Sostituzione etica
La politica italiana non sembra intenzionata a capire il concetto di accoglienza.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e c’è una nuova puntata del podcast online.
La scorsa settimana ci siamo presi una pausa per la puntata “retrospettiva” (la trovate qui o sulle altre piattaforme di streaming) che abbiamo registrato a Trento. Ciò vuol dire che abbiamo una quantità immonda di misure, citazioni, discorsi alle Nazioni Unite (letteralmente) da recuperare. Quasi tutto a tema immigrazione, ovviamente. Yay.
La reazione di Pietro ogni volta che deve sopportare il dibattito pubblico sull’immigrazione.
Oltre alla questione che continua a monopolizzare l’attenzione di tutta la politica italiana, però, c’è il solito raduno di Pontida della Lega e un paio di decreti degni di nota proposti nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri. Per i meme qui, per i commenti vi rimandiamo alla puntata del podcast.
Iniziamo.
In breve: venerdì Giorgia Meloni ha divulgato sui social un video pieno di inesattezze con cui iniziava a sponsorizzare l’ultimo decreto immigrazione. Secondo Meloni, la situazione sarebbe “insostenibile” per l’Italia e scaturita da una “congiuntura internazionale” particolare dovuta a «colpi di stato, calamità naturali, guerra del grano, jihadismo».
Tutte cose mai successe prima che il governo Meloni entrasse in carica.
Meloni ha lamentato il mancato attivismo dell’Europa nel voler fermare gli sbarchi ed è tornata a reclamare un classico intramontabile, il cosiddetto “blocco navale”. Nella pratica, non si tratterebbe di un vero e proprio blocco, che sarebbe impossibile per il diritto internazionale (anche se Matteo Salvini, che stranamente non ha ben chiara la situazione, ha parlato a sua volta delle migrazioni come atto di guerra). Più concretamente, è una cosa che l’Italia fa già: collaborare con i Paesi del nord Africa per bloccare le partenze. L’accordo di luglio con la Tunisia non è ancora operativo ed è per trasmettere un senso di urgenza alle istituzioni europee che Meloni domenica ha invitato Ursula von der Leyen a Lampedusa per una passerella, a seguito della quale la presidente della Commissione ha esposto un suo piano in dieci punti per affrontare la questione. Come prevedibile, si tratta di dichiarazioni di principio e di misure già in atto, come corridoi umanitari e coordinamento “anche navale” con i Paesi di confine.
La critica principale al governo italiano, invece, è soprattutto rivolta alla mancata volontà di rinegoziare il Trattato di Dublino, ovvero il patto europeo che stabilisce che a occuparsi delle persone migranti debba essere il Paese di primo ingresso.
Una critica su cui anche il presidente della Repubblica è entrato in modalità savage.
In sostanza, nessuno ha neanche vagamente considerato l’idea che “l’emergenza migranti” potesse essere un qualcosa di legato al nostro impossibile e lacunosissimo sistema di accoglienza, e non di distribuzione di migranti in giro per l’Europa come se si trattasse di spostare pacchi.
A proposito, in questo clima disteso la sentenza d’appello del processo a questo signore qui è stata rimandata di tre settimane, all’11 ottobre.
Non è un caso, dunque, se il decreto immigrazione del governo ha come pilastro principale il rafforzamento dei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), ovvero le strutture detentive dove vengono rinchiuse le persone alle quali è stato negato l’asilo. Con l’ultima riforma in questi centri il periodo di permanenza massimo nei CPR era di tre mesi (estendibili); con il nuovo decreto i mesi diventano 18. Già ora si tratta di una detenzione assolutamente arbitraria, a seguito di nessun processo, in condizioni ben oltre il concetto di disumano (per farsi un’idea consigliamo la visione, per stomaci forti, del documentario Sulla loro pelle, che nel 2022 ha vinto il Premio Morrione per il giornalismo d’inchiesta).
Dal momento che allo stato attuale delle cose i CPR sono nove e potrebbero ospitare fino a 1.300 persone, il governo ha proposto di costruirne uno per regione. I presidenti che attualmente non ne hanno uno sul proprio territorio si sono ribellati. Ça va sans dire: protestano perché sarebbero migranti portati nella loro regione, non perché non condividano l’idea che i migranti possano essere sbattuti in dei lager istituzionalizzati. E per completare l’opera, in un decreto pubblicato oggi dal ministero dell’Interno si fornisce ai migranti un modo per evitare la reclusione nei CPR: il pagamento di circa 5000 euro. Una notizia che abbiamo riletto più volte per realizzare fosse vera.
Il nostro ministro dell’Interno evidentemente serba ancora rancore per le caparre pagate nei suoi anni da fuorisede.
In questi giorni di assenza, oltre al nostro live si è tenuto anche un altro attesissimo evento. E non stiamo parlando del convegno con Borgonovo, Vannacci e Giubilei, anche se il parterre des rois è molto simile.
Domenica, infatti, si è tenuto l’annuale raduno della Lega a Pontida, quest’anno con un’ospite d’eccezione: la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen.
Che a quanto pare si è subito fatta rapire dall’atmosfera.
Ma la visita di Le Pen non è solo un’occasione per un tuffo nella gastronomia italiana, bensì solleva una serie di temi molto più politici.
Il primo è la tenuta del centrodestra: mentre Salvini dal palco sottolineava come la contemporanea visita di Giorgia Meloni a Lampedusa fossero “la sintesi di uno stesso obiettivo e destino comune”, Le Pen, che ha decisamente meno interessi di Salvini nel tutelare la coalizione di governo, ha lanciato persino una frecciatina alla premier, parlando di politici che, per “giustificare la propria codardia” nel non ricorrere a strumenti di cui avevano parlato in campagna elettorale come il blocco navale, sostengono che “non ci sia un’alternativa”.
Il povero Salvini, schiacciato tra le due donne più importanti dell’estrema destra europea, si trova in una posizione non invidiabile.
Soprattutto perché Marine Le Pen continua a non mollare l’idea dell’alleanza dell’ultradestra europea, intorno alla quale la leader del RN ha strappato a Salvini la promessa di un summit a Roma entro la fine del 2023. Un’alleanza che non solo è irricevibile per un pezzo del centrodestra (si guardi alle parole critiche di Tajani verso i tedeschi di Alternative für Deutschland), ma che continua ad isolare a livello europeo la Lega in uno spazio privo di qualsivoglia incarico o peso politico. Tutto ciò mentre Meloni invece cerca con sempre più convinzione di far uscire il suo gruppo politico, quello dei Conservatori, dal campo degli “appestati”.
Yes I’m a SIMP: Salvini in my partitopoliticoirrilevante.
L’altro tema che potrebbe creare diversi problemi a Salvini in futuro è l’autonomia. Dal palco di Pontida il presidente della regione Veneto Luca Zaia ha parlato di un leone (il simbolo della regione) “sempre più incazzato”, sostenendo che la Lega debba dettare l’agenda su questo tema, non farsela dettare. Peccato che nei 40 minuti di discorso di Salvini il tema dell’autonomia non sia mai apparso.
Nella settimana in cui la ministra Casellati definisce “la riforma delle riforme” un’altra proposta di legge, di senso quasi opposto, come quella sul premierato, la strada per l’autonomia regionale sembra decisamente in salita.
Infine, con l’arrivo dell’autunno, il governo ha pensato bene ad un decreto per prepararsi alla stagione di contestazioni che inevitabilmente arriveranno dalle scuole e per punire con serietà chi si sarà impegnato in attentati alla salute pubblica quali occupazioni o picchetti. Chi verrà sospeso per uno o due giorni dovrà comunque frequentare le lezioni, mentre coloro che avranno sospensioni più gravi dovranno svolgere "attività di cittadinanza solidale" presso "strutture convenzionate con le istituzioni scolastiche". Inoltre al voto in condotta, retaggio della riforma Gentile del fascismo, si torna a dare importanza centrale: chi avrà 5 sarà bocciato, chi avrà 6 rimandato con un “debito” da saldare con un "elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale assegnato dal Consiglio di classe".
Assolutamente non ogni rimandato in condotta di fronte al proprio elaborato.
L’altro decreto degno di menzione è il decreto guida, con cui il governo inasprisce le pene per quasi tutti i reati stradali. Anche in questo caso, producendo alcuni effetti comici: per chi viene “beccato” in stato di ebbrezza al volante scatterà, ad esempio, l’obbligatorietà dell’alcolock, un dispositivo che impedisce l’accensione della vettura se il conducente ha bevuto.
Abbiamo immaginato così Salvini che decide di avviare comunque la sua automobile dopo aver bevuto un bicchierino di troppo. Forse Salvini è il nostro equivalente dell’impero romano.
Oltretutto, nel caso delle sostanze stupefacenti non sarà più sanzionabile solo lo stato di alterazione sul momento ma anche la positività al test salivare, che può essere rilevata in caso di assunzione precedente di qualche giorno. Un problema che riguarda molto più spesso le droghe leggere rispetto a quelle pesanti. Ma noi non stiamo suggerendo nulla, signore forze dell’ordine.
Con questo è tutto, noi ci sentiamo di sicuro venerdì prossimo. Ma forse anche un po’ prima. Niente spoiler, però.
Ciao!