27 settembre - Capri espiatori
I dettagli del voto iniziano ad essere più chiari. Cosa ne ricaviamo?
Ciao,
siamo Pietro e Simone,
e siamo sopravvissuti al primo giorno della nuova era. Speriamo che ci siate riusciti anche tutti voi lettori.
Anche i Tg accusano il cambio di regime.
Il lunedì post-voto è sempre il momento dei commenti a caldo, che quindi rischiano di essere più imprecisi: sia perché la lucidità è quella che è, sia perché i dati a disposizione non sono molti. Oggi abbiamo già molte più informazioni sulla composizione del voto, quindi dedicheremo gran parte di questo numero all’interpretazione di questi dati.
Iniziamo.
Il primo dato interessante è quello sui flussi elettorali, ovvero i movimenti dell’elettorato da un partito all’altro su diverse elezioni.
In questo caso spicca ad esempio come, secondo il report di Ixé, Fratelli d’Italia sia riuscito a mangiare quasi la metà dell’elettorato della Lega sia rispetto alle politiche del 2018 (il 44.5% di quegli elettori ha votato FdI) che, soprattutto, sulle europee 2019 (43.7%), quando la Lega aveva realizzato un exploit da ben 9 milioni di voti. I due milioni e mezzo di voti attuali per il Carroccio, sono frutto soprattutto di questo svuotamento, ma anche di una cospicua parte finita verso l’astensione (13.1%) e persino verso Forza Italia (5.8%).
E nella Lega non sembrano averla presa benissimo.
Uno spostamento di voti tutto interno al centrodestra, insomma, che avvantaggia poco chi da quella coalizione sperava di rubare di più. È emblematico, infatti, che secondo l’elaborazione di SWG la lista Azione/Italia Viva veda il 47% del proprio elettorato arrivare da coloro che nel 2018 avevano votato centrosinistra (di cui il 35% dal PD), e solo il 14% dall’area di centrodestra.
Interessante, infine, notare la composizione degli elettori del Movimento 5 Stelle: se nel 2018 la maggioranza dell’elettorato rientrava tra i “non collocati” (44%), oggi quasi la metà dell’elettorato pentastellato si definisce di centrosinistra (49%), e cala anche la quota di elettori che si identificano nel centrodestra (dal 12% al 4%).
E poi c’è sempre la meravigliosa conferma che gli elettori della cosa-alla-sinistra-del-PD sono sempre gli stessi. (via Politica e numeri fuori contesto)
L’altro aspetto interessante è la suddivisione demografica del voto.
Se si guarda al voto per fasce d’età, ad esempio, tanta della narrazione che incolpa i “vecchi” dell’esito del voto viene facilmente smentita. Per Ixé, ad esempio, il voto per il centrodestra è più diffuso nella fascia d’età 45-64, che è tra l’altro il segmento anagrafico con l’affluenza più alta. Il centrodestra, però, cala drasticamente tra gli over 65, che invece premiano particolarmente il PD (26%).
Perché non è “colpa dei vecchi”, spiegato da una nostra vecchia conoscenza.
Tra i più giovani (18-24) il centrodestra performa poco, ma è frutto anche di una dinamica che svantaggia tutti i partiti tradizionali (il PD raccoglie solo il 13.5%) per favorire partiti più piccoli come IV/Az, +Europa e Alleanza Verdi/Sinistra. Il Movimento 5 Stelle, invece, ottiene i suoi migliori risultati nella fascia 25-44, attestandosi intorno al 20% dei consensi.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, l’analisi del Sole24Ore evidenzia come il voto per il centrosinistra e soprattutto per il polo liberale cresca nei collegi in cui il reddito medio è più alto. Discorso inverso per il Movimento 5 Stelle, che del resto va meglio nei collegi con il più alto tasso di disoccupazione. Inoltre, secondo Ixé, i pentastellati intercettano il 27% del voto di coloro che definiscono la propria condizione economica “inadeguata” e sono, nell’analisi di SWG, il primo partito tra gli operai (21%).
Una riflessione è necessaria, infine, sul centrodestra - ma non solo. Per SWG Fratelli d’Italia perde 5 punti percentuali rispetto alla media nazionale tra gli operai, il partito con la variazione negativa maggiore. Inoltre, per Ixé, nella fascia di popolazione in condizioni economiche “inadeguate” FdI è solo quarto partito. Mentre spopola, oltre al M5S, la Lega (21%), tiene Forza Italia (14%) e crolla il PD (8%). Probabilmente la storiella per cui le fasce più povere del paese adesso votano a destra racconta solo una parte della storia.
Su altri livelli di censo, invece, non abbiamo dubbi.
Tre cose in chiusura.
La prima è una errata corrige dalla newsletter di ieri: Giuseppe Conte non dovrà scegliere quale seggio occupare. Andrà sicuramente a rappresentare il territorio milanese, seguendo i dettami della legge elettorale che prevede che chi venga eletto in più di un collegio vada a rappresentare quello dove ha preso meno voti.
La seconda: avevamo detto che il voto per le politiche non era l’unico di domenica: si è votato anche per le regionali in Sicilia, e i pronostici della vigilia sono stati rispettati.
Renato Schifani, del centrodestra, è stato eletto Presidente con il 42% dei voti, mentre Caterina Chinnici del centrosinistra (16.1%) precede di poco Nuccio di Paola del M5S (15.2%): una sconfitta tale che anche sommando le percentuali dei due partiti non si raggiunge il risultato del centrodestra.
Il risultato più incredibile, però, è quello di Cateno De Luca, classificatosi secondo da indipendente con il 24% dei consensi. Un avvenimento che si è riverberato sulle elezioni nazionali: il partito Sud chiama Nord di De Luca era candidato anche in alcune circoscrizioni siciliane per le politiche, ed è riuscito a strappare al centrodestra due seggi, uno alla Camera e uno al Senato, agli uninominali di Messina, la città di cui De Luca era sindaco.
E in cui “Scateno”, come viene chiamato, faceva cose come queste.
Infine, in questi giorni si parla tanto di nomi: chi è entrato in Parlamento per la prima volta, chi ne è rimasto fuori, chi andrà ad occupare quale carica nella nuova legislatura e nel nuovo governo.
Tra le esclusioni eccellenti una di quelle che ha fatto più rumore è stata quella di Umberto Bossi, che lascia il Parlamento dopo 35 anni. Salvini ha già fatto capire di voler fare in modo che rientri, e non dalla porta di servizio: il segretario della Lega ha proposto che lo storico leader del Carroccio sia nominato senatore a vita.
Magari è solo una manovra per farlo fuori.
Ma i nomi importanti rimasti fuori, a causa del combinato disposto del taglio dei parlamentari unito ad un non esaltante risultato del proprio partito, sono molti. Nei prossimi giorni avremo il tempo di occuparcene, quindi restate su queste frequenze.
A domani!