12 settembre - Rotolando verso sud
La proposta del PD per il Mezzogiorno e un confronto tra leader che ci spaventa.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e oggi non abbiamo un modo migliore per aprire se non con una foto di Marco Spissu.
Eccolo.
Chiediamo scusa ai fan del volley, che meriterebbe uguale se non maggiore spazio, ma non ci vergogniamo di dire che ognuno tira acqua al proprio mulino.
Ora, però, torniamo a un’altra cosa che ci unisce riempiendoci dell’orgoglio di essere italiani: la nostra meravigliosa campagna elettorale.
L’Italia chiamò. Iniziamo.
I giorni passano, i sondaggi sono fermi da sabato e qualunque leader non abbia condotto una campagna elettorale impeccabile è in preda al panico.
E sfidiamo chiunque a dire che quella di Enrico Letta sia stata una grande campagna elettorale.
Vi sveliamo un indicatore: quando un leader politico che ha il carisma di uno yogurt dice parolacce in diretta tv, la sua campagna elettorale non sta andando bene.
Quel che fa una certa impressione della campagna di Letta da una settimana a questa parte è la tendenza a parlare quasi esclusivamente dei voti necessari per recuperare lo svantaggio. I temi su cui battere sono molto spesso giovani e lavoro, ma da quando ha divulgato un certo video il segretario del Partito Democratico sembra posseduto. Se non parla per ventiquattr’ore di strategia per raccattare voti vuol dire che è stato un giorno molto buono. E temiamo che nel PD di giorni buoni, dal 20 luglio, ce ne siano stati pochini.
L’ultima trovata del leader del PD è raccontata oggi da Monica Guerzoni sul Corriere, e si parla soprattutto di puntare sull’apporto alla campagna elettorale del sindaco di Bari Antonio Decaro, del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e, ovviamente, del presidente campano Vincenzo De Luca. Per questi ultimi, rieletti nel 2020, “la vittoria non era scontata”.
Come per ogni tema che si rispetti in questa campagna elettorale, anche il programma del PD per il Mezzogiorno resta sullo sfondo: si parla della “Carta di Taranto”, ovvero un manifesto “per il Sud e le Isole” proposto dal partito. Il documento di sei pagine raccoglie le proposte del PD per le regioni del Mezzogiorno. Molte, non sorprendentemente, hanno natura fiscale. Si parla di sostanziosi sgravi: «Realizzare la “Fiscalità di vantaggio per il lavoro al Sud”», «rendere strutturale il taglio del 30% dei contributi previdenziali per le lavoratrici e i lavoratori del Mezzogiorno» (misura adottata in via emergenziale nel 2020 e rinnovata nel 2022) o «incentivi fiscali, come il dimezzamento della tassazione sulle imprese IRES».
La questione delle coperture economiche per le proprie proposte spiegata da Scrocchiazeppi.
In ogni caso, la sostanza delle proposte del PD viene riassunta da agenzie e testate un po’ ovunque come “difendere i fondi del PNRR per il Sud” contro una potenziale nuova stesura del Piano, idea promossa dalla destra. Se continua così, le proposte dei partiti sul Mezzogiorno difficilmente sfonderanno in questa campagna elettorale.
Insomma, la strategia di Letta per il Sud non è troppo solida. Anche perché, com’è già stato ampiamente raccontato dai giornali nelle settimane passate, questa parte del paese è vista come territorio di conquista da un altro leader, ovvero Giuseppe Conte. Anche le proposte del Movimento 5 Stelle puntano sulla “decontribuzione Sud”, e c’è un accento sul sostegno alle strutture per contrastare la crisi idrica.
Chi si sofferma molto su progetti specifici sono destra e Azione/Italia Viva. Gran parte di questi programmi si sofferma sulle infrastrutture, e in entrambi i casi è centrale l’estensione dell’alta velocità. La destra, poi, si concentrerebbe su grandi storie di successo italiane come Salerno-Reggio Calabria o Ponte sullo Stretto, mentre il terzo polo vorrebbe fare del Sud «l’hub energetico del Mediterraneo», soprattutto come polo di interscambio e passaggio di gasdotti. Insomma, la lista di Calenda e Renzi è convinta che il meridione possa essere «un protagonista assoluto delle dinamiche della geopolitica mediterranea».
Che dev’essere il motivo per cui l’ENI continua a puntare su progetti miliardari in Egitto.
Un altro importante particolare di questa giornata di campagna elettorale è l’Europa. Di politica europea avevamo già parlato più estesamente qui, e dobbiamo dire di essere piacevolmente sorpresi dal cambio di passo di Giorgia Meloni.
Dopo giorni di silenzio (o al massimo di timidi accenni a “perplessità” sulle recenti scelte della BCE in termini di politica monetaria) la leader di Fratelli d’Italia ieri è tornata sull’argomento da cui più si è tenuta alla larga in questa campagna elettorale durante il comizio a Piazza del Duomo, a Milano. Come racconta Matteo Pucciarelli su Repubblica, la piazza non era quella delle grandi occasioni e Meloni ha dovuto trovare un altro modo per far parlare di sé.
Riferendosi al tetto europeo prezzo del gas, Meloni ha ritenuto fosse il caso di rimarcare che con lei al governo «la pacchia è finita».
Beh, di buon augurio.
Ha fatto presente che sono «gli amici di Calenda» (ovvero l’Olanda guidata da Mark Rutte, il cui Volkspartij voor Vrijheid en Democratie fa parte del gruppo europarlamentare Renew Europe, presente anche nel simbolo della lista Azione-Italia Viva) e «gli amici di Letta» (il cancelliere tedesco Olaf Scholz è leader dell’SPD, socialdemocratici in Germania e in Europa, insieme al PD) contrari al price cap. Ma tra gli altri paesi a non volere il tetto ci sono anche l’Ungheria di Viktor Orbàn, riferimento politico sovranista da sempre per Meloni, e la Repubblica Ceca guidata da Petr Fiala, dell’Občanská Demokratická Strana, partito alleato di Fratelli d’Italia nei Conservative & Reformists.
Giorgia Meloni ed Enrico Letta si confronteranno per la prima e unica volta oggi alle 18:00 in diretta sul sito del Corriere. È un po’ prestino per il drinking game, ma comunque ve ne parleremo domani.
Se vi ricordate, l’AGCOM si era pronunciata in senso contrario a un confronto a due sulla Rai, proposto da Bruno Vespa. Aveva festeggiato Carlo Calenda, che oggi però si ritrova comunque escluso dal dibattito al Corriere.
E ha ben pensato di “autoinvitarsi”. Nel senso che “parteciperà a distanza”.


Nel senso che sui suoi canali social ci sarà lui a commentare il dibattito dalle 19, un’ora dopo l’inizio confronto. Per vedere anche questo dovremmo ubriacarci per forza.
Calenda aveva invitato anche Conte per questa sorta di live reaction al dibattito. Il leader dei 5 Stelle non ha risposto.
Snobbato, Calenda ha elegantemente sottolineato in altro contesto che «il M5S non esiste».
Per oggi è tutto.
Mancano meno di due settimane alle elezioni, e abbiamo la piacevole sensazione che il peggio debba ancora venire.
A domani!