Ciao!
Siamo Pietro e Simone,
e quando il centrosinistra ci si mette d’impegno, è impossibile stare dietro alle loro beghe interne. Settimana scorsa avevamo usato la newsletter per rettificare il podcast, mentre questa settimana ci tocca correggere di nuovo il tiro, sempre sullo stesso argomento, e sperando che sia l’ultima volta. Non crediamo di aver mai scritto così tante volte la parola “Basilicata” come nelle ultime due settimane.
Il risultato è che, ad un certo punto, sbrocchiamo.
Ma non c’è solo la Basilicata, per fortuna: se preferite ascoltarci piuttosto che leggerci, trovate tutti i temi della settimana anche nella quarta puntata di questa “nuova stagione” del podcast.
Finite le comunicazioni di servizio, iniziamo.
Tutto è bene quel che finisce bene? Alla fine, il centrosinistra ha trovato una sua quadra in Basilicata. PD e M5S hanno trovato un accordo sul nome di Piero Marrese, attuale presidente della provincia di Matera. Non solo: dopo qualche giorno, in maniera piuttosto inaspettata, Marrese è riuscito anche nel miracolo di far ritirare il candidato che sembrava poter infastidire di più il campo progressista, Angelo Chiorazzo. La cui lista, Basilicata Casa Comune, sosterrà proprio Marrese.
Unica spiegazione plausibile.
Dicevamo: happy ending? Beh, non esattamente. Il valzer di nomi e di configurazioni possibili ha pesantemente minato la credibilità di qualsiasi proposta del centrosinistra. Che infatti, in un’elezione che sembrava poter essere contendibile, parte invece con 10 punti di svantaggio rispetto al campo di centrodestra stando ai primi sondaggi.
Soprattutto, questa girandola ha fatto perdere pezzi al centrosinistra: dopo Italia Viva anche Azione, questa settimana, ha annunciato che sosterrà Vito Bardi, il candidato del cdx. In quella che potrebbe finire per essere l’unica elezione in cui le macerie del terzo polo risultano decisive, ma per il campo sbagliato.
Per cercare la vera grande storia della settimana nella politica italiana, poi, non abbiamo bisogno di spostarci troppo.
Qualcuno sostiene che si possa addirittura restare nella stessa regione.
Quello che sta avvenendo a Bari è ormai argomento di dominio pubblico, ma sarà comunque utile fare un riepilogo. La giunta guidata dal sindaco Antonio Decaro (PD), è minacciata di scioglimento a causa del coinvolgimento di una consigliera di maggioranza in un’inchiesta che ha portato all’arresto di circa 135 persone accusate di reati legati all’associazione a delinquere. Il ministro dell’Interno Piantedosi ha nominato due giorni fa i membri della commissione incaricata di indagare se sussistono gli estremi per procedere allo scioglimento del comune.
Ora, ci sono diversi elementi che non tornano in questa storia. Ad esempio, il fatto che la consigliera indagata fosse stata eletta, nel 2019, nelle liste del centrodestra, prima di passare in maggioranza - motivo per cui la destra non sta davvero cavalcando l’assist a porta vuota di un’importante comune governato dal csx in odore di mafia. O la coincidenza con la doppia campagna elettorale: che vedrà Bari eleggere il proprio sindaco, proprio mentre Decaro, giunto al limite dei due mandati, è dato quasi sicuro candidato tra i Dem nella circoscrizione meridionale. O l’incontro con i parlamentari del centrodestra 24 ore dopo gli arresti. Per finire con il pedigree non proprio perfetto di un membro della commissione.
Insomma, checché se ne dica della necessità - legittima, senza dubbio - di indagare, gli intenti politici di questa operazione sembrano essere stati camuffati malissimo.
Anche questa settimana passiamo ad una pagina veloce sull’Europa. Che però, in realtà, riassume principalmente cose accadute in Italia.
I due partiti dell’estrema destra europea, ECR e ID, hanno organizzato entrambi un proprio meeting nel weekend, e l’hanno fatto entrambi nel nostro paese. Se vogliamo continuare con questa analogia, erano entrambi nel Lazio.
I conservatori si sono riuniti a Subiaco, il paese del monastero di san Benedetto, patrono d’Europa, per firmare una “carta dei valori” che sembra uscita direttamente dai tempi di san Benedetto, appunto. Un documento in cui si afferma la lotta alla “cultura woke”, la difesa della famiglia tradizionale e la lotta per l’Europa “dei popoli e dei valori cristiani”.
“No ok forse così è un po’ too much”
Gli euroscettici di ID, invece, si sono riuniti, più prosaicamente, agli Studios di Tiburtina. Ma in entrambi gli incontri, l’highlight più importante riguarda gli assenti: a Subiaco molte parole - principalmente di elogio - sono state spese verso Viktor Orban, ormai prossimo ad entrare nel partito dopo le elezioni di giugno. A Roma, invece, non erano presenti rappresentanti di Alternative fur Deutschland, ed erano assenti anche Geert Wilders e Marine Le Pen. Ma quest’ultima ha inviato un videomessaggio in cui critica Meloni per il suo possibile appoggio alla riconferma di Ursula Von der Leyen alla Commissione europea. Ottenendo anche un discreto applauso dalla platea leghista che sa di confusione all’interno del governo.
E sempre a proposito di Von der Leyen: mercoledì i liberali di Renew hanno annunciato che, stando così le cose, non sosterrebbero l’attuale leader della Commissione. Sbarrando di fatto la strada - PER ORA - all’unica maggioranza di destra possibile, quella PPE+Renew+ECR.
Poi come al solito si sono fatti trascinare un po’ troppo.
Per oggi è tutto, noi ci leggiamo la prossima settimana, ammesso che riusciamo ad evitare i pugni di Macron.
E le cazzate di FdI.
Alla prossima, ciao!