Spyaze Story
Cosa sappiamo sulla storia del dossieraggio e sui suoi - improbabili - protagonisti.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e questa settimana la storia principale è intricatissima. Motivo per cui, anche più delle altre volte, vi invitiamo ad ascoltare la puntata del podcast in cui proviamo a ricostruirne le fila in un discorso di senso compiuto - più o meno, visto che la nostra incapacità di restare su uno stesso argomento per più di 30 secondi non riesce a non prendere sempre il sopravvento.
C’è spazio, però, anche per un punto più politico: ieri si è votato in Abruzzo, e i primi risultati dicono che l’effetto Sardegna non si è visto. Mentre per tornare alle cose europee, il lancio della campagna di Ursula Von der Leyen alla Commissione ci suggerisce un po’ di cose - la maggior parte delle quali preoccupanti.
Detto questo, iniziamo.
Sulla storia del dossieraggio, è necessario partire dall’inizio.
Tutto inizia da una denuncia del ministro Guido Crosetto, che ad ottobre 2022 segnala alla procura di Roma come alcune inchieste portate avanti dal quotidiano Domani contenevano informazioni su di lui molto dettagliate e precise, chiedendo quindi di indagare per capire se i modi per ottenerle fossero stati leciti.
Questa prima segnalazione ha permesso ai pm di Roma di risalire alla figura del tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano, che sarebbe il responsabile dell’accesso alla banca dati dell’Agenzia delle Entrate. Striano - che poi ha chiamato in causa diverse altre persone, per un totale di sedici indagati - avrebbe agito interrogando le banche dati tramite SOS, Segnalazioni di origine sospetta: ovvero le segnalazioni che vengono inviate quando si sospettano casi di riciclaggio o finanziamento al terrorismo.
Qualche spunto. Il primo è che, se ci si poteva aspettare l’attacco della destra allo scoppio del caso (con Fratelli d’Italia che ha parlato di “atti eversivi”), meno prevedibile era che al centro della bufera ci finissero i giornalisti. Le parole della premier Meloni, secondo cui «scopriamo che ci sono funzionari dello Stato Italiano che fanno dossieraggi ad personam per passare le notizie ad alcuni giornali, segnatamente al giornale di De Benedetti (il Domani, ndr)», si scontrano con il fatto che secondo gli inquirenti il passaggio dei documenti ottenuti abusivamente ai giornalisti (di cui tre risultano tra gli indagati) non rientra nell’attività di dossieraggio.
Riassunto con riferimento all’attualità.
Mentre per quanto riguarda la ricerca dei “mandanti”, forse la destra farebbe bene a rivolgere lo sguardo altrove piuttosto che alla pericolosa lobby dei giornalisti: secondo alcune ricostruzioni, tra i soggetti delle ricerche di Striano ci sarebbe perfino la moglie, il che lascia pensare che i motivi del suo agire siano totalmente diversi dal voler semplicemente fornire informazioni alla stampa.
Per parte nostra, abbiamo già scelto la nostra teoria del complotto: dalle indagini sul dossieraggio è venuta fuori anche un’inchiesta - separata, va sottolineato - a carico del capo del calcio italiano, il presidente della FIGC Gabriele Gravina (la nostra notizia che non rovina l’appetito settimanale). Da più parti si vocifera che tutto sarebbe partito dalle segnalazioni di uno dei suoi principali avversari in ambito calcistico, nonché uomo dotato di un buon potere politico: ovvero, Claudio Lotito. E se fosse lui il grande vecchio dietro all’ultimo sporco scandalo all’italiana?
Il che se non altro spiegherebbe il motivo di tutti quei cellulari.
Voltando pagina, il punto politico di questa settimana vede - nel pieno dello spirito di questa stagione - una notizia italiana e una europea.
Sul piano interno, ieri si è votato per le elezioni regionali in Abruzzo. Per recuperare un po’ di contesto, ieri Nicoletta Ionta e Benedetta Di Placido spiegavano molto bene, nella loro newsletter settimanale Occhiaie, il contesto in cui arrivava quest’elezione: la possibile rimonta del centrosinistra trascinata dall’”effetto Sardegna”, e sottolineata da diversi sondaggi nazionali e locali. In un contesto, quello abruzzese, che per la destra e in particolare Fratelli d’Italia rappresenta una specie di fortino simbolico: il trampolino di lancio da cui è partita la rincorsa al potere realizzatasi alle ultime politiche.
Oltre che storico “swing state” italiano, almeno secondo una marea di commentatori che hanno visto troppe volte House of Cards.
Ecco, è presto per fare bilanci più complessi, ma si può dire già che non è andata come il centrosinistra sperava. Marco Marsilio è stato riconfermato presidente della Regione, dopo un testa a testa nemmeno troppo combattuto (solo il primo exit poll dava qualche speranza di vittoria al candidato del csx, D’Amico). Nella prossima puntata del podcast avremo tutto il tempo di analizzare meglio il risultato, ma quel che è certo è che già dalle prime parole di Marsilio (“Il campo largo non è il futuro del Paese”) si tratta di un enorme sospiro di sollievo per tutta la destra italiana.
La notizia europea, invece, viene da Bucarest: dove il Partito Popolare Europeo, il principale gruppo politico del continente che raggruppa i partiti del centrodestra, ha scelto in congresso la sua spitzenkandidat per le Europee. Nessuna sorpresa, visto che la candidata era una sola: Ursula Von der Leyen cercherà il bis alla Commissione europea, nominata però senza un consenso plebiscitario (si sono opposti, ad esempio, i Républicains francesi o l’ÖVP austriaco).
Quello che è più interessante, però, è la piattaforma su cui correrà Von der Leyen: che sembra aver dimenticato di essere stata la presidente della stessa commissione che ha promosso il Green Deal, e ora cerca di arginare la crescita dell’estrema destra (o, in caso, di garantirsi la possibilità di governare insieme ad essa) puntando forte sulla difesa europea e soprattutto su progetti di gestione dei flussi migratori “discutibili”, per usare un eufemismo. Come il “modello Ruanda” applicato dal Regno Unito, ovvero l’espatrio dei migranti verso i cosiddetti “paesi terzi sicuri” dove la domanda d’asilo viene valutata e che, eventualmente, fornisce la protezione umanitaria a chi la ottiene. Un modello simile a quello che Meloni spera di ottenere dall’accordo con l’Albania.
Non ci stiamo inventando nulla: quella che criticava l’accordo britannico nemmeno cinque mesi fa era proprio la stessa Von der Leyen.
Criticata internamente, in rotta con i socialisti e non ancora a proprio agio nemmeno con le destre radicali (il perimetro, secondo VdL, includerebbe tutti i partiti “pro-Europa, pro-NATO e pro-Ucraina”, e sia i conservatori che i sovranisti hanno molti esponenti ambigui su questi punti), la strada per la rielezione sembra in salita. La candidata venuta fuori dal nulla, cinque anni fa, potrebbe aver finito i conigli da pescare dal cilindro.
Ed è tutto per questa insolita edizione del lunedì mattina - com’è stata? L’avete trovata più adatta alle vostre esigenze? Fatecelo sapere a buoneintenzioninewsletter@gmail.com o sui nostri profili social, @pietroforti.docx e @simonemartuscelli.
Noi ci sentiamo in un momento indefinito della prossima settimana. Che ormai è quella attuale. Insomma, avete capito.
Ciao!