. In parte è una risposta alla politica della Federal Reserve statunitense, che a sua volta aveva alzato i tassi, in parte sembrerebbe che Lagarde voglia seguire la stessa politica nel disperato tentativo di fermare l’inflazione.
Ma se aumentano i tassi fare investimenti è meno conveniente, il che vuol dire che l’economia dei paesi europei è meno… “viva”, e potrebbe smettere di crescere dopo la lieve ripresa post-lockdown. Cioè entrare in recessione.
Più o meno il trattamento riservato all’economia dei paesi europei negli ultimi due anni e mezzo.
Le reazioni dei partiti sono state per ora piuttosto timide, ma l’aria che si respira non è confortante. Giorgia Meloni ha espresso «perplessità» sulla scelta della BCE, e potrebbe essere letteralmente la prima volta in questa campagna elettorale che la leader di Fratelli d’Italia non si dimostra pienamente allineata con i piani alti dell’UE. Il ministro del lavoro ed esponente del Partito Democratico Andrea Orlando in un tweet parla di «vecchie ricette» e si dimostra preoccupato per la scelta della BCE.
Insomma, la situazione non è delle migliori. Su Domani, il bocconiano Franco Bruni parla in lungo e in largo del periodo in arrivo di politiche “restrittive”, con tassi alti, in antitesi a un lungo periodo di politiche “espansive”. Ma confessa un particolare cruciale, ovvero che a fronte di previsioni della BCE di un’inflazione al 2% per il 2024 non è possibile fare previsioni affidabili, soprattutto a breve termine, perché Lagarde «non controlla il prezzo del gas».
Come ci immaginiamo la presidente della BCE alle prese con l’inflazione.
A proposito di gas, altre pessime notizie dall’Europa: oggi, a seguito del Consiglio straordinario per l’Energia, si è deciso che il tetto al prezzo del gas tanto agognato sarà discusso a ottobre. Per adesso la Commissione si limiterà a lavorare a misure per «limitare l'impatto dei prezzi del gas sull'elettricità e ridurre la domanda di elettricità».
Insomma, dopo BCE e Commissione ci aspettiamo solo un intervento a gamba tesa sul debito pubblico del Fondo Monetario Internazionale per rispolverare tutto ciò che è stato scritto su questo magico terzetto.
Ph'nglui mglw'nafh Troika Bruxelles wgah'nagl fhtagn.
Nel frattempo, alcune posizioni dei leader per rispondere alla crisi sono cambiate. Se da una parte la Lega e Matteo Salvini hanno continuato senza sosta a chiedere uno scostamento di bilancio dal valore di 30 miliardi, attori più cauti e contrari a fare debito per affrontare i prezzi impazziti hanno cambiato idea. Ieri Meloni, ospite di Casa Italia (SkyTG24), ha aperto timidamente allo scostamento, parlandone come di una misura che non si farebbe «a cuor leggero». Intervistato da Repubblica, invece, persino Carlo Calenda ha dichiarato che «se dovesse esserci la necessità di fare un piccolo extra deficit, io proprio non mi porrei il problema».
Alla faccia del piccolo.
Apriamo una parentesi su quel che è successo tra ieri e oggi nella pagina dei commenti di Repubblica. Ieri il quotidiano ha ospitato una lettera aperta di Carlo Cottarelli, che vi ha scritto a lungo e oggi è candidato per il PD a Milano, a tema flat tax. L’ex FMI ha parlato di misura iniqua, soffermandosi tanto su quanto ci guadagnerebbero i più ricchi.
Oggi è arrivata la risposta, nella stessa pagina dei commenti, da parte di Armando Siri, senatore leghista (ora candidato alla Camera) e dal 2015 responsabile economico del partito, oltre che ideatore di questa proposta di flat tax.
La risposta di Siri ha un attacco che sembra tratto da Amici Miei.
Da incorniciare.
Non ci addentreremo nelle specifiche della proposta, di cui abbiamo già ampiamente disquisito. Ma il commento di Siri è interessante soprattutto per un altro aspetto. In chiusura, il leghista ricorda che nel programma del PD c’è la proposta di «aggiungere uno stipendio a tutti (senza limiti di reddito a quanto pare) che costerebbe 54 miliardi», e che il PD non ha pensato a coperture a riguardo.
La definizione di campagna elettorale è diventata tutt’a un tratto “candidati che si accusano a vicenda di non sapere come pagare per quel che propongono”.
Ora si capisce, in effetti, perché Giorgia Meloni sostanzialmente non proponga nulla.
Due notizie, collegate tra loro, prima di salutarvi.
Oggi è l’ultimo giorno di diffusione dei sondaggi. Da domani, secondo le regole elettorali, scatta lo stop. Fatene tesoro, ma sappiate che moltissimo può cambiare nelle prossime due settimane. In questa campagna elettorale così anomala abbiamo visto di tutto, e tutto ci saremmo immaginati meno che vedere il Movimento 5 Stelle superare la Lega, invertendo un trend che durava dal 2018.
In alcuni sondaggi, il divario è minimo. Ad esempio, secondo i dati Demos divulgati da Ilvo Diamanti su Repubblica, sarebbe di meno di due punti. Più o stesso vale per il sondaggio di Ipsos, riportato sul Corriere da Nando Pagnoncelli. Ma secondo un discusso sondaggio a cura di CISE (centro di studi elettorali dell’università privata LUISS), condotto con un metodo quanto meno peculiare, il divario sarebbe addirittura di 7 punti.
La tattica di Salvini per recuperare i 5 Stelle sarebbe dire a Conte «oh guarda qui che c’ho!» per poi tirargli un cazzottone sulla spalla.
Intanto, il Movimento 5 Stelle continua nell'instancabile opera di inserimento di tronchi tra le ruote del dimissionario governo Draghi. In aperta contestazione con norme più stringenti sul Superbonus (misura di cui avevamo in parte parlato qui), il M5S ha presentato alcuni emendamenti al decreto Aiuti approvato ad agosto. Così gran parte dei 17 miliardi sarebbe sostanzialmente bloccata, almeno secondo vari ministri dell’esecutivo.
Insomma, oggi niente allarme democratico e battibecchi tra forze contrapposte alla destra.
Se dovesse continuare così per altre due settimane chiederemo indietro i soldi del biglietto e una cinquantina di giorni della nostra vita.
A domani!