Don't cry for me Albania
L'accordo di Meloni con Tirana ha più problemi che risposte. In più, una puntata speciale su lavoro e disuguaglianze.
Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e anche questa settimana abbiamo due podcast da farvi ascoltare.
La prima puntata, uscita martedì, è un altro dei nostri speciali tematici. Il tema, questa volta, è l’idea di lavoro e di contrasto alle disuguaglianze dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni (spoiler: nessuna o quasi). A parlarne con noi, in maniera sicuramente più approfondita di così, abbiamo invitato Alessandro Sahebi, giornalista seguitissimo ed esperto di queste tematiche sociali. Trovate la puntata, come al solito, qui in basso.
La puntata settimanale, invece, ruota soprattutto intorno all’accordo siglato da Giorgia Meloni (specificatamente, come poi vedremo) con il primo ministro albanese Edi Rama per l’apertura di due centri per la gestione dei migranti in Albania. Un accordo di cui, coerentemente con lo stile dell’attuale esecutivo, non si capisce se sia preponderante l’inutilità o la pericolosità.
Secondo un direttissimo interessato, è la prima.
Ma ci sono anche tante altre piccole storie che ci interessano questa settimana. Tutti gli approfondimenti sono all’interno del podcast, qui:
Quindi, iniziamo.
Prima di tutto, l’accordo tra Italia e Albania in poche parole.
L’Italia finanzierà la costruzione di due centri per migranti nel porto di Shengjin e nel villaggio di Gjader, stanziando subito 16,5 milioni entro 90 giorni dall’entrata in vigore dell’accordo e coprendo tutte le spese future. Inoltre, dovrà provvedere alla sicurezza e al personale operativo nei centri, nei quali saranno ospitati “solo uomini maggiorenni”. E stando a quanto dichiarato dallo stesso Edi Rama al Fatto Quotidiano, l’Italia dovrà anche farsi carico di tutti i migranti che, trascorsi i 18 mesi stabiliti come limite per la permanenza nei centri albanesi, non siano stati rimpatriati nei paesi d’origine.
Ma nonostante sia evidente come si tratti di un accordo principalmente frutto della disperazione, le reazioni politiche sono state abbastanza dure. Da entrambe le sponde politiche.
L’opposizione ad esempio, e in particolare il Partito Democratico, ha subito attaccato l’accordo; ma se l’è presa soprattutto con il primo ministro albanese, il cui partito - il Partito Socialista d’Albania - è membro dello stesso Partito Socialista Europeo di cui fa parte il PD. Nel weekend in cui il PSE svolgeva il proprio congresso a Malaga, sembrava che il PD fosse pronto a presentare la richiesta di espulsione del partito albanese dall’alleanza europea, salvo poi tornare sui suoi passi e limitarsi ad “avanzare un tema politico”. Edi Rama, in risposta, ha dichiarato: “Aiutare l’Italia non è di sinistra? Pazienza”.
L’abbreviazione del nome del partito indica il modo in cui chiunque risponde al PD ogni volta che apre bocca.
Qualche tensione interna però si registra anche nella maggioranza, soprattutto nelle persone di Salvini e Piantedosi che sarebbero stati tenuti del tutto all’oscuro dell’accordo con Tirana. Meloni, in risposta, ha definito “fantasiose” le ricostruzioni che avanzavano questa ipotesi.
Ma viene da pensare che vedersi privati dell’unico tema su cui finora è stato possibile attaccare da destra la presidente del Consiglio non dev’essere stata un’esperienza piacevole per i due Mattei.
Per chiudere, una carrellata di vicende.
Giovedì si è tenuto l’Ecofin, l’incontro tra i ministri dell’Economia europei, per discutere della riforma del Patto di stabilità. Nell’eterno scontro tra i paesi del Nord e quelli del Sud, la presidenza spagnola di turno sembra stia portando ad un possibile compromesso prima della fine del 2023, per trovare delle regole numericamente quantificabili ma più flessibili delle precedenti. L’Italia, come spesso accade in sede europea, fa muro e minaccia di far saltare il banco.
We pretend it’s 2007-2012 internet.
Ovviamente si continua a parlare di Gaza. Le principali novità che riguardano il nostro paese sono l’invio nell’area della nave ospedale Vulcano, che fornirà assistenza alla popolazione civile palestinese; e l’intervento del ministro degli Esteri Tajani che ha condannato “le violenze dei coloni israeliani”. Ponendosi in sostanza più a sinistra del 90% della stampa italiana.
Non ancora così a sinistra, ma possiamo lavorarci.
Infine, due casi di cronaca hanno sollevato polemiche su tematiche bioetiche. L’attrice Sibilla Barbieri, malata terminale oncologica, è stata accompagnata da Marco Cappato in Svizzera per porre fine alle sue sofferenze. Vicenda che ovviamente ha riaperto il dibattito sull’eutanasia. Soprattutto perché avveniva in contemporanea con lo sforzo immane profuso dall’Italia per tenere in vita Indi Gregory, una bambina inglese di otto mesi affetta da una sindrome incurabile. Il governo ha concesso alla bambina la cittadinanza italiana con urgenza, per permetterle di essere trasferita in Italia ed evitare il distacco dei supporti vitali - avvenuto comunque oggi nel tardo pomeriggio, in seguito al pronunciamento della Corte d’appello di Londra. Due vicende che posizionano non solo il governo italiano, ma tutto il nostro Paese (Gentiloni nel caso di Alfie Evans non si comportò in maniera granché diversa) su una linea molto chiara, ma quanto meno discutibile in materia di “tutela della vita umana”.
Per oggi è tutto, noi ci sentiamo la settimana prossima con un altro doppio appuntamento: se per tutta la puntata non abbiamo toccato il tema delle terribili alluvioni che hanno colpito la Toscana, è perché abbiamo deciso di dedicare al rapporto tra il governo e la crisi climatica un’intera puntata, con un ospite di cui siamo molto fieri. Ma come al solito, no spoiler.
Ciao!