Partenza diesel
Meloni ha qualche problema con i carburanti, il PD è ancora fermo al 25 settembre.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e le vacanze, purtroppo, sono finite. Il circo della politica italiana dunque è ripartito, nonostante quasi tutti gli attori principali siano incappati in qualche incidente di percorso.
A Letizia Moratti, per esempio, è capitato che mettessero della musica in sua presenza a un evento pubblico.
Visto che il nostro compito è monitorare il peggio della politica italiana, insomma, ci siamo sentiti chiamati in causa. Se volete commentare insieme a noi questa galleria dell’orrore, potete scriverci a buoneintenzioninewsletter@gmail.com o su Instagram, a @pietroforti.docx o @simonemartuscelli. Per ridere amaramente con i vostri amici, vi basta condividerla premendo il pulsante qui in basso.
Ora iniziamo.
Sarebbe troppo facile partire con lo screenshot del programma in cui Fratelli d’Italia prometteva di tagliare le accise. D’altronde, mica è per questo che in estate tenevamo una newsletter quotidiana sulla campagna elettorale leggendo tutti i programmi.
Ops.
Meloni ha precisato che nel programma non si parlasse di riduzione (cosa, come leggete, evidentemente non vera), ma di “sterilizzazione” del prezzo: «Se il prezzo sale oltre una determinata soglia, quello che lo Stato incassa in più di accise e Iva verrà utilizzato per abbassare il prezzo».
Quella sulle tasse sul carburante è una storia vecchia un secolo e che si ripropone ciclicamente in momenti difficili. E, come ogni governo di destra che si rispetti, il governo di Giorgia Meloni si era riproposto di tagliare le accise. Cosa che il governo Draghi stava già facendo da marzo, finanziando uno sconto di 25 centesimi al litro. L’aumento è stato graduale: inizialmente, a dicembre, il governo ha “diminuito” il taglio portandolo da 25 a 15 centesimi, per poi eliminarlo del tutto dal primo gennaio.
Era una misura che era costata, da marzo a oggi, circa 7,3 miliardi di euro.
Ho detto 7,3 miliardi.
La prima proposta che, nella testa di qualche esponente del governo, avrebbe dovuto aiutare a tamponare l’emergenza è il “decreto sulla trasparenza”: ovvero l’idea di costringere i distributori a esporre la media dei prezzi nazionali accanto al prezzo proposto nella propria stazione.
Cosa esporranno davvero i distributori:
Ça va sans dire, la linea del governo era teoricamente condivisa da tutti gli alleati di governo. Ma Forza Italia e Lega hanno iniziato a indietreggiare e rivedere le proprie posizioni, chiedendo di riprendere in mano la misura per varare nuovi tagli alle accise, ritenendo il “decreto trasparenza” insufficiente. Luca Squeri, responsabile Energia di Forza Italia, l’ha definita un’idea «inefficace», «difficilmente realizzabile» e soprattutto «populista».
Questi dubbi sorgono per la prima volta nel momento in cui il tema è ritornato al centro del dibattito, soprattutto dopo la riesumazione di un certo video.
Pensate il giorno che Meloni dirà che il punk è la musica del diavolo e qualcuno tirerà fuori il video in cui poga con Victoria Cabello.
Il dibattito sulle accise comunque sembra destinato a morire presto. Anche perché il livello non si schioda più di tanto dal gridare alla figuraccia, o dalle fantasiose spiegazioni su cosa converrebbe e a chi in termini microeconomici.
«Perché gnegnegne, ecco perché»
Ciò che potrebbe creare più di qualche grattacapo è lo sciopero che i distributori hanno minacciato di voler mettere in campo contro il decreto trasparenza, accusando il governo di essere responsabile nei loro confronti di “un’ondata di fango”. Se per due giorni in mezzo alla settimana l’Italia si trovasse senza benzina come conseguenza di una poco felice idea scaricabarile, il governo potrebbe passare più di un brutto quarto d’ora. Motivo per cui stamattina il governo ha voluto incontrare i sindacati. Per ora lo sciopero rimane, ma il 17 ci sarà un nuovo incontro.
Ciò non toglie che rimuovere dal dibattito un argomento sgradito è facile, per un governo di destra. Per esempio, individuando come problema principale l’immigrazione. Nel 2011 il governo Berlusconi IV addirittura riuscì nel capolavoro di aumentare le accise per affrontare i costi del contenimenti dei migranti dalla Libia durante la guerra civile.
Chissà che nei prossimi giorni non si torni a parlare in lungo e in largo di pericolosi sbarchi.
E infatti: pronti, via con le solite affermazioni smentite pure dall’agenzia europea che esiste unicamente per tenere i migranti fuori dai confini UE.
Nella serata di mercoledì, proprio nelle ore in cui tenevano banco le affermazioni di Meloni sulle accise, il segretario del PD Enrico Letta parlava già di occasione persa dichiarando: “ci siamo fatti del male da soli”.
Meme già pronti.
Perché il PD non è riuscito a farsi trovare mentre “si interrompeva la luna di miele tra Meloni e l’elettorato”? Perché stava facendo ciò che fa il PD: litigare al suo interno.
La questione al centro del dibattito, stavolta, era la possibilità o meno di permettere agli elettori delle primarie aperte - ufficialmente fissate al 26 febbraio - di votare online. A favore era soprattutto l’ala che sosterrà la candidatura di Elly Schlein, con Francesco Boccia in testa. Favorevole anche Gianni Cuperlo - non avevamo ancora fatto in tempo a raccontarvelo in questa newsletter ma sì, anche il nostro Gianni sarà della contesa. Contro, sostanzialmente, tutti gli altri.
A sciogliere questo nodo era chiamata la Direzione nazionale di mercoledì, posticipata dalle 12.30 alle 19 proprio nel tentativo di trovare un accordo che evitasse la spaccatura. Un compromesso trovato nel più democristiano dei modi: le procedure di voto saranno ibride, e potranno accedere al voto online solamente alcune categorie di elettori: residenti all’estero, studenti fuori sede, anziani, disabili o residenti in zone isolate e lontane dai seggi.
Le modalità di applicazione di regole così labirintiche restano tutte da decidere, tanto più in un appuntamento elettorale che già nelle scorse occasioni non è stato esente da irregolarità, per usare un eufemismo.
Altri due voti e i requisiti per essere il nuovo segretario ci sono tutti.
Non è ancora chiaro, ad esempio, quale sarà la piattaforma che ospiterà il voto. L’ipotesi più papabile è quella delle Agorà democratiche; anche se non mancano opzioni più suggestive.
Volevamo soffermarci sull’ironia della cosa ma siamo troppo irritati da “Lady Rousseau”. Leggete da soli la notizia se riuscite a passarci sopra.
Il problema principale, però, è dovuto al fatto che le posizioni sul tema ricalchino in maniera fin troppo precisa gli schieramenti nella corsa alla segreteria. Finendo per ridurre ad una discussione strumentale un tema complesso come quello della partecipazione.
Paola De Micheli, ad esempio, si è astenuta dal voto sul nuovo regolamento, e in precedenza aveva accusato Schlein di portare avanti il tema dopo “una valutazione di qualche vantaggio sulla sua candidatura”. Ma lo stesso si potrebbe dire nei confronti di chi si schiera contro un provvedimento volto ad allargare la platea degli elettori.
La questione del voto online, che pure ha una sua rilevanza, resta l’ennesimo tema che il PD decide di affrontare non a bocce ferme, facendo valutazioni di carattere identitario e valoriale; ma spaccandosi seguendo le correnti interne e gli umori del momento.
Le regole del gioco, in sostanza, sarebbero dovute essere il primo oggetto di discussione da archiviare in fretta per ripartire. Discuterne ancora a quasi quattro mesi dalla débacle elettorale, significa essere mentalmente ancora al punto di partenza.
Forse anche un po’ indietro, rispetto al punto di partenza.
Per questa settimana è tutto, noi ci sentiamo venerdì.
Probabilmente toccherà iniziare un po’ a parlare delle Regionali previste per il 12 e 13 febbraio in Lazio e Lombardia, che saranno il primo vero test dopo le ultime elezioni politiche.
Nonché, già fonte di loghi davvero brutti.
Potrebbe esserci abbastanza materiale per disperarsi. Ma almeno lo faremo insieme.
Ciao!
Buon lavoro 😘